L’inchiesta di Brescia lo preoccupa: “io faccio finta di no, ma…” – Massimo Lovati, l’avvocato che assiste Andrea Sempio nell’inchiesta per l’omicidio di Chiara Poggi, l’ha ammesso senza problemi nell’intervista (rubata o perfettamente studiata?) pubblicata da Fabrizio Corona nell’ultima puntata del suo Falsissimo. Però, nelle mille narrazioni e nel bombardamento di news su Garlasco c’è la necessità di fare chiarezza e dividere tutto, almeno, in due filoni. Quello seguito dai magistrati che indagano sull’omicidio di Chiara e quello seguito dai magistrati che, invece, indagano sulle precedenti indagini per l’omicidio di Chiara. Ecco, è questo secondo filone a preoccupare Lovati, anche se l’accusa, rispetto a quella di omicidio, è “solo” quella di corruzione. Ma c’è dentro gente che conta (e probabilmente lo stesso Lovati), con, adesso, anche un altro magistrato che è finito, dopo Venditti, sotto l’occhio degli investigatori.
L’intera indagine, lo ricordiamo, parte dal ritrovamento di alcuni appunti di Andrea Sempio che, come Lovati ha ribadito anche oggi in una intervista, la difesa considera semplicemente dei promemoria sulle spese da affrontare e che gli investigatori temono, invece, possano essere la prova della corruzione. Lovati quindi ammette contestualmente che un po’ di preoccupazione c’è, ma contestualmente, oggi, ha anche minimizzato. Solo che in pochi si sono accorti che in quella stessa intervista, lo strampalato avvocato di Vigevano ha ripetuto per ben due volte una frase: “Io non difendo gli infami”. L’ha detto parlando di ciò che, a suo avviso, ci sarebbe dietro l’inchiesta della Procura di Brescia, tornando anche a ripetere che Chiara Poggi (relativamente al filone sull’omicidio) è stata uccisa da una qualche organizzazione coinvolta in giri di pedofilia e traffici strani. Ha confermato di aver parlato di massoneria bianca, di “poteri potentissimi”, ma ha pure ribadito che non sta a lui produrre prove o portare argomentazioni valide. “Io non ho mai voluto difendere, per scelta di campo, neanche i collaboratori di giustizia”. Insomma, non sarà che quest'uomo vuole far capire, ammettendolo pure, di essere al corrente di molto di più di quello che intende dire?

Sembra, sia perdonata l’interpretazione, che Lovati, anche con Fabrizio Corona, fosse alla ricerca di qualcuno che, sulla base delle sue imbeccate, arrivasse a dire ciò che lui proprio non vuole – o non può – dire. Neanche adesso che nei guai c’è finito lui stesso non solo perché il suo nome potrebbe finire trascritto nel registro degli indagati, ma anche perché l’Ordine degli Avvocati ha avviato un procedimento interno che potrebbe concludersi anche con una espulsione. Il tutto mentre, non è un segreto, Sempio e gli altri legali che lo assistono si stanno chiedendo se non sia il caso o meno di sollevare Lovati dall’incarico. E’ diventato il personaggio scomodo? Probabilmente sì e, altrettanto probabilmente, è anche il soggetto attualmente più facile da attaccare.
Nel frattempo, però, da qualche procura, o da qualche legale, continuano a uscire soffiate e quella resa nota oggi – anche se nessuno sembra avere il coraggio di dirlo – ha dell’assurdo. Sì, perché la Procura di Brescia, che ha trasformato il fascicolo in un procedimento con ipotesi di corruzione in atti giudiziari a carico di Venditti, ha delegato alla Guardia di Finanza e ai Carabinieri verifiche patrimoniali e perquisizioni mirate. Tra le richieste più rilevanti, contenute in una annotazione del 30 luglio, c’era quella di svolgere “mirati accertamenti bancari” sui conti di diverse persone coinvolte a vario titolo, compreso il giudice Fabio Lambertucci (quello che nel 2017 ha fisicamente archiviato la posizione di Sempio, oggi a Milano) e le famiglie delle gemelle Stefania e Paola Cappa. Solo che, a quanto pare, la presenza di queste ultime nella nota iniziale è poi venuta meno negli atti successivi depositati appena pochi giorni fa (a settembre).

Gli investigatori, dunque, hanno sì scandagliato movimenti finanziari, bonifici e pagamenti elettronici per verificare la presenza di anomalie o transazioni riconducibili a eventuali accordi corruttivi, ma non di tutti come invece richiesto inizialmente? Dalle prime verifiche — riferite nelle informative — risulterebbero comunque analisi su undici persone, ma è innegabile che la sparizione dei nomi delle Cappa dagli atti successivi solleva domande sulle ragioni tecniche e processuali di tale omissione. Al centro dell’istruttoria resta comunque – e questo va ricordato a onore di verità - l’appunto sequestrato nella casa dei Sempio, con una dicitura che evocava somme di denaro e la formula “Venditti Gip archivia x 20.30 Euro”, con l’avvocato Lovati che, insieme ai legali dei presunti nuovi indagati, continua a reclamare garanzie procedurali e il rispetto della presunzione d’innocenza.
Questo è, ad oggi, tutto quello che c’è da dire (considerazioni comprese) sull’inchiesta che sta portando avanti la Procura di Brescia, mentre il lavoro degli inquirenti che cercano l’assassino (o gli assassini?) di Chiara Poggi prosegue su un filone a parte e che, chiaramente, c’entra niente con l’indagine per corruzione. Proprio nell’altro filone, i carabinieri sarebbero arrivati, non molte settimane fa, anche nelle Marche. Precisamente a Civitanova Marche. Perché? Per “perquisire” una fabbrica di scarpe che produceva in esclusiva calzature per Frau (la stessa marca indossata dall’assassino, come raccontano le tracce lasciate nella villetta di Garlasco). Difficile capire, dopo tanti anni, se avranno o meno potuto raccogliere elementi utili, ma la trasferta marchigiana degli investigatori ha un peso da non sottovalutare soprattutto rispetto a come sono state condotte le indagini del passato. La verità, però, sembra vicina per accertare, eventualmente, se c’è stata o meno corruzione, se esisteva o meno un “sistema Garlasco", mentre quella su chi ha ucciso davvero Chiara Poggi resta, purtroppo e tristemente, lontanissima.
