Ma dove ca*zo vive Massimo Lovati? E’ la prima domanda che viene da farsi a guardare l’ultima puntata dello Speciale Garlasco di Falsissimo, il podcast con cui Fabrizio Corona è entrato a gamba tesissima e con il suo stile nell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi e, ora, anche nell’inchiesta sulle inchieste sull’omicidio di Chiara Poggi. Ok, è un gioco di parole e c’è di mezzo una ragazza morta ammazzata e pure un ragazzo che sta in galera da più di dieci anni e che forse non è colpevole, però non c’è altro modo per raccontare la Babele che sta venendo fuori. Roba, insomma, di cui la casa (o lo studio?) di Massimo Lovati sembra lo specchio perfetto. Bottiglie vuote ovunque, un vicino di casa della compagna/figlia adottiva che gira armato di pistola, scatole di medicinali da tutte le parti, disordine totale, microonde e bollitore a ridosso della scrivania e pure qualche residuo di droghe leggere da fumare sempre nell’appartamentino della compagna/figlia adottiva.
Confusione intorno a un uomo che, probabilmente, nella confusione ci si trova benissimo al punto da essersi preso la bega di giocarci anche nell’esercizio della sua professione. Perché ok che Fabrizio Corona gli riempie spesso il bicchiere e tiene alto il tasso alcolico della conversazione, ma quel Lovati lì sembra tutt’altro di uno che si fa fregare facilmente. E è, probabilmente, più lucido di quanto giochi a mostrarsi. Il dubbio, semmai, è quanto lucidi siano quei colleghi che da mesi vivono appostati fuori casa di Sempio, che da oltre un anno fanno trasmissioni e approfondimenti sul caso Poggi con tanto di Lovati ospite e che mai hanno provato a mettere la luce sul “sistema Lovati”, ben noto a tutti tanto che anche il diretto interessato lo ammette candidamente a Corona, spiegando che poi è pure il sistema di tutti. A Garlasco. In provincia in genere. Dentro i tribunali. E pure tra night e ippodromi. L’avevamo detto già, commentando le sue parole sul caso di Yara Gambirasio, e lo ripetiamo anche oggi che del lavoro di Corona abbiamo visto - rivisto e rivisto ancora per essere sicuri che davvero i contenuti erano quelli e non esserci sognati niente – anche i venti minuti di contenuto speciale a pagamento. Che, poi, sono quelli in cui si fanno nomi, si provano a fornire ricostruzioni tra un bicchiere (di plastica) di vino e l’altro. Si arriva a capo di qualcosa? No. O, meglio, sì, ma a patto di non avere l’ambizione di aspettarsi da Fabrizio Corona la soluzione del caso Poggi, ma pure di riconoscergli che sta facendo vergognare, su questa vicenda, anche chi crede di potersi definire ancora giornalista d’inchiesta tutto schiena dritta e verità.

Raccontare tutto, magari sbobinando un lavoro che ha portato a quasi due ore di video, sarebbe ingiusto per chi s’è messo giù a portare avanti un’inchiesta che di fatto racconta un’inchiesta. Anche se quel qualcuno si chiama Fabrizio Corona e non è certo il tipo che nella sua storia s’è fatto troppi scrupoli. Però diciamolo: questa volta ha fatto un lavorone davvero, arrivando a raccontare anche ciò che pure quelle trasmissioni televisive che “vivono ormai di Garlasco” non hanno mai avuto il coraggio di raccontare. E probabilmente neanche di lasciare intendere. Solo che riportare fatti, anche d’inchiesta, e non mettere insieme i pezzi, equivale a confondere e Corona ha invece deciso di andarci giù pesante con la colla. Tanto da restituire non un quadro su chi ha ucciso davvero Chiara Poggi, ma sul contesto in cui quell’omicidio s’è consumato: dentro una Garlasco che era un purgatorio. E in cui si conoscevano tutti, compreso Lovati e quel procuratore Venditti oggi finito nel bel mezzo di una inchiesta per corruzione: “anche lui, come me, giocava ai cavalli”.
Piedi all’inferno e testa in paradiso. Sì, perché è lo stesso Lovati – registrato in maniera più o meno nascosta (ma chi ci crede?) da Corona – a spiegare, ad esempio, che a fare da tramite tra Savu (il rumeno che ricattava il sacerdote della Bozzola) e don Gregorio Vitali c’era addirittura l’allora sindaco di Garlasco, a sua volta legato all’ex studio legale che difendeva Stasi. Sempre Lovati, che in questi anni ha intestato tutti i suoi beni a una donna di origini rumene che lavorava nel night di Garlasco frequentato anche da alcuni dei carabinieri che parteciparono ai tempi alle indagini sull’omicidio Poggi, riferisce pure di essersi prestato a produrre alcune ricevute, ai tempi dei ricatti al sacerdote della Bozzola, he consentissero a don Vitali di giustificare le ingenti uscite di denaro. Sava, Lovati, e il sacerdote della Bozzola, dunque, si conoscevano, ma lo strampalato avvocato spiega pure che Sava è un personaggio in cerca di visibilità e denaro: “quello non è una puttana, è un figlio di puttana”.

Solo che, a ascoltare l’ultima puntata di Falsissimo, sia quella free che i venti minuti aggiuntivi in abbonamento, sembra che di personaggi da definire così in quella Garlasco ce ne fossero tanti davvero. Troppi e, purtroppo, alcuni pure da identificare ancora. Alcuni con nomi noti e altri su cui lo stesso Lovati resta sul vago. Compreso quando, alla domanda se c’entrasse la Curia di Vigevano, Lovati si limita a rispondere “sì”. C’è da dire, però, che il lavoro di Corona non è orientato a indirizzare verso una soluzione del caso Poggi, ma a descrivere tutto lo scenario che c’è stato intorno in tanti anni, con tanto di massoneria bianca, persone vicine all’Opus Dei (“quel maledetto Civardi”, il magistrato che ha voluto la riapertura dell’indagine su Sempio) e personaggi, anche Carabinieri, che hanno in qualche modo avuto un ruolo con l’allora procuratore Venditti (oggi indagato per corruzione) e nelle triangolazioni tra inquirenti e avvocati.
Un agghiacciante purgatorio – già contestato in queste ore dal Procuratore di pavia, che evidenzia incongruità anche temporali nelle ricostruzioni fornite da Locati a Corona - che non lascia fuori nessuno davvero e su cui adesso, nella nuova indagine, la magistratura sta cercando di mettere ordine. Per proclamare l’innocenza di Alberto Stasi? Non in questa fase. Per incastrare Andrea Sempio? Non in questa fase. Più semplicemente, piuttosto, per superare delle difficoltà procedurali (molte delle testimonianze raccolte non potrebbero essere prodotte in dibattimento), oltre che per accertare come e in che termini si sono svolte le varie indagini aperte e chiuse sull’omicidio di Chiara. Intanto, è notizia di queste ore che, proprio per affetto di alcune dichiarazioni rilasciate in passato (non a Corona), proprio l’avvocato Lovati sarebbe indagato per diffamazione aggravata in seguito all’esposto presentato dal primo studio legale che difese Alberto Stasi. E Corona? Corona non sembra, invece, intenzionato a fermarsi e, dopo essersi messo sulle tracce del generale Garofano (indagato anche lui per aver utilizzato documenti riservati?), ha già fatto sapere di aver incontrato Ermanno Cappa, zio di Chiara Poggi e padre delle due gemelle Stefania e Paola, finite a più riprese al centro dell’attenzione, soprattutto mediatica, dopo alcune testimonianze raccolte negli anni dagli inquirenti. “L’abbiamo incontrato – dice Corona – ma non è questo il momento per raccontare tutto”.