Non siamo qui per darvi una notizia, ce ne rendiamo conto. Ci ritroviamo comunque a scrivere l’ovvio perché, spesse volte, tocca ribadirlo: Fabrizio Corona dice cazzate. Cazzate funamboliche, cazzate che possono pure essere divertenti da seguire per il modo in cui le espone, cazzate che gli porteranno qualche altre querela con relativo show mediatico annesso e connesso. Ma che comunque restano, prima di tutto ed essenzialmente, cazzate. Val bene ricordarlo perché il nostro è proprio bravo a sparar ciarle, naturalmente portatissimo. E allora può andare a finire che qualcuno, invece di sgranocchiare pop corn mentre l’ex re dei paparazzi disquisisce su YouTube nella splendida cornice del suo ‘Falsissimo’, gli creda ciecamente. Stavolta scala l’Everest delle fregnacce andando contro ‘Belve Crime’ e Francesca Fagnani riguardo alla discussa intervista a Massimo Bossetti. Lo fa cavalcando l’indignazione popolare che lo vorrebbe innocente ma che, soprattutto, trova irricevibile che un tizio condannato all’ergastolo per omicidio stia lì a sproloquiare in tv “trattato da star” e “dal Servizio Pubblico”, per giunta. Ossia “con i nostri soldi”, signora mia. E va bene, questa però è la strada più facile, quella che resta in superficie fregandosene bellamente della realtà fattuale. Realtà fattuale che Fabrizio Corona, a differenza di una qualunque indignata sciura Pina, non può non conoscere perché è stato sia al gabbio che in tv. Sa come funziona. Se se ne dimentica è perché solo così gli torna meglio di accrocchiare ‘la verità’ in modo da mettere in piedi 50 minuti di puntata acchiappa-views, dunque monetizzabili. Da sempre, non respira se non per soldi, non fa un passo se non fattura. Sembra incredibile doverlo ricordare nel 2025. Eppure, eccoci qua. Parara pararapaparà (sigla di Falsissimo).
Allora, tutte le cazzate di Corona su Fagnani che intervista Bossetti, in ordine sparso. Cominciamo: “La Rai ha fatto la cosa peggiore degli ultimi 35 anni di tv”. Perché ha dato spazio, appunto, a un assassino condannato in tre gradi di giudizio e il nostro Fabrizio, dice, non può pensare al dolore che deve aver provato per l’ennesima volta la famiglia di Yara. La famiglia di Yara è stata purtroppo vilipendiata in pressoché qualsiasi maniera dai media, dal momento esatto in cui ha tragicamente perso la figlia, ancora prima che ne facessero sciacallaggio ‘Le Iene’ e poi ‘Netflix’ con l’orrenda serie innocentista che a oggi rimane l’unica versione dell’intera vicenda disponibile in 180 Paesi, ovverosia in tutto il mondo. E invece mo’ ogni nefandezza è dimenticata, se Bossetti 'ngoppa alla Rai è ‘colpa’ del Servizio Pubblico (“coi nostri soldi, signora mia!”) e di quella strega senza scrupoli che risponde al nome di Francesca Fagnani. Perché da quando in qua si intervistano gli assassini in tv?
Allora, almeno dal 1994, ovverosia per esempio dalla prima puntata di ‘Storie Maledette’, colonna dell’informazione sulla cronaca nera che va in onda da 30 anni con meritato successo grazie alla meticolosa e monumentale Franca Leosini. No, se avete visto soltanto le puntate più recenti, ossia, per esempio, le interviste a Sabrina Misseri e Rudy Guede per citarne due, non avete voce in capitolo, arrivederci e grazie.
Franca Leosini, negli ultimi tre decenni è andata in carcere a intervistare le ‘belve’ peggiori: il mostro del Circeo Angelo Izzo, il collezionista di anoressiche Marco Mariolini - che l’ha pure aggredita durante la chiacchierata, scena tagliata al montaggio perché Leosini non ha mai puntato sul sensazionalismo. Basti pensare che di questo dettaglio inedito, l’aggressione da parte di Mariolini appunto, abbia parlato per la prima volta solo qualche anno fa. E l’intervista al mostro in questione fu trasmessa nel 2008, mica ieri l’altro. Altri, forse tutti gli altri, avrebbero fatto promo alla trasmissione su questo. Non Franca Leosini perché fa un altro lavoro, grazie al cielo. Eh, ma mica Franca Leosini sarà andata a fare domande sul sesso, a questi qui? Invece sì, bimbi, specie se, come nel caso di Bossetti (la quisquilia della pedofilia insomma, ndr), il crimine perpetrato potesse avere moventi legati a quella sfera. Ma guarda un po', il caro vecchio giornalismo di una volta, quello vero, mica le fregnacce di oggi. Eh già, signora Pina, fa proprio bene a indignarsi, guardi un po'.
Francesca Fagnani sta provando a calcare le orme di Leosini, avendo tutti i mezzi per farlo da giornalista di nera e d’inchiesta fin da molto prima di condurre ‘Belve’ e rendersi nazioanal-popolare (comunque, non una parolaccia). Lo ha fatto per ora con una sola puntata, ossia non con l’arroganza di un'edizione intera, per tastare il terreno e vedere se ci fosse margine d’azione. Gli ascolti dicono che c’è. Il programma, per carità, resta perfettibile ma ne è andato in onda un episodio pilota, per il momento. L’errore principale, con cui Corona ovviamente va a nozze, è stato la scelta di lasciare per ‘Belve Crime’ lo stesso sfondo del format madre in cui da anni si parla di corna, gossip e del parrucchino di Jerry Calà. Stride? Sì. Ma a occhio ‘stridono’ di più anni e anni di circo mediatico da parte di qualunque trasmissione tra infotainment becero, ‘Le Iene’ e Netflix.
Altro falsissimo missile populista di Corona: “Fagnani ha teso un agguato a Bossetti, ha portato avanti una sua convinzione, quella per cui lui sia colpevole”. Allora bimbi, complottisti o meno, all’ascolto: la colpevolezza di Massimo Bossetti oggi non è una ‘convinzione personale’, uno stato d’animo. È una sentenza di Cassazione, mai cambiata in tre gradi di giudizio. Quindi per intervistare ‘il muratore di Mapello’ tocca partire dalle carte, dagli atti, ossia dalla sua colpevolezza. Mica si può soprassedere perché TikTok si trova in parziale disaccordo ‘mitocondriale’. Ma chissenefotte di TikTok, scusate, qua staremmo parlando di giornalismo e il giornalismo, non il gossip, si basa sui fatti. Il fatto specifico, qui, è che Bossetti sia colpevole. Fine della storia. E, casomai, inizio delle domande.
Unica critica che Corona concede alla docu-serie Netflix su Bossetti (non abbiamo nemmeno il coraggio di scrivere che fosse su Yara perché non lo era, ndr) è che abbia contribuito a ‘farlo sentire una star’ perché quando Netflix si muove, si muove “con una troupe di cinquanta persone almeno”, “saranno stati lì nel carcere di Bollate 10 giorni”. Cazzata. Non so, ovvio, come sia andata in questo caso specifico ma ho lavorato a una docu-serie Netflix, ‘Sanpa’, realizzata tra l’altro dalla stessa casa di produzione di ‘Il Caso Yara - Oltre Ogni Ragionevole Dubbio’. Quando c’è stato da andare a San Patrignano per un’intervista, per esempio, si sono mossi in tre (regista, un autore, un operatore). E San Patrignano non è un carcere, ma una comunità di recupero. Dubito, dunque, che Netflix abbia bell’e buono trasformato il carcere di Bollate in Hollywood, come quella testa ‘coronata’ sta cercando di farci credere per forza in malafede, perché gli è conveniente al racconto che ha scelto di fare. Dubito anche sui ‘dieci giorni’ di tempo. Ogni persona intervenuta in ‘Sanpa’ ha portato via una giornata di riprese - dalle tre alle 8-10 ore, con un’unica eccezione per la più loquace e a suo modo ‘protagonista’ (di cui non facciamo il nome pure perché se avete visto la serie non ce n’è bisogno). E anche lì, comunque, si è trattato del tempo di un weekend. ‘Hollywood’ pare lontana, a occhio.
Fabrizio Corona è in malafede su ‘Belve Crime’ perché ha recepito che la pancia del Paese, alimentata da ore e ore (anni e anni, ndr) di programmi di merda sul caso, voglia credere che Bossetti sia innocente, trastullandosi nella piacevole convinzione, quella sì, che in Italia non funzioni un cazzo, signora mia, e andare a parlarne al bar (o sui social, non fa differenza). Critica Fagnani cancellando completamente 30 anni di (eccellente) tv portata avanti da Franca Leosini, inducendo a pensare che nessun assassino sia mai stato intervistato dalla Rai prima d’ora. Sì. E poi c’era la marmotta che confezionava la cioccolata, infatti. Arriva a dire che Bossetti sia stato ‘pagato 140mila euro’ per la sua partecipazione, boiata già smentita dalla conduttrice nonché da Fremantle che dice che proseguirà per vie legali. E Corona questa cifra da dove la tira fuori? Da un ergastolano che nel tempo ‘libero’ è messo lì a fare il parcheggiatore di fronte al carcere di Bollate. Insomma, una fonte incontrovertibile. Se non lo sa questo qui, chi altri al mondo potrebbe?
In conclusione, la parata di terga definitiva, nonché ennesimo falso mito piuttosto diffuso: “Gli altri non vi dicono queste cose perché non sanno fare giornalismo e vogliono solo leccare il culo a Francesca Fagnani”. In alcuni casi, sarà pure. Che il giornalismo, perfino quello che si occupa di tv, sia scandalosamente genuflesso è dato di fatto. Ciò non implica che ogni recensione positiva sia giocoforza una fregnaccia. Vogliamo dirvi una verità sconvolgente: ti pagano uguale (ossia di base molto poco se non sei una firma ‘giurassica’) sia per scrivere male che per scrivere bene di qualcuno o qualcosa. Basta che scrivi e copri il topic, finita lì. Poi esistono linee editoriali più o meno morbide, verissimo. La linea editoriale di Fabrizio Corona, però, colui che oggi si lamenta del carcere che diventa ‘set di uno show’ quando mentre era al gabbio si faceva scattare interi shooting muscoli guizzanti e tatuaggi da bad boy sulla copertina di ‘Chi’, è quella di leccarsi il culo da solo dal giorno in cui esiste. Tramite un complesso sistema di specchi ed ego, di tutto e il contrario di tutto. Falsissimo, appunto.
