C’è un dettaglio che potrebbe cambiare tutto. E non è uno qualsiasi: è la tessera centrale del puzzle. Quella su cui, finora, si è basata l’intera impalcatura del caso di Liliana Resinovich, scomparsa da Trieste il 14 dicembre 2021 e ritrovata cadavere in due sacchi dell’immondizia venti giorni dopo. Parliamo del video di sorveglianza in cui si vede una donna – giaccone chiaro, mascherina Covid, borsa a tracolla – camminare con dei sacchi della spazzatura in mano. Secondo gli inquirenti, quella donna è Liliana. Ma se non fosse lei? Pino Rinaldi, giornalista e volto storico di Chi l’ha visto?, il dubbio sul settimanale Giallo se lo è posto. E con lui un’analista forense, Sara Capoccitti, che al caso si è dedicata con strumenti di precisione e – soprattutto – senza certezze assolute. Da quella mancanza di certezze è nata una nuova domanda: e se quella donna fosse un’altra? Se qualcuno avesse inscenato tutto, proprio come accadde nel caso di Isabella Noventa, quando la complice di Freddy Sorgato indossò gli abiti della vittima per far credere che fosse ancora viva? Nel video la donna indossa pantaloni grigi chiari. Ma Liliana, quando è stata trovata, aveva pantaloni grigio scuro. “Il colore può variare per via delle telecamere”, obiettano in molti. Ma poi arriva il colpo di scena: la vicina di casa di Liliana, quella mattina, era vestita di nero. E nel video il nero si distingue perfettamente. Quindi? I pantaloni grigi chiari non possono essere i suoi. E nemmeno la borsa coincide. Né lo scaldacollo. E Liliana, quel martedì – giorno riservato all’incontro con l’amante Claudio Sterpin – aveva lasciato a casa tutto: telefono, portafogli, perfino il mazzo di chiavi principale. Con sé aveva solo una copia che apriva una sola serratura. Ma il marito giura che la porta era chiusa con entrambe.


Quella donna nel video, quindi, potrebbe non essere Liliana. E se non è Liliana, allora cambia tutto. Cade l’alibi del marito Sebastiano Visintin, che a quell’ora si trovava altrove. Cade anche la ricostruzione dell’uscita volontaria. E soprattutto, si rafforza la pista dell’omicidio premeditato. Quello in cui il movente, come spesso accade, è un mix velenoso di passione e soldi. C’è anche un’altra cosa che non torna. Alle 8.22 Liliana chiama l’amante, ma la telefonata si interrompe in modo brusco. Sterpin lo ricorda bene: “Mi congedò in modo sbrigativo”. E alle 8.30, più o meno, secondo i video, sarebbe uscita di casa. Ma cosa è successo in quei minuti? Qualcuno era già dentro? O forse è entrato subito dopo? La fruttivendola che dice di averla vista passare, in realtà descrive il giubbotto in base a una foto di giornale vista il giorno prima. E le immagini sono due: una con giubbotto rosso, l’altra nero. Una testimonianza, quella, che sa più di suggestione che di certezza. E allora resta il dubbio, o forse la certezza più scomoda: Liliana Resinovich non è mai uscita di casa quella mattina. Quel video mostra un’altra donna. Un’attrice, forse inconsapevole, di un macabro teatrino. Il puzzle, insomma, è stato incollato con la tessera sbagliata. E quella tessera potrebbe aver depistato tutti, fin dall’inizio.

