“Lasciamo perdere Stasi, Sempio e il concorso di altri. Qui il problema fondamentale è la fase criminalista”. A parlare è Enrico Manieri, esperto di balistica con un curriculum che include più di una scena del crimine da manuale. Ma stavolta, ai microfoni di Fatti di Nera su Tag 24, ha parlato di uno dei casi più controversi della cronaca italiana: l’omicidio di Chiara Poggi. Nel mirino non c’è tanto Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel 2015, quanto le fondamenta stesse dell’indagine. “Ci dicono che hanno trovato una sola impronta sulla scena del crimine, la scarpa Frau 42 a pallini. Non è vero”. Secondo Manieri, i conti non tornano. Né quelli della balistica né quelli dell’autopsia. “Non c’è solo la scarpa 42 a pallini, perché abbiamo nella documentazione autoptica l’impronta di una scarpa che ha colpito con un calcio o con un calpestamento la coscia di Chiara. Che non ha pallini 42, ma ha dei risalti rettangolari. Tanto è vero che il dottor Ballardini parla di impronta columnariforme. Quindi è un’altra scarpa. Abbiamo due scarpe”. Due scarpe, due presenze? Forse. O forse no. Ma di certo non una sola, come ha raccontato l’inchiesta originaria.

E non è finita. Perché il dettaglio che ribalta la prospettiva sta tutto nel sangue. “Io stesso ho trovato nel sangue della vittima, davanti alla porta libro, la traccia di una scarpa che non ha niente a che fare con le 27 scarpe sequestrate ai soccorritori, al medico legale, al magistrato. E che ha dei riscontri sulla scena del crimine con delle scarpe che sono compatibili con quelle trovate nel fosso a Gropello”. Come dire: c’è qualcosa (o qualcuno) che è passato lì e che non doveva starci. E che non risulta agli atti. Ma il colpo di scena arriva nel finale. “Ho mandato alla Procura di Pavia un mio video in cui ritengo di aver individuato una componente presente sulla scena del crimine responsabile delle ferite nel volto di Chiara. Questo oggetto è il portavaso. Attenzione: non sto dicendo che è stato usato il portavaso per colpire il volto di Chiara, ma l’esatto opposto: che è il volto di Chiara che ha colpito il portavaso. E c’è una corrispondenza uno a uno tra tutte le ferite sul volto, compresa la numero 7, quella alla tempia sinistra, che è stata attribuita teoricamente a un’azione di punta. Ma non lo è”. Uno a uno. Ferita per ferita. E forse è proprio lì, nel dettaglio apparentemente trascurabile, che si nasconde una verità ancora troppo scomoda per essere detta ad alta voce.

