Ieri, 31 maggio, è uscito sull’Unione Sarda una dichiarazione abbastanza folle da parte di Carlo Doria, Assessore dell’Igiene e Sanità e dell’Assistenza Sociale della Regione Sardegna. Doria ha parlato di un metodo alternativo per ovviare alle lunghe liste di attesa che devono sopportare le donne con una neoplasia mammaria (tumore al seno) e secondo lui la soluzione dovrebbe essere quella di mettere uno stop alle ricostruzioni del seno che è stato asportato. Tutto ciò al fine di riuscire a fare più interventi nell’arco della settimana e del mese, riducendo in tal modo le indecorose liste d’attesa. È sconcertante che queste parole provengano da una persona appartenente alle istituzioni, che ha in mano la delega alla sanità, e che sia proprio un medico a fare una richiesta simile, sottovalutando completamente la ricaduta psicologica che ciò potrebbe avere sulla paziente, fragile non solo perché reduce da un intervento importate, ma anche perché deprivata di una parte fondamentale del proprio corpo. A denunciarlo sul suo profilo social è stato il Senologo Mario Rampa di Milano che ha espresso forte sconcerto e ha chiesto le immediate dimissioni di Doria. Sul profilo del Professor Rampa appare inoltre uno dei tantissimi messaggi che gli sono arrivati in cui una paziente gli scrive: “La chemioterapia prescritta da voi qui a Cagliari non era convenzionata dalla Regione Sardegna perché è troppo dispendiosa. Ci avevano dato un'alternativa ma ovviamente noi abbiamo rifiutato”. Quello che vogliamo chiedere all’Assessore è come pensa di gestire delle pazienti, sia da un punto di vista fisico che psichico senza dar loro la possibilità, doverosa, di sottoporsi alla ricostruzione con delle protesi mammarie. Ma il problema è molto più ampio, in primis perché le lunghe liste d’attesa riguardano tutta Italia e non solo la Sardegna, e sarebbe quindi il caso che il discorso venisse preso in considerazione dai vertici del nuovo governo per evitare iniziative personali come quella a cui stiamo assistendo, come l’idea di optare per interventi che durano di meno senza effettuare una ricostruzione, poiché questa farebbe impiegare mediamente un 40% di tempo in più allo staff medico presente in sala operatoria.
Dati alla mano, in Sardegna si registrano circa 1500 nuovi casi di tumore al seno ogni anno e una donna su 8 rischia di sviluppare questo tipo di neoplasia. Va sottolineato come ancora una volta la classe medica, mal rappresentata in questo caso, sia sotto lo scacco perenne dell’economia. I soldi mancano, non bastano, sono mal distribuiti? Ce ne rendiamo conto solo ora, solo quando ci ritroviamo in prima persona a stare ore al telefono con i centralini che non rispondono o quando facciamo infinite file al CUP (centro unico di prenotazione), per poi sentirsi dire che il primo posto con il SSN è disponibile tra sei mesi? Di tempo ne è passato e non si può più tacere. Dovremmo stare a sentire politici (o medici; è questa la follia) che da anni raccontano di investire nella sanità, perché è “la priorità del Paese”? Se fosse davvero una priorità queste iniziative prive logica non avrebbero vita facile, perché le alternative ci sono. Iniziamo con il tenere i giovani medici in Italia e non farli andar via per un lauto stipendio all’estero, aumentiamo il personale sanitario e non sottopaghiamolo, oltretutto sottoponendolo a turni estenuanti. Per questo che bisogna scendere in piazza a manifestare, incazziamoci, perché non è una lotta per i medici e per gli infermieri, è una battaglia collettiva. Il diritto alla salute è sancito dalla Costituzione, è inviolabile, e non ci rendiamo conto che se non lottiamo tutti per una sanità migliore, la sconfitta sarà di ognuno di noi, di ogni nostro parente vicino o lontano. La scienza, che piaccia o no, è la base fondante della nostra stessa esistenza, ma come sempre ce ne accorgeremo troppo tardi. Mi auguro che Schillaci, medico serio e informato, possa continuare sulla sua strada, nonostante sia da poco Ministro, prendendo in considerazione questa come tante altre problematiche che riguardano la salute, mentale e fisica. I medici non sono eroi, ma nemmeno questa roba qui.