Il materiale è degradato, alcune prove non esistono più. Anche l’orma insanguinata potrebbe essere solo un’illusione. Le comparazioni saranno difficili, forse inutili.
E quel primo gradino? Mai davvero analizzato. Ora forse è tardi…
Roberta Bruzzone smonta il presunto "colpo di scena" sul caso Garlasco: l’incidente probatorio è partito, ma il tempo potrebbe aver fatto la sua parte. “Materiale degradato, prove forse inutilizzabili. E quell’orma sul gradino? Un artefatto. Serve cautela, non sensazionalismo”. Diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto del 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco, il caso torna a riaprirsi. Non nei tribunali – Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva – ma nel laboratorio di genetica forense. È cominciato infatti l’incidente probatorio richiesto per riesaminare alcuni reperti rimasti al margine o mai davvero analizzati a fondo. E a fare chiarezza arriva la criminologa Roberta Bruzzone, che mette ordine in un caos mediatico fatto di suggestioni e verità parziali. “Adesso abbiamo la possibilità di capire cosa ancora è possibile fare. Ci sarà un’indagine esplorativa, valuteranno quali reperti sono ancora analizzabili… Faranno una prima valutazione di fattibilità rispetto a determinate indagini”, spiega la Bruzzone. Il fulcro? Capire se quel poco materiale biologico sopravvissuto al tempo – 18 anni – sia utilizzabile a fini comparativi. Il riferimento è soprattutto al famoso DNA di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, ora indagato dopo anni.


Ma la Bruzzone invita alla cautela: “Si parla di una porzione dell’aplotipo Y, attribuibile secondo alcune letture a Sempio. Ma l’esito di tre amplificazioni delle immagini subungueali diede tre risultati diversi: uno compatibile con Sempio, uno con una miscela di contributori ignoti, uno nullo. Il materiale è molto degradato”. Tradotto: è difficile che si possa dire qualcosa di certo. E sulla presunta impronta insanguinata – che secondo alcune ricostruzioni collegherebbe Sempio alla scena del crimine – lavBruzzone è netta: “Quella è probabilmente un artefatto. Può essere una creazione del passaggio del corpo di Chiara verso la fine della scala. Non c’è nemmeno la porzione che ci attenderemmo di un’orma completa”. A complicare il quadro anche l’incontro con Pennini, carabiniere che fece i primi rilievi: “Esclude che sul muro ci fosse una traccia rosastra. Il muro era bianco. Il materiale prelevato all’epoca non sarebbe più disponibile”. Insomma, quello che si può analizzare oggi sembra poco, vecchio, quasi sterile. E la domanda finale è amara. È possibile che proprio sul primo gradino, quello che chiunque avrebbe calpestato entrando in casa, non ci siamo mai davvero concentrati?. Forse sì. Ma forse, dopo 18 anni, è anche troppo tardi.

