La polemica social innescata da Marzia Sardo, sulle presunte molestie ricevute da un infermiere al Policlinico Umberto I di Roma, “Se ti togli il reggiseno ci fai felici tutti”, ha davvero fatto felici tutti. Più che se avesse realmente mostrato le poppe al personale sanitario, il video di lamentele, caso esemplare di marketing, ha dato modo a chiunque di tirare fuori la propria opinione polarizzata, come sempre accade sui social e, purtroppo, anche sui giornali. Se i femministi maschi alla Saverio Tommasi ne hanno approfittato per dire stop al patriarcato, le maschiliste femmine hanno preso il trend al volo - come Fantozzi prendeva il bus - per ribadire l'opportunismo da influencer della ragazza. Su tutte Azzurra Noemi Barbuto, giornalista di Libero, scrittrice e spesso ospite de La Zanzara, dove ha detto di essere "la prima donna nella storia che scrive una difesa del maschio", definito “La categoria più discriminata oggi”. Poteva farsi scappare un'occasione del genere? Così, eccoci alla polemica Sardo Barbuto, che sembra quasi una pubblicità della Ichnusa.

Ecco il suo attacco a Marzia Sardo: “23enne aspirante attrice che si proclama in lacrime abusata sessualmente dal medico che le faceva la tac, il quale le ha raccomandato di tenere addosso il reggiseno, quando lei gli ha chiesto se dovesse toglierlo. Il medico ha aggiunto una battuta: “Ma se lo vuole togliere fa felici tutti”. Una battuta che può essere ritenuta discutibile, non da me, sia chiaro, ma che di sicuro non costituisce molestia. Penso che l’intento del medico fosse quello di tranquillizzare la donna, molto agitata, e di porgere un complimento ad una ragazza bruttarella, la quale però ha colto subito l’occasione, evidentemente rara e irripetibile non ricevendo mai apprezzamenti, per dirsi stuprata rendendo felici i giornalisti di Repubblica che non aspettavano altro che urlare allo scandalo contro il professionista porco che molesta la paziente in reparto in stile film di Pierino. Che scempio che si fa del giornalismo!”. Minimizzare, sempre. Il principio di Archimede: una reazione uguale e contraria alle esagerazioni della controparte. D'altronde il video della ragazza nasce con questo preciso intento, che per avere giustizia sarebbe stato più coerente rivolgersi a un avvocato. Barbuto ribalta l'accusa: “Qui la vera vittima è il medico. Non la ragazza con le banconote tra i seni in stile Las Vegas che vedete in foto”, riferendosi ad alcune immagini prese dai social della Sardo, con il davanzale ben in evidenza. “Marzia punta tanto sulle sue tette. Forse perché non c’è altro. Capita spesso… E delle sue tette ha fatto oggetto di reato, di dibattito pubblico, di pubblicità e marketing personale. Questa ossessione per le tette è più femminile che maschile. È il cervello ad essere sexy. Non il lardo nel reggiseno”. Su quest'ultima frase forse i maschi avrebbero da ridire.

“Cara Marzia, quel medico le ha già viste delle tette, te lo garantisco. Non sei l’unica a possederle. E sono certa che vedere le tue, ti sorprenderà, non avrebbero reso felice nessuno lì dentro. Ormai è un costume imperante: si cerca di proporsi quali vittime di qualche abuso, sopruso, ingiustizia, per godere di un attimo di popolarità ed uscire da un anonimato evidentemente avvertito come soffocante e insopportabile. Ed ecco che si coglie qualsiasi pretesto per assurgere al ruolo di martire, in particolare, martire del maschio, rigorosamente bianco, considerato porco, pervertito, violento, molestatore. Fai un fischio per strada? Sei un criminale. Fai un complimento? Sei un potenziale killer. Fai una battuta per smorzare la tensione? Sei un molestatore sessuale”. Esagerazioni, da una parte è dall'altra, che fanno bene più ai social che a un serio dibattito. E, visto che ormai anche la stampa deve seguire i trend delle piattaforme, si va a cascata: “E certi giornali ci marciano su queste storie, fanno titoloni, articoli, per alimentare la narrativa del patriarcato e del maschio bianco tossico, tanto cara alle lesbiche, alle donne che odiano gli uomini, perché personalmente insoddisfatte, alla sinistra islamista, alle femministe delle astine alle vocali”. Ed eccoci qui, definitivamente ancorati alle teorie formulate da Carl Schmitt ne Le categorie del politico in piena Seconda Guerra Mondiale: la distinzione tra amico e nemico è il fondamento stesso della politica, prima ancora che della guerra. L’importante è che il nemico debba essere ben definito: maschio etero arrapato o sinistra islamista che sia. In modo che ragionare davvero, sulle questioni, diventi impossibile.
