Il processo per l’omicidio di Pierina Paganelli è iniziato a Rimini, ma la verità, secondo la criminologa Anna Vagli, è che “la storia è tutta da riscrivere”. E non solo per dire. A inchiodare Louis Dassilva, unico imputato per le 29 coltellate che il 3 ottobre 2023 hanno tolto la vita alla 78enne nel garage del suo condominio in via del Ciclamino, è soprattutto una testimonianza, quella di Manuela Bianchi, la nuora della vittima e amante dell’accusato, che è arrivata ben 17 mesi dopo i fatti. “Un impianto accusatorio labile, fondato su una cristallizzazione incerta”, ci ha detto la Vagli. E se la giustizia dovesse basarsi su fondamenta più solide? L’inchiesta ha i suoi contorni da soap opaca: un garage buio, una relazione extraconiugale, 29 coltellate e abiti tagliati addosso alla vittima. La Procura punta il dito contro Louis, 36enne senegalese, sostenendo che abbia atteso Pierina, di ritorno dall’Adunanza dei Testimoni di Geova, per poi ucciderla nel seminterrato di via del Ciclamino 31. Le aggravanti: crudeltà, premeditazione, e approfittamento della solitudine della vittima. Ma la scena si complica. Il perno dell’accusa, la famigerata telecamera CAM3 che inquadrava una sagoma ritenuta inizialmente compatibile con Dassilva, è saltata. E al suo posto, ora, c’è il racconto di Manuela Bianchi. Un racconto arrivato tardi, dopo che la stessa donna era finita nel registro degli indagati per favoreggiamento personale e falsa testimonianza. Ora, però, è la principale accusatrice. “È chiaro che questa testimonianza va analizzata anche sotto il profilo della sua tempistica e motivazione”, incalza la criminologa. Intanto, la Corte d’Assise apre il sipario: 124 testimoni della Procura, 145 della difesa, tra cui molti in comune. In cima alla lista? Sempre lei, Manuela. Il suo interrogatorio fiume al gip racconta di un incontro con Dassilva la mattina del ritrovamento del cadavere. È il nuovo mattone su cui si regge l’accusa. Ma è un mattone solido o solo l’unico rimasto in piedi dopo il crollo della prova video?

E poi c’è la consulenza del professor Perino, un’altra partita ancora aperta. Una registrazione ambientale, raccolta da una videocamera nel garage, avrebbe rilevato due voci: una maschile e una femminile. “Una compatibile con Dassilva, l’altra con Manuela”, spiega la Vagli, “ma non si può prendere per buono solo ciò che torna comodo. La consulenza va letta per intero, e non a metà”. Il responso definitivo arriverà il 7 novembre. E potrebbe cambiare le carte in tavola. E non è finita. C’è anche Giorgia Saponi, la nipote della vittima, minorenne all’epoca dei fatti, che inizialmente collocava lo zio Loris fuori casa in un orario compatibile con il delitto. Poi ha ritrattato. Altra crepa. “Anche la sua deposizione va messa in discussione”, sottolinea ancora la criminologa. La difesa dell’imputato, guidata dagli avvocati Riario Fabbri e Andrea Guidi, si prepara a dare battaglia, mentre la famiglia di Pierina, rappresentata dai legali Monica e Marco Lunedei, si è costituita parte civile. Manuela Bianchi no: resta ancora indagata, ma fuori da questo processo. Il suo procedimento è congelato, in attesa che questa storia venga almeno in parte chiarita.Certo è che, come dice Anna Vagli, “la presunta solidità dell’impianto accusatorio dell’accusa è tutta da verificare”. E il processo che comincia non è la fine di un’indagine, ma forse solo l’inizio di un racconto da rimettere insieme pezzo per pezzo. Nonostante tutto, resta una sola certezza: il buio di quel garage sembra non essersi ancora diradato.

