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Omicidio Poggi, perché il SANGUE TROVATO su braccialetti, elastico, orologio e orecchino che indossava Chiara al momento del delitto non è stato analizzato? Presenti anche residui di pelle e capelli: e se fossero stati dell’assassino?

  • di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

  • Foto di: ANSA

25 agosto 2025

Omicidio Poggi, perché il SANGUE TROVATO su braccialetti, elastico, orologio e orecchino che indossava Chiara al momento del delitto non è stato analizzato? Presenti anche residui di pelle e capelli: e se fossero stati dell’assassino?
Il settimanale Giallo, diretto da Albina Perri, ha pubblicato un intervento tagliente della YouTuber Bugalalla sul caso dell’omicidio di Chiara Poggi. Con il suo solito stile diretto, lancia un'accusa che fa rumore: gli oggetti indossati dalla vittima il giorno dell’omicidio non furono mai analizzati per il Dna, nonostante fossero sporchi di sangue. Una dimenticanza? Un errore? Oppure qualcosa di peggio? In un clima dove la verità sembra filtrata da interessi e narrazioni precostituite, Bugalalla rivendica il diritto a dubitare. A mettere in discussione. A riscrivere la storia. E grazie a Internet e al giornalismo indipendente, forse oggi possiamo farlo. Anche se forse dà fastidio…

Foto di: ANSA

di Giulia Ciriaci Giulia Ciriaci

La voce è quella di Bugalalla, YouTuber che da anni si occupa di casi giudiziari controversi. Stavolta, però, l’affondo arriva nero su bianco: sul settimanale Giallo, diretto da Albina Perri, la content creator contesta il racconto mainstream sull’omicidio di Chiara Poggi, la ragazza di Garlasco uccisa nella villetta di famiglia nel 2007. E lo fa con un’accusa ben chiara: ci avrebbero mentito. O, peggio, avrebbero omesso pezzi fondamentali dell’indagine. «Dato che voi, lettori, non siete in possesso dei fascicoli, le fake news vengono facilmente propinate dai salmoni di turno», scrive Bugalalla. Il riferimento è chiaro: chi segue la corrente, chi accetta passivamente la narrazione ufficiale. Secondo la YouTuber, «riescono così a condizionare il vostro giudizio. Un gioco che subite da decenni, ma che oggi può essere fermato, grazie a Internet, a Giallo e al coraggio di chi pratica il vero giornalismo investigativo». E qui arriva il colpo di scena. Perché la vera “cura anti fake news”, dice, è sapere quello che nessuno dice.

Alberto Stasi
Alberto Stasi ANSA

Ad esempio, che sugli oggetti indossati da Chiara Poggi al momento dell’omicidio non venne mai effettuato alcun prelievo per verificare la presenza di Dna. Un buco nero in un’indagine su cui si è costruita una condanna definitiva. «È meglio non saperlo che è falso che sugli oggetti indossati da Chiara Poggi, il giorno in cui fu uccisa, non venne mai riscontrato un Dna o una traccia del suo o dei suoi assassini». Braccialetti, elastico per capelli, orologio, orecchino: oggetti catalogati, sequestrati e insanguinati. Ma, stando a quanto scrive Bugalalla, nessuno li ha mai analizzati. «Tutti con un’evidente presenza di sangue, residui di pelle e capelli, nessun prelievo venne mai effettuato. Non fu nemmeno verificato se quel sangue fosse di Chiara Poggi». La domanda, ora, è più urgente che mai: come si può parlare di indagini professionali? Un dettaglio tecnico? No, una crepa profonda nella narrazione di un caso che per anni è stato raccontato come già chiuso. Ma se davvero la prova più ovvia, il Dna sugli oggetti della vittima, non è mai stata cercata, allora cosa ci resta in mano di realmente attendibile?

La copertina del settimanale Giallo
La copertina del settimanale Giallo
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