Chi non ha mai frequentato gli ambienti della destra milanese ha imparato a conoscerlo soltanto dopo l’inchiesta di Fanpage Lobby Nera, che lo ha dipinto come il grande manovratore dietro alla raccolta fondi per la campagna elettorale di Fratelli d’Italia (è tutt’ora in corso un processo). Ma Roberto Jonghi Lavarini, classe 1972, non è soltanto il Barone nero emerso da quei filmati, tra saluti romani e nostalgie fasciste, perché ha alle spalle oltre trent’anni di militanza, prima in Alleanza nazionale, poi nella Fiamma tricolore, e ancora in diverse formazioni della destra post-fascista o neofascista. Laureato in Scienze politiche alla Statale, ha sempre avuto moltissimi legami a tutti i livelli politici (benché dopo l’inchiesta in molti abbiano fatto finta di non conoscerlo) e mantiene contatti con movimenti ed esponenti di primo piano della destra in tutto il mondo. Può piacere o non piacere, ma è uno dei più informati sulla galassia destrorsa. Un tema che è tornato di grande attualità in questi giorni con la guerra in Ucraina, visto che da una parte l’Occidente condanna l’invasione dell’esercito russo, ma dall’altra sostiene la resistenza ucraina che però, al suo interno – in particolare nella regione del Donbass – dal 2014 vede operare formazioni dichiaratamente filo-naziste. Un paradosso che non deve sorprendere, in particolare durante una guerra. E non sorprende affatto Jonghi Lavarini, che ha accettato di spiegarci in modo approfondito come si sta muovendo il mondo della destra estrema rispetto a questo conflitto, con alcuni italiani che hanno deciso di combattere al fianco dei russi ("il 90% oggi è filo-russo"), il perché la destra non può accettare di stare al fianco del presidente ucraino Zelensky (“voluto dalle forze occidentali-mondialiste-plutocraticche-arcobaleno”) e come mai i partiti della destra istituzionale, Lega e Fratelli d’Italia, non rappresentano più le frange più oltranziste: “Salvini ha tradito e la Meloni si è venduta”.
Jonghi Lavarini, come si posiziona la destra estrema italiana di fronte a questo conflitto?
Attualmente la destra italiana, nella stragrande maggioranza, è impegnata a sostegno del fronte russo. Non era così nel 2014-2015, nel primo conflitto russo-ucraino, quando la destra italiana si divise equamente su due fronti. Negli anni vi è stato un riposizionamento internazionale, in gran parte su posizioni anti-mondialiste, quindi filorusse. Direi che ora è al 90% con Putin.
Ha citato il 2014-2015 perché quelli erano gli anni della guerra nel Dombass. E in quel conflitto c’era anche chi sosteneva gli ucraini, in particolare formazioni come il battaglione Azov dichiaratamente filo-nazista. È così?
Sì, ai primi dissidi tra la popolazione ucraina occidentale e la popolazione orientale russofona la destra italiana ha sostenuto anche la parte ucraina. Il battaglione Azov porta avanti rivendicazioni storiche in funzione anti-sovietica e aveva visto arruolati alcuni suoi membri nelle SS. E ora mantiene una seppur confusa identificazione con quei simboli. Tant’è che il battaglione Azov ha come simbolo il wolfsangel (in tedesco letteralmente “gancio del lupo”) che era di una divisione nazista nella seconda guerra mondiale.
Quindi è vero, l’Occidente oggi sta sostenendo anche delle formazioni filo-naziste?
È un finto paradosso. Chi conosce la geopolitica sa che gli Stati Uniti, quanto Israele, per i loro interessi politici non si sono mai fatti problemi a sostenere tutto e il contrario di tutto. Tant’è che gli americani sostenevano l’Isis in funzione anti Assad in Siria, cioè l’estremismo islamico salafita, così come in Iraq. Non mi meraviglia che americani e israeliani, pseudo democratici, sostengano dei nazisti in Ucraina in funzione anti-russa. Se poi pensiamo che Al Qaida è una creatura della CIA per combattere i russi in Afghanistan... Spesso gli americani utilizzano quel che trovano sul territorio contro i loro nemici, senza farsi problemi se questi siano tagliatori di gole o nostalgici del nazismo.
Quanti sono gli italiani di estrema destra che combattono in questi giorni in Ucraina?
Stiamo parlando di qualche decina di persone, ormai quasi tutte sul fronte filo-russo. Chi era dalla parte ucraina è tornato indietro perché ha capito che i finanziatori erano israeliani o globalisti americani. Noi però più c he filo putiniani il nostro lo chiamiamo fronte anti-mondialista. Ma l’analisi più lucida l’ha fatta il patriarca ortodosso Kirill.
Cioè?
Che non è una semplice guerra militare, ma è una guerra apocalittica culturale. Un confronto fra la tradizione e il mondo decadente occidentale.
Ha inserito anche espliciti riferimenti anti-omosessuali.
Non era in particolare contro gli omosessuali. Ma chi sono i nostri nemici? Chi impone degli standard di vita e come esame per diventare vero democratico pretende che partecipi al Gay Pride. Questo ha detto il patriarca e questo è il fronte che si sta creando. Mi fa ridere quando dicono “la Russia isolata”. Ha dietro i mercati cinese e indiano, quello sudamericano, quello africano, fino agli Emirati Arabi e all’Arabia saudita che hanno rifiutato di rispondere a Biden. Dov’è che la Russia sarebbe isolata?
Immagino che non abbia una buona opinione del prsidente ucraino Zelensky.
Viene chiamato “democratico”, quando in realtà nasce dopo un vero colpo di stato militare, in piazza Maidan, dove i filo-occidentali rovesciarono un governo filo-russo che aveva vinto le elezioni.
Lei si considera putiniano?
Non ho paura di prendere posizione, ma le etichette mi fanno sorridere. Così come definirmi post-neofascista. Il fascismo e il comunismo, caduto il Muro di Berlino, non hanno più senso. Se devo decidere su che fronte stare scelgo senza dubbio quello russo. Se poi vogliamo usare un termine giornalistico sono più putiniano che zelenskyano. Solo che il fronte è più ampio: se tutto il peggiore mondo occidentale-mondialista-plutocratico-arcobaleno si schiera con Zelensky non posso che schierarmi con Putin.
Come ha reagito alla svolta pacifista di Matteo Salvini in Polonia che ha sollevato un mare di polemiche?
Mi ha fatto pena. Conosco Matteo da quando era ragazzino e volantinavamo insieme nei mercati di Milano, io con il Movimento sociale e lui nella Lega. È una banderuola che fa veramente pietà. Rappresenta il peggio dello stereotipo della politica italiana che cambia bandiera a seconda delle convenienze senza in realtà capirci un beneamato ca**o, per usare un francesismo.
Se lo conosce bene, come mai crede che ultimamente stia inanellando uno scivolone dopo l’altro?
Me lo ricordo bene quando andava a chiedere in ginocchio da Gianluca Savoini di presentargli magnati russi o portarlo da Putin. Ma non ci capiva niente prima e non ci capisce niente adesso. Ma il suo suocero, Denis Verdini, non gli può dare qualche buon consiglio di decenza? Mi sembra un improvvisato che si lancia nella politica internazionale. Infatti siamo considerati dei pagliacci. Non puoi muoverti come una bandiera. Puoi cambiare una posizione dopo aver letto, studiato, aver aperto un confronto. Io sono per la coerenza, ma rispetto anche chi cambia idea. Come Giuliano Ferrara, ex tante cose da socialista e berlusconiano, ora democratico filo-americano e sionista, però ha tutto un suo background culturale, ha fatto studi, valutazioni e scelte e quindi chapeau. Salvini non ha niente di tutto questo, da un giorno all’altro va solo dove lo porta il vento.
Giorgia Meloni, invece, sembra muoversi ancora una volta con grande cautela.
La camerata della Garbatella è stata accolta nell’Aspen Institute, il prestigioso think tank americano presieduto da Giulio Tremonti, quindi è diventata la leader dei conservatori europei ed è chiaro che si sta posizionando bene. È più intelligente di Salvini, ma per l’estrema destra si è comunque venduta.
A chi?
Al mondo atlantista inglese-americano, in ordine di vendita e di padrone. La Meloni dice quello che deve dire per i suoi legami internazionali, nella vana speranza di diventare prima o poi premier. Ma questo non glielo permetteranno mai, perché ha il peccato originale di essere nata in un partito neofascista. Come tutti i nuovi neofascisti che leccano il c**o al padrone americano e poi pensano che gli farà fare quello che vogliono. Non è così. Gli metterà una catena al collo, anche se più comoda, in una cuccia riscaldata con tanta pappa nel piattino, ma sempre ai suoi ordini. La Meloni si è ridotta a difendere un fronte conservatore, genericamente conservatore, a prendere posizioni a scatola chiusa anti-russe che danneggiano le famiglie e le imprese italiane. Non nell’interesse nazionale, ma americano. Altro che sovranista…
Lei la conosce personalmente
Certo che conosco la piccola Thatcher all’amatriciana. Giorgia Meloni la frequentavo da quando era segretaria dei giovani di Alleanza Nazionale. Era fidanzata con un mio amico, li ho frequentati sulle piste da sci del Monte Rosa così come al mare in Liguria. Ora si dà un’aura di liberal conservatrice, per carità si può cambiare idea, ripeto, ma tolga la Fiamma dal simbolo e provi ad affrontare il mondo senza quel riferimento. Non si può vivere di rendita su quel simbolo, quando è stato tutto fuorché anglo-americano. Anche qui, basta vedere le bacheche social dei giovani di FdI per capire che dalla base al vertice c’è qualcosa che stride.
Quali potrebbero essere altri riferimenti politici per l’estrema destra italiana?
Non c’è più nulla. Casa Pound non è più un partito e ha subito una grossa scissione di militanti. Forza Nuova idem e i vertici sono ospiti delle patrie galere. Su questo si sta facendo una grossa riflessione. Come politologo posso dire con sicurezza che esiste un 4% di elettorato di estrema destra che non ha più rappresentanza. La Lega ha tradito e FdI non convince più. Visto che è cambiata la situazione politica internazionale, le visioni e le divisioni del mondo, è tutto da riscrivere anche a livello politico elettorale. Per ora si guarda più con interesse al movimento di Gianluigi Paragone o ad ex del M5s o a movimenti contestatari novax, piuttosto che alla destra istituzionale. Stiamo pensando a come convogliare questo gruppo di autentici patrioti in un nuovo contenitore politico.
Per caso lei è in contatto anche con il Fronte di Liberazione Nazionale guidato da Nicola Franzoni, nato in risposta alle politiche sanitarie sulla pandemia e chiaramente novax?
Il Fronte Nazionale è interessante e utile, ma Franzoni non è leader neanche di se stesso. La sigla mi sembra un po’ un minestrone riscaldato. Ma l’idea di unire tutta una certa area di contestazione è interessante. Franzoni è uno dei tanti che potrebbe confluire in qualcosa di nuovo.
Chi è oggi Roberto Jonghi Lavarini dopo l’inchiesta di Fanpage?
Sono rimasto quello che ero, al massimo sono un po’ maturato capendo come si muove la viltà degli uomini rispetto alle tante reazioni a livello umano che ho riscontrato. Chi aveva potere ha fatto finta di non conoscermi in maniera rocambolesca, ma li conosco tutti, oltre ad avere le foto conosco i loro schelettri nell’armadio. Ma nel complesso ho avuto più manifestazioni di solidarietà inaspettate rispetto ai tradimenti. Per cui, nel complesso, ci ho solo guadagnato.
È stato dipinto come il grande manovratore dei fondi per la campagna elettorale milanese di Fratelli d’Italia.
Era tragicomica, persino divertente. Verrà dimostrata la mia estraneità ai reati dalla probabile archiviazione dell’inchiesta, perché né io né gli altri indagati siamo mai stati chiamati dai magistrati. C’era poco da chiedere. Io sono e rimango me stesso, uno che non nasconde le proprie idee, ma che non è neppure quello sintetizzato in quell’inchiesta. Ma d’altronde, non ero io l’obiettivo…
E chi era?
Era rivolta contro FdI e in particolare Carlo Fidanza, perché rappresentava l’area di destra sociale, cioè filo-Putin, all’interno di quel partito. Eliminato lui è stata avviata la svolta atlantista di Giorgia Meloni in maniera rapida e indolore. Lui era l’ultimo scoglio a questo piano. Così come lo era Savoini per la Lega colpito da un’altra inchiesta mediatica-giudiziaria che si è rivelata una bolla di sapone. Entrambe sono servite a trasformare in mostri i rappresentanti della destra tradizionale, portando questi partiti su posizioni filo-americane. Secondo me non è un caso.
Un giro un po’ tortuoso, non crede?
Il vero obiettivo generale è recidere i legami politici con Aleksandr Dugin (filosofo e considerato l'ideologo di Putin), che è considerato un altro mostro, anche se in realtà è un genio. Ma invito tutti a leggere La quarta teoria politica del professor Dugin per capire che la divisione non è più destra o sinistra, neanche Occidente o Oriente, ma mondialismo contro mondo multipolare. Quindi, da anti-liberal capitalista, mi trovo bene con i professori Cacciari e Fusaro, così come con i miei vecchi camerati. Agli americani fa comodo lo schema mondo libero contro Russia cattiva, ma è ormai estinto dal 1989.