Altro che precisione scientifica. L’autopsia condotta sul corpo di Chiara Poggi, uccisa nella villetta di famiglia a Garlasco nel 2007, sarebbe stata eseguita con una garza sporca e nemmeno sterile, al posto di un tampone previsto da ogni protocollo. E ora che la Procura di Pavia ha confermato la presenza del Dna di un altro cadavere su quella garza, il medico legale Pasquale Bacco rompe il silenzio. Lo fa dalle pagine del settimanale Giallo, diretto da Albina Perri, e le sue parole sono un pugno in faccia al sistema. «Con trent’anni di autopsie alle spalle, resto interdetto. Le sale autoptiche, in Italia, sono tutto tranne che asettiche. Spesso fatiscenti, piene di cadaveri e oggetti personali dei deceduti. Ma proprio per questo, noi medici legali siamo formati per operare in sicurezza». E invece, nel caso di Chiara, sembrerebbe essere saltato tutto. La garza non sterile è una procedura non autorizzata, e per Bacco «non è credibile che un medico esperto possa averla usata per un prelievo genetico in una vittima di omicidio». Né è credibile che nessuno si sia accorto della contaminazione. Il tampone orale, dice, non è una scelta discrezionale: è obbligatorio, codificato, strutturato per conservare e proteggere il Dna.

La garza, invece, è un mezzo “improprio” che ha prodotto un campione parziale, degradato, contaminato. E allora la domanda, oggi, è scomoda e inevitabile: che fine ha fatto il vero tampone prelevato dalla bocca di Chiara Poggi? Lo chiede lo stesso Bacco, rivolgendosi direttamente al collega Marco Ballardini, uno dei periti di allora. E non è l’unico punto oscuro. Perché quella garza è solo l’ultimo anello di una lunga catena di errori, omissioni e superficialità. Bacco non si limita a denunciare. Va dritto al cuore del paradosso giudiziario: «Considerando l’incredibile quantità di errori, fa rabbrividire che si sia comunque arrivati a condannare un unico colpevole, Alberto Stasi, e pure con la formula “oltre ogni ragionevole dubbio”». Chiara Poggi è morta male, e fin qui nessuno ha saputo dirci esattamente come, quando, né da chi. Adesso che le prove scientifiche iniziano a scricchiolare, e che anche gli addetti ai lavori parlano apertamente di “follie” in sede autoptica, il caso torna ad avere l’unico profilo che non avrebbe mai dovuto perdere: quello del dubbio.

