Sui casi Emanuela Orlandi e Mirella Gregori è arrivato il via libera del Senato all'istituzione della commissione d'inchiesta sulla scomparsa delle due ragazze con voto favorevole anche di Maurizio Gasparri, uno dei senatori più critici all'iniziativa. Il voto si è svolto per alzata di mano e, dopo quello che aveva sostenuto, ha stupito che non abbia votato contro o si sia astenuto. Così gli abbiamo chiesto come mai di questa svolta e ci ha spiegato: "Non vogliamo dare l'impressione che un atteggiamento critico sia contrario alla ricerca della verità". Anche se, ha voluto rimarcare: "Storicamente le commissioni parlamentari sono state illusorie perché non hanno poi scoperto niente e sono servite poi solo ad alimentare un clamore mediatico". Ma il senatore si è detto molto critico anche verso le inchieste di Andrea Purgatori, il giornalista scomparso il 19 luglio scorso, che per anni ha ricercato la verità, solo che "la commissione non deve diventare un talk show".
Senatore Gasparri, come mai ci ha ripensato sulla sua contrarietà alla commissione di inchiesta?
Io non ci ho assolutamente ripensato, noi ci siamo rassegnati all'approvazione di questa commissione ma io ho fatto un intervento durissimo contro la commissione, contro Pietro Orlandi, contro questa mitomania anti Giovanni Paolo II. Non ci abbiamo ripensato affatto. Ovviamente, siccome non vogliamo dare l'impressione che un atteggiamento critico sia contrario alla ricerca della verità, noi diciamo “benissimo che si faccia pure la commissione”, dopodiché io ho detto una serie di questioni.
Quali sarebbero queste criticità?
Primo, che storicamente le commissioni parlamentari il più delle volte sono state illusorie perché non hanno poi scoperto niente e sono servite solo ad alimentare un clamore mediatico. Secondo,l'ha ha detto anche Giuseppe Pignatone, quindi quando hanno fatto l'audizione in Senato ho manifestato perplessità sull'utilità di questa commissione. Poi c'è un altro aspetto, ovvero che se si fa una commissione non bisogna fare sconti a nessuno, io nel mio intervento ho fatto un nome, che è quello di un familiare di Orlandi. Quindi se si fa una commissione bisogna occuparsi di tutto, anche di aspetti che potrebbero essere spiacevoli.
A chi si riferisce?
C'è un congiunto della famiglia Orlandi che è stato poi chiamato in causa per presunte molestie alla sorella di Emanuela Orlandi, che non ha negato, in un'intervista che ha fatto al Corriere della Sera di recente. Non si possono poi fare strumentalizzazioni mediatiche e offendere tantomeno personalità come San Giovanni Paolo II, che è stato chiamato in causa nelle trasmissioni televisive. Non possiamo essere l'amplificatore di una ribalta mediatica. Poi alcuni usano queste commissioni perché chi non sta nel Parlamento probabilmente ne vuole far parte, come è successo in altri casi analoghi. Quindi dire che noi ci abbiamo ripensato vuol dire non aver capito il mio intervento, che però invece Pietro Orlandi ha capito, tant'è vero che poche ore dopo lui stesso ha definito “imbarazzante” il mio intervento. Io ho replicato a Orlandi con la comprensione umana di chi ha avuto una perdita.
Quindi qual è il vostro obiettivo?
Noi non vogliamo ostacolare nessun tentativo di trovare la verità. Poi ci sono gli aspetti da non trascurare dei rapporti internazionali, perché la Santa Sede è uno stato estero. Quando è venuto Diddi (Promotore di Giustizia dello Stato Vaticano) per l'audizione in commissione affari costituzionali del Senato, audizione che io ho chiesto, lui ha chiarito leggendo una lettera di Parolin. Lui è venuto accogliendo un invito, ma non è che poi un domani una commissione chiama la gente della Santa sede così, non abbiamo il potere di interferire in rapporti che sono regolati dai Patti lateranensi. Mi dispiace se qualcuno ha avuto l'impressione che io ci abbia ripensato, forse il mio intervento allora doveva essere più drastico…
A proposito di Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia dello Stato Vaticano, aveva parlato della commissione dicendo che poteva essere un'intromissione perniciosa.
Lui aveva letto la lettera del segretario di Parolin, che è un atto rilevante. Parolin è una specie di capo di Stato operativo, essendo segretario di Stato, il quale ha mandato una lettera alla commissione che Diddi lesse, dicendo che loro avevano accettato l'invito, ma che questo non avrebbe creato un precedente.
E quindi?
Non è che domani la commissione convoca i cardinali o chi gli pare, come se uno convocasse un ministro francese o il premier della Germania, se vogliono venire vengono, ma se non vogliono venire non è che la sovranità del nostro Parlamento e una sovranità universale.
Allora se questa commissione non è lo strumento migliore, quale alternativa ci sarebbe?
Avrebbero dovuto accertare la verità gli organi della magistratura, che però purtroppo non ci sono riusciti in quarant'anni. Io poi di commissioni parlamentari che hanno scoperto il colpevole di qualche reato non ne conosco, poi se qualcuno mi cita qualche precedente ne prendo atto. È grave che quelli che dovevano scoprire la verità non l'abbiano scoperta ed è un'illusione pensare che la scopra la commissione parlamentare.
Ne conferma quindi la sua inutilità?
ne confermo la sua pericolosità.
Addirittura?
Sì, perché rischia di diventare una ribalta mediatica di protagonismi. Recentemente Andrea Purgatori, che purtroppo è scomparso, nella sua trasmissione televisiva faceva un attacco a Giovanni Paolo II. Dobbiamo fare noi la commissione d'inchiesta sui santi? Non deve diventare quindi quello che alcune trasmissioni televisive fanno, la televisione è un'altra cosa, ma la commissione parlamentare non è un talk show.
Quindi secondo lei Purgatori aveva spettacolarizzato la vicenda?
No, non sto dicendo questo. Sto dicendo che quello era un problema di Purgatori e della televisione, non posso censurare le trasmissioni. Il Parlamento è un'altra cosa e non è né un comizio né un party.
Il senatore Pier Ferdinando Casini si è astenuto, non poteva fare lo stesso?
Conta l'intervento non la votazione. Noi abbiamo semplicemente detto che non vogliamo impedire una ricerca della verità. Se qualcuno pensa che la commissione possa servire a trovare la verità non saremo noi a dire di no. Il mio era un sì molto molto molto prudente, motivato e condizionato. Non abbiamo voluto come gruppo votare contro, per non essere considerati nemici della ricerca della verità. Dopodiché, se mi dici che si va sulla luna in bicicletta io ti devo spiegare che non è così. Se pensi che ci si possa andare, non vedo perché io ti debba impedire di sognare, però ti devo avvisare che ci sono delle controindicazioni. E comunque sarebbe stata approvata anche se avessi votato contro. Avevano senso invece una serie di considerazioni di cui io mi farò interprete quando e se la commissione ci sarà, perché io ne farò parte.