Si è svolta questa mattina in Corte d'assise a Milano l'udienza per l'assegnazione dell'incarico al perito che dovrà stabilire se Alessia Pifferi, la trentasettenne imputata per omicidio pluriaggravato dopo aver fatto morire di stenti la figlia Diana, era o meno capace di intendere e di volere al momento dei fatti avvenuti nel luglio del 2022. La nomina è stata conferita allo psichiatra Elvezio Pirfo, chi inizierà le attività peritali il prossimo 27 novembre. Tuttavia, gli esiti potranno essere resi noti in aula, visto il tempo di lavoro fissato in novanta giorni, solamente il 4 marzo 2024. Chiaramente, la perizia psichiatrica è stata disposta dalla Corte d’Assise di Milano dopo le risultanze psicodiagnostiche emerse a seguito della sua traduzione nella casa circondariale di San Vittore, visto che le psicologhe avevano riscontrato un presunto defcit cognitivo della donna. Nell’attesa dei risultati, però, ritengo che non ci saranno grosse sorprese rispetto a quanto ricostruito dall’accusa. Sono infatti convinta che Alessia Pifferi fosse perfettamente consapevole di quello che stava facendo quando ha abbandonato Diana al suo destino. Ed è semplice comprendere il motivo. Perché quell’abbandono prima è stato un pensiero. Alessia le ha lasciato il biberon sapendo che per sopravvivere sua figlia avrebbe dovuto mangiare e bere. Altrimenti, se non avesse neppure lontanamente potuto immaginare che sarebbe morta, non lo avrebbe riempito. Quindi che significa? Significa che la circostanza per la quale la Pifferi non fosse presente nel momento in cui Diana perdeva la vita non la rende non la rende meno assassina. Perché lei e nessun’altra ha lasciato sua figlia in condizioni di morire. Del resto, sapeva benissimo quel che voleva: sposarsi. Come raccontato alle amiche nei diversi audio. Un desiderio talmente impellente da decidere di lasciare sua figlia in balia del destino.
Le psicologhe del carcere, però, avrebbero valutato, attraverso il test di Wais-R, un quoziente intellettivo della donna pari a 40. Per intenderci, quello che hanno i bambini di sette anni. Decisamente inferiore a quello della media di una persona adulta. Ad ogni modo, è scientificamente dimostrato che un quoziente intellettivo di quel tipo è sufficiente per avere uno spirito di adattamento. Che cosa è lo spirito di adattamento? Semplice. La capacità di comprendere quel che è necessario per sopravvivere. Senza troppo scendere nei tecnicismi, ed in maniera del tutto logica e lineare, basti pensare che anche ai bambolotti quando siamo piccoli facciamo finta di dargli da mangiare. Alessia Pifferi come poteva non sapere che cosa fosse necessario perché Diana sopravvivesse? In fondo, quando si ha diciotto mesi ciò di cui si necessita è solamente di avere accanto una mamma che si preoccupi di farci mangiare, bere e che si prenda cura di noi. Esigenze elementari e niente affatto comparabili alle sue. Tutte incentrate sulla soddisfazione dei desideri più o meno esplicitati dal compagno Angelo Mario. Ma quel che emerge in maniera preponderante dall’inizio di questa storia è la freddezza della signora Pifferi. Una donna che ha sempre pensato, e continua a farlo, alla propria autoconservazione. E lo ha dimostrato non solamente in aula. Dove cerca ad ogni udienza di correggere il tiro con l’intento di beneficiare di eventuali sconti di pena. Ma lo ha fatto in passato anche nei riguardi di Diana durante la sua breve esistenza. Quella che per sua stessa ammissione era un ostacolo, difatti, con il tempo era stata trasformata in merce di scambio. La Pifferi aveva imparato a vendere la sua dolcezza ed il suo essere bambina per soddisfare i propri bisogni più fugaci. Come quando si è inventata il battesimo per battere cassa e per ricevere soldi dalle amiche in cambio di misere bomboniere riciclate dalla propria abitazione.
La dura verità è che i suoi bisogni più effimeri sono stati letali per la sopravvivenza della figlia. Giusto, forse, l’accertamento peritale sulla sua capacità di intendere e di volere. Ma lo è semplicemente perché, in quella sede, emergerà la sua piena coscienza e lucidità. Alessia sapeva che Diana sarebbe potuta morire e ha accettato che ciò accadesse perché lei e soltanto lei stessa era il centro del proprio universo. Per giunta, non era neppure la prima volta che la abbandonava da sola per trascorrere i week-end fuori porta con il compagno Angelo Mario. L’uomo dal quale era dipendente e che evidentemente era in grado di colmare i suoi vuoti di donna. E soprattutto di mamma.