Manca qualcosa secondo Marco Travaglio nei titoli di giornale fatti sulla notizia diffusa dal Fatto Quotidiano del versamento all’Agenzia delle entrate di 175 milioni predisposto da John Elkann. Una “pace col fisco” che però glissa sull’altro lato della medaglia: l’indagine della Procura di Torino per truffa ed evasione fiscale. “Torna, a grande richiesta, la ‘pace col fisco’: il soave eufemismo in dolce stil novo che sostituisce sui media padronali espressioni più rudi, tipo ‘evasore beccato restituisce il maltolto’, quando c'è di mezzo un Vip”. Il pagamento (fatto anche a nome dei fratelli Ginevra e Lapo) servirebbe a John per evitare il processo con la “messa alla prova”, ovvero “un periodo di lavori forzati socialmente utili. Libero e Giornale hanno ripreso la notizia traducendola in ‘pace col fisco’, ma senza spiegare chi abbia dichiarato guerra a chi. Per il Corriere Elkann ‘chiude la vertenza’. Gli stessi titoli alla vaselina riempirono i media quando toccò a star dello sport e dello spettacolo”. Una situazione simile si era già manifestata, prosegue il direttore del Fatto, quando vent’anni fa, “la Procura di Milano fece sputare una barcata di tasse evase a Intesa San Paolo (270 milioni più interessi), Mps (260), Bpm (170), Credem (53,4), Unicredit (99). Lo Stato recuperò un miliardo di refurtiva, ma la libera stampa fece credere che fosse scoppiata la pace dopo una lunga guerra di trincea. E i banchieri evasori rivendicarono ‘la correttezza del proprio operato’”. Per quanto riguarda Elkann, comunque, il portavoce della famiglia ha sottolineato che il versamento non significa “alcuna ammissione neppure tacita o parziale della fondatezza delle contestazioni”. Si tratta di una scelta fatta “solo ‘per chiudere rapidamente e definitivamente una vicenda dolorosa sul piano personale e familiare’. Non pagavano le tasse e soffrivano pure. Figurarsi ora che devono sborsarle tutte insieme”.

Ancora Marco Travaglio passa in rassegna altri titoli sulla notizia: “Il meglio lo danno Repubblica e Stampa, che hanno Elkann come editore. Due articolini a pagina 17 e 27 con titoli memorabili: ‘Eredità di Marella Agnelli: intesa tra il fisco e la famiglia Elkann’ e ‘Accordo tra il fisco e la famiglia Elkann per gli oneri sull'eredità di Marella Agnelli’. Come se l'iniziativa l'avesse presa il fisco e non la nota famiglia; e come se le tasse dovesse pagarle Marella da morta, non i nipotini da vivi”. Cosa manca, dunque? “Nei titoli non si fa alcun cenno all'evasione fiscale: è un accordo, un’intesa sull'eredità per fare pace con quei guerrafondai del fisco a nonna morta. Anzi a donna: il portavoce la chiama ‘Donna Marella’, sennò poi uno pensa che fosse un uomo”. Il direttore del Fatto chiude così l’editoriale: “Ora provateci voi, se dovete pagare una multa per divieto di sosta, a dire in giro: ‘Ho fatto pace col vigile’. Vi rideranno tutti dietro. Perché non siete nel giro giusto. Diceva Trilussa: ‘La serva è ladra, la padrona è cleptomane’. Il poveraccio che evade è un evasore, il riccastro è un pacifista”.
