Dal carcere di Rimini, Louis Dassilva ha scelto il silenzio dello stomaco per urlare la propria innocenza. L’unico indagato per l’omicidio di Pierina Paganelli, la donna uccisa brutalmente il 3 ottobre 2023 con ben 29 coltellate nel garage della palazzina in cui abitava, ha cominciato uno sciopero della fame. Non è solo un gesto simbolico: è il modo più crudo e primitivo per dire “non c’entro nulla”. E lo sta facendo mentre attorno a lui tutto tace o, peggio, lo condanna in anticipo. Dassilva è in custodia cautelare da mesi, con la vita sospesa tra un presente fatto di sbarre e un futuro che nessuno ha voglia di immaginare. Il giudice Vinicio Cantarini ha già detto no una prima volta alla scarcerazione. Il tribunale del riesame di Bologna ha fatto lo stesso poco dopo. Due porte sbattute in faccia, due colpi secchi a ogni residuo di speranza.


Nel frattempo, la giustizia continua a cercare indizi, prove, verità. Ma di certezze ce ne sono poche. La dinamica del delitto è ancora un puzzle con troppe tessere mancanti. E intanto Louis resta dentro. I suoi legali stanno tentando in ogni modo di parlargli, di capire fino a che punto sia disposto a spingersi. Sono lì, oggi, nel carcere, mentre lui smette di mangiare. Non per debolezza, ma per protesta. Il suo digiuno è una dichiarazione estrema contro un sistema giudiziario che sembra avere già deciso da che parte stare. Ma se fosse davvero innocente? Se dietro questo silenzio ci fosse l’eco di una verità che nessuno vuole ascoltare? O solo il bisogno di attirare ancora attenzione?

