In Italia, le Asl, gli ospedali, i policlinici ed anche le Aou (Aziende Ospedaliere Universitarie), ovvero ogni azienda sanitaria pubblica viene gestita, in toto, dal proprio Direttore Generale. Nonostante il ruolo garantisca un compenso imponente, infiniti benefit ed incarichi anch’essi sensibilmente retribuiti, per essere nominati basta possedere un minimo di titoli e quindi una laurea anche non sanitaria, cinque anni di vaga esperienza gestionale e la frequenza di un corso di formazione, anche online. Bisogna inoltre essere inseriti, dopo una selezione, in un fumoso elenco nazionale di idonei al ruolo, che normativamente dovrebbe essere validato da enti terzi per essere giuridicamente credibile, ma che non è lo stato mai. Il Direttore generale è il rappresentante legale, il vertice gestionale e decide, praticamente in completa autonomia, qualsiasi attività dell’azienda sanitaria pubblica. Nelle intenzioni del ruolo, dovrebbe operare per ottenere la migliore organizzazione possibile, per garantire livelli almeno decenti di qualità dell’offerta sanitaria ed assicurare che non ci sia un dispendio economico. Mentre opera per ottenere i migliori risultati per la collettività, gestisce, tramite nomine su base fiduciaria diretta, figure di prestigio e potere quali, le più colossali, sono il direttore sanitario ed il direttore amministrativo; questi ultimi tra l’altro, per convalidare il nuovo incarico ricevuto, devono solo dichiarare, neanche dimostrare, l’assenza di eventuali conflitti di interesse che però tante volte, nella pratica, non solo sono presenti, ma lo sono anche in maniera conclamata e corposa. Requisito quasi indispensabile per essere nominato direttore generale è il peso politico e sociale dei prescelti; questi, infatti, vengono incoronati direttamente dai governatori di regione, che li scelgono, come detto, in un elenco nazionale in cui risultano iscritti. Questo elenco è strutturato appositamente per dare vita facile a chi nomina dall’alto; l’elenco infatti non specifica i punteggi conseguiti nella selezione che anzi sono addirittura criptati ed è quindi privo di una graduatoria che fornisca informazioni su preparazione, esperienza nel settore e risultati raggiunti. Così facendo si permette al Presidente di regione di poter scegliere il peggiore della lista a scapito del migliore, senza dover dare alcuna spiegazione della preferenza accordata al meno bravo o comunque non al più qualificato. L’elenco dei papabili è, illusoriamente, su base nazionale ma la scelta, insindacabile, è del Presidente della regione dove si trova la struttura sanitaria; il Presidente può, materialmente e potendo confrontarsi con nessuno, realizzare qualsiasi accordo politico e/o di altra natura, legale o illegale, ed emettere il decreto di nomina.

Su queste basi si comprende che i nomi, troppo facilmente, vengono fuori da accordi tra i partiti politici o altre entità, portando a figure non adatte, ignare delle problematiche della sanità e prive delle capacità e delle conoscenze necessarie per governare le strutture dove si decide la vita e la morte dei pazienti. Le nomine, proprio ed anche per la pochezza delle regole da rispettare nell’attuarle, avvengono in mancanza di trasparenza nelle procedure di selezione e senza veri criteri oggettivi. Sono fiduciarie e quindi inevitabilmente legate a logiche politiche e talvolta anche clientelari, piuttosto che ai meriti ed alle competenze dei soggetti. L’individuazione delle figure professionali su questi criteri, porta in controparte, alla mortificazione umana e professionale di chi non gode di sostegni del potere ed all’annullamento dell'esperienza manageriale specifica nel settore sanitario. Tale facilità, da parte del potere politico ed entità contigue, di gestire e condizionare ruoli così importanti dell’efficienza del sistema sanità, è una delle cause più importanti del crollo funzionale inarrestabile della medicina pubblica, a favore tra l’altro della sanità privata. Del resto, se non si è nominati per meriti, ma scelti da apparati di potere, l’interesse sarà sempre quello di rispondere a chi ti ha scelto per garantirsi un futuro da servo sciocco, ma ricco e mai disoccupato. Elemento indegno questo in un settore oramai alla deriva e che avrebbe bisogno di professionisti e professionalità, di definire procedure di selezione chiare e basate su criteri oggettivi, di potenziare i sistemi di controllo e vigilanza sulle nomine, per garantire che le anche poche procedure fossero rispettate e che le decisioni fossero prese nel rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione. La inusualità delle nomine dei direttori generali, è stata sollevata in alcune occasioni, ma sempre facilmente insabbiata e velocemente messa a tacere, dimostrando ancora una volta che la sanità in Italia, prima di essere un servizio per i malati, è, per la politica, una fonte indispensabile di consensi, soldi e potere.
