A Filorosso, in prima serata su Rai3, il caso del delitto di Garlasco torna sotto i riflettori, perché diciotto anni dopo la morte di Chiara Poggi qualcosa si sta muovendo davvero. E non è solo il solito rumore di fondo mediatico. Al centro della puntata, condotta da Manuela Moreno, ci sono gli ultimi sviluppi di un’indagine che non ha mai smesso di far discutere, ma che oggi, grazie a una nuova inchiesta, si prepara ad affrontare un autunno decisivo. In studio ci saranno i due avvocati protagonisti delle narrazioni opposte: Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio (l’amico del fratello di Chiara su cui si è nuovamente puntata l’attenzione), e Antonio De Rensis, difensore di Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni per l’omicidio della fidanzata. Con loro la criminologa Flaminia Bolzan e i giornalisti Rita Cavallaro, Massimo Lugli e Stefano Zurlo, pronti ad alimentare il dibattito con nuove domande, e forse qualche scomoda risposta. Ma la vera novità è tecnica: il RIS ha ricostruito in 3D la scena del crimine. Una mappa digitale, precisa al millimetro, che prova a fare chiarezza su dinamiche e tempi, e che sarà incrociata con i risultati dell’incidente probatorio. A parlare saranno le analisi genetiche affidate alla perita Denise Albani e il riesame medico-legale condotto dalla professoressa Cristina Cattaneo.

Intanto, ci sono tracce che non tornano. Letteralmente. Nei giorni scorsi si è parlato della presenza di profili genetici femminili non identificati. Tre per la precisione: uno (codice 57) sulla maniglia della porta a soffietto della cantina, uno (codice 59) sulla leva del miscelatore in bagno, e un altro ancora (codice 60) sulla maniglia della porta d’ingresso. Tracce che potrebbero suggerire una seconda presenza femminile all’interno della casa, in un caso finora raccontato come un dramma intimo, quasi privato, tra un ragazzo e una ragazza che si conoscevano troppo bene. Certo, siamo ancora nel campo delle ipotesi. Ma il fatto che a distanza di anni emergano nuovi elementi (e nuovi nomi?) suggerisce che qualcosa si stia finalmente incrinando nella narrazione “granitica” che ha portato Alberto Stasi in carcere. La sensazione è che la verità, quella vera, non sia ancora venuta fuori del tutto.

