Nel 2007 Chiara Poggi veniva trovata morta nella villetta di famiglia a Garlasco. L’unico condannato, 16 anni per omicidio, è Alberto Stasi, il fidanzato modello che in aula è stato trasformato in un mostro. Ma oggi qualcosa si rompe di nuovo: la Procura di Pavia ha svelato che il famoso “Ignoto 3”, a chi appartiene il Dna trovato nella bocca di Chiara, non è dell’assassino. Ma di un altro morto. Letteralmente. Non uno qualunque, ma di un altro cadavere passato nello stesso obitorio nei giorni dell’autopsia. Un uomo deceduto per cause naturali, senza nessun legame con la vittima. Solo il tavolo. Quello dell’autopsia. Il Dna è finito lì per contaminazione: la garza usata per Chiara era “sporca” di un altro corpo. Un errore da manuale, di quelli che finiscono nei convegni per dire come non si fa. E adesso? Ora i legali di Stasi, Giada Bocellari e Antonio De Rensis, tornano all’attacco. E con un assist clamoroso in mano: “È un fatto gravissimo. Questa contaminazione compromette in radice le valutazioni svolte nel processo a carico di Stasi”. Parole che pesano come macigni.

“La natura del Dna rinvenuto andava verificata con estrema attenzione. E prima di tutto andava esclusa la contaminazione con ogni confronto possibile” tuonano ancora i legali, accusando chi, oggi, accoglie con favore la scoperta, dimenticando cosa significa davvero. “È già di per sé idonea ad ottenere una revisione della condanna”. Tradotto: chiediamo di riaprire tutto. A confermare la gravità della situazione ci pensa anche la Procura. Nella nota ufficiale si legge che il Dna parziale e degradato sulla garza coincide con quello di un soggetto morto prima dell’omicidio. Il confronto è avvenuto su cinque cadaveri, e uno, il codice 153E, ha fatto bingo: “Ha evidenziato una concordanza degli alleli”, scrivono i magistrati. Non abbastanza per dire che è lui, ma abbastanza per far suonare l’allarme. Per capirci di più, è stata chiamata l'antropologa forense Cristina Cattaneo, quella che entra in scena quando le cose si fanno davvero serie. La stessa che ha lavorato sul caso di Yara Gambirasio. Il prossimo passo? Forse la riesumazione del cadavere identificato come 153E, per estrarre il profilo genetico completo. Nel frattempo, si allunga l’elenco degli errori commessi nell’inchiesta che ha condannato Alberto Stasi. “I diligenti accertamenti svolti dalla Procura dimostrano la totale inaffidabilità delle indagini del 2007” attaccano ancora Bocellari e De Rensis. Un altro colpo a un processo già pieno di buchi. Ora resta da capire se questo sarà quello giusto per riaprire tutto. O solo l’ennesimo pezzo di verità che arriva troppo tardi.

