Alessia Ferrante è una ragazza di 37 anni, nel 2020, originaria di Bisceglie in Puglia. Il padre Lorenzo è stato un calciatore di talento, con numerose partite nella massima serie italiana. Alessia è una influencer, con un grande seguito sui social dove racconta i suoi viaggi nel mondo ed affronta, tra gli altri, argomenti di medicina estetica e chirurgia plastica. Collabora, da un punto di vista commerciale, anche con alcuni ambulatori del settore medico. Tra questi centri c’è il poliambulatorio specialistico "Reho m.D. srl di cui conosce da qualche anno il proprietario di fatto, Francesco Reho, chirurgo plastico di Monopoli in provincia di Bari. Reho è nipote di un medico ospedaliero con notevoli influenze in ambito sanitario pugliese e si dice con ruolo di prestigio in massoneria. Il giorno 10 aprile del 2020, Alessia Ferrante si reca presso il poliambulatorio. Siamo in pieno lockdown per l’epidemia da Sars-Cov2 ovvero malattia Covid, periodo in cui le strutture sanitarie private non possono operare se non che per interventi di estrema urgenza non realizzabili in ambito pubblico. In disprezzo delle norme, Francesco Reho, decide comunque di sottoporre a liposuzione alle cosce Alessia. Il chirurgo inizia l’intervento da solo, senza la presenza di un anestesista e soprattutto senza inserire l’ago cannula in vena per interventi di emergenza in caso di effetti indesiderati; tale procedura va effettuata obbligatoriamente prima dell’inizio dell’attività chirurgica in quanto in caso di effetti sistemici le vene collassano e non sono più individuabili e comunque richiedono grande esperienza e molto tempo prezioso. Appena somministrati gli anestetici, Alessia subisce un arresto cardiocircolatorio; la mancanza del catetere venoso, colpevolmente non previsto, si rivela determinante per la mancata sopravvivenza della paziente in quanto crea un’impossibilità di somministrare, direttamente nel torrente sanguigno, farmaci salvavita quali l’adrenalina e simili. Francesco Reho, rivelano le indagini, appena avviene il malessere della paziente, chiama il suo avvocato ancora prima di riuscire a parlare con il pronto soccorso. Tutte le manovre rianimatorie dei soccorritori risultano vane, Alessia muore stesa sul pavimento della sala operatoria.

I medici specialisti nominati dalla Procura nell’effettuazione dell’autopsia scoprono l’utilizzo, da parte di Reho, di due anestetici, in concentrazioni quasi tre volte superiori alla dose indicata nei protocolli sanitari. Uno degli anestetici, non viene neanche indicato in cartella clinica. I farmaci narcotizzanti, precisamente la lidocaina e la bupivacaina, nella concentrazione tossica somministrata, determinano l’arresto della funzionalità cardiaca e quindi il decesso della donna. Francesco Reho, in base alle risultanze della perizia tecnica dei medici specialisti nominati dalla Procura, viene rinviato a giudizio dal GUP del tribunale di Bari, Anna de Simone, con l’accusa di omicidio colposo "per aver cagionato la morte della paziente Alessia Ferrante, agendo in violazione dei doveri di prudenza, diligenza, perizia, nonché inosservanza dei protocolli sanitari su di lui gravanti quale esercente la professione medica di chirurgo plastico". Reho chiede per due volte il patteggiamento per evitare il processo ed ammettendo di fatto la colpa; caso rarissimo in giurisprudenza, la Procura rifiuta entrambe le richieste ritenendo non congrua la pena per l’omicidio colposo e decidendo quindi di costringere il medico al processo. I legali del chirurgo decidono di risarcire la famiglia di Alessia Ferrante chiedendo in cambio di non costituirsi parte civile nel procedimento a carico di Reho. Nei mesi a seguire due collaboratrici dell’ambulatorio Reho, la segretaria dello studio ed una addetta alle pulizie, interrogate dai carabinieri su mandato della Procura della Repubblica di Bari, svelano che nel poliambulatorio si svolgevano irregolarità indicibili: narrano di farmaci utilizzati anche se aperti da settimane, attività chirurgiche svolte da non medici, rifiuti pericolosi smaltiti nei lavandini, pazienti lasciate sanguinanti senza alcuna assistenza, cartelle cliniche falsificate, aghi utilizzati su più pazienti. Attualmente Francesco Reho oltre al processo per omicidio colposo per la morte della Ferrante è sottoposto ad indagini per truffa aggravata e lesioni gravissime da parte di più procure nell’ambito dell’inchiesta sul sedicente medico romeno Antonio Francesco Franco.
