Fabrizio Corona lo conosciamo. L’avvocato Massimo Lovati, invece, stiamo imparando a conoscerlo. E questo già basta per mettersi davanti alla nuova puntata di Falsissimo – il podcast (geniale e spregiudicato) di Fabrizio Corona – su Garlasco, con tanto di intervista “rubata” all’avvocato di Andrea Sempio, Massimo Lovati. Non ce ne voglia Corona, non ce ne voglia lo strampalato Lovati, ma di “rubata”, lì, c’è ben poco: due maestri di furbizia si sono semplicemente incontrati per dire o farsi dire ciò che – sicuramente a titolo diverso – conviene a entrambi. Stiamo partendo dalla fine? Sì, perché altrimenti sarebbe un aggiungere confusione alla confusione e sarebbe pure prestarci al gioco di chi della verità su chi ha ucciso Chiara Poggi se ne frega in nome di un “visto che tira, tiriamola per le lunghe il più possibile”. Che poi è quello che fanno tutti da mesi, mentre gli inquirenti provano a mettere ordine non tra le nuove prove e i nuovi indizi che emergono, ma tra tutto ciò che è rimasto sommerso tutte le volte in cui in passato il caso dell’omicidio di Chiara Poggi è stato aperto e chiuso.

Le ombre sono tante, tante davvero, ma per capire il gioco delle parti diventa fondamentale isolare un passaggio che lo stesso avvocato ha fatto parlando di un caso che c’entra niente con quello di Garlasco: l’omicidio di Yara Gambirasio. “Lì Bossetti è stato difeso male – ha detto Lovati – dovevano difenderlo dicendo che Bossetti e la Yara si vedevano per sco*are, altro che DNA e i video del furgone che faceva su e giù. L’avrebbero accusato di violenza sessuale su minore, ma forse non l’avrebbero condannato per aver ucciso quella ragazza”. Dichiarazioni da far gelare il sangue, vista l’età che aveva Yara quando è stata ammazzata. Ma pure dichiarazioni che dimostrano quanto pelo spesso e rodato a tutto può avere quel signore di una certa età, con i capelli tutti bianchi e l’aria da nonnino simpatico, quando mette la toga e entra nei panni dell’avvocato che ha il solo e esclusivo scopo di far assolvere (o in subordine far pagare il minimo della pena) i suoi assistiti.
Quel passaggio su Yara basta da solo a capire che no, Lovati non è stato “fregato” da Corona nonostante gli “in confidenza” e i “detto tra noi” che ricorrono nella puntata di Falsissimo, perché chi arriva a ipotizzare una strategia difensiva come quella, non casca dentro telecamere e microfoni nascosti. Ecco perché, paradossalmente, tutto quello che ha detto davanti a Fabrizio Corona (che, come Lovati, non è certo nato ieri e a cui va riconosciuto il merito di saper approfondire meglio di chi approfondisce per mestiere) assume un valore ancora più pesante. A cominciare dall’ammissione (oppure gli conviene dire così?) di essere stato lui a prendere tutti i soldi che la famiglia Sempio ha messo insieme attraverso una colletta tra parenti e che oggi sono al centro di una nuova indagine per presunta corruzione.

“I soldi li ho presi io” — ha ammesso, spiegando anche di somme minori trattenute personalmente, “una decina, una ventina di mila euro li ho presi”, e fregandosene, a quanto pare, delle conseguenze, anche meramente fiscali e deontologiche, che una ammissione di questo tipo potrebbe costargli. Con Lovati che, poi, lascia chiaramente intendere che quello che lui definiva un sogno era, in verità, un incubo concreto: la possibilità che gli inquirenti mettessero di proposito il DNA di Andrea Sempio da qualche parte per incastrarlo.
Evidentemente Lovati, anche se questo continua a non volerlo dire, è al corrente di tanto altro se ha così paura che si voglia addirittura incastrare in maniera del tutto ingiusta il suo assistito? E’ lo stesso Lovati a dire di aver invitato Sempio, “il giorno prima del Fruttolo alle cinque di notte”, a andarsene il più lontano possibile per una ventina di giorni. “Andrea, vattene fuori dai cogl*oni” – sarebbe l’esatto invito avanzato a un assistito con cui dice di avere pochissimi rapporti e incontri quasi ridotti a zero. "Tanto quello lì - dice - non ti dirà mai che è colpevole. Io con lui non ci voglio parlare". Ma verso cui confida di aver temuto che gli venisse in qualche modo manomesso o attribuito materiale biologico: "hanno il tampone salivare... se vogliono, sei morto".