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Perché il ministro Nordio
sulle intercettazioni sbaglia.
E svela di essere giustizialista

  • di Andrea Muratore Andrea Muratore

30 gennaio 2023

Perché il ministro Nordio sulle intercettazioni sbaglia. E svela di essere giustizialista
Il ministro della Giustizia, dopo essersi complimentato per l’arresto di Matteo Messina Denaro, ha dichiarato: «Andremo avanti sino in fondo, non vacilleremo e non esiteremo. La rivoluzione copernicana sull’abuso delle intercettazioni è un punto fermo del nostro programma». E si è aperto un caso, visto che lui stesso utilizzò le intercettazioni per l’inchiesta sul Mose e in tanti, da ultimi i magistrati, si sono scagliati contro la limitazione di uno strumento che ritengono indispensabile, in particolare contro la criminalità organizzata. Ecco tutti i motivi per i quali Carlo Nordio, non solo sbaglia, ma dimostra di essere giustizialista

di Andrea Muratore Andrea Muratore

Carlo Nordio è il ministro più discusso in questa fase critica per il governo di Giorgia Meloni. La sua proposta stretta sulle intercettazioni, diventata di dominio pubblico dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, ha acceso il dibattito politico sul tema della giustizia. E con un dualismo degno di rivalità alla Coppi e Bartali si è riaccesa la (pelosa) distinzione tra garantisti e giustizialisti. Per gli ultrà del garantismo senza se e senza ma, da Italia Viva e Azione alla compagine mediatica che fa riferimento a Il Foglio, Linkiesta e portali simili, Nordio è un eroe perché propone una fine alla spettacolarizzazione delle indagini tramite divulgazione delle intercettazioni mediante una stretta sulle stesse. Per i suoi avversari, invece, è destinato a sdoganare malaffare depotenziando il lavoro delle procure. Dal nostro punto di vista, riteniamo che nella sua grande competenza giuridica, Nordio si sia trovato intrappolato in un sentiero stretto e abbia adottato, di sua sponte, la posizione del garantismo a tutto campo, senza sé e senza ma, che fa molto “destra” conservatrice (Fratelli d’Italia) o liberale (Forza Italia, Italia Viva) in questa fase storica quando riguardante temi come la privacy di politici e dirigenti d’alto calibro. Una posizione che nel governo convive con il giustizialismo verso microcriminalità, immigrazione e, in prospettiva, reati contro il buon costume che innerva la Lega e parte di Fdi.

Il ministro della giustizia Carlo Nordio
Il ministro della giustizia Carlo Nordio

Chi scrive stima e rispetta Nordio, alla luce della cattura di Messina Denaro ha apprezzato le sue parole sulla necessità di evitare teoremi iper-giustizialisti contro lo Stato, ma non può concordare in fondo con la sua proposta sulle intercettazioni. La stessa premier Giorgia Meloni ha indicato nella “certezza della pena” e nella corretta gestione delle intercettazioni la via maestra per una “giustizia giusta”. Nordio a nostro avviso confonde piano politico, mediatico e giudiziario. Il piano politico è la necessità di condividere una riforma della giustizia che ristabilisca la certezza del diritto. Quello mediatico è il tema delle fughe di notizie dalle procure alla stampa, che mette in bilico l’informazione tra diritto (e dovere) di cronaca e inquinamento dei provvedimenti. Quello giudiziario è stato ampiamente ribadito nell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario da molti esponenti della magistratura: le intercettazioni servono a tutto campo ben oltre i soli campi di Mafia e terrorismo. Sono strumenti fondamentali per l’analisi di polizia giudiziaria contro reati come il riciclaggio, la corruzione, e anche la gestione dei rapporti tra sistemi di potere. ““L’impressione, magari sbagliata, è che la privacy non sia un problema, finché scriviamo di Matteo Messina Denaro, delle sue malattie, delle sue amanti. Se cioè la privacy riguarda i poveri, i mafiosi e i terroristi, a nessuno frega niente delle intercettazioni. Quando invece riguarda politici o persone che guadagnano tanti soldi, salta il problema delle intercettazioni”, ha recentemente dichiarato con puntualità Peter Gomez de Il Fatto Quotidiano. Nordio sembra sposare una versione renziana del garantismo, troppo spesso facente rima con vittimismo: l’idea, cioè, secondo cui condizionare la gestione politica e mediatica delle intercettazioni sia funzionale a ottimizzarne l’uso giudiziario. Come se fosse negli articoli di giornale e nelle aule di Parlamento che si decida l’esito dei processi. Insomma, una visione che rischia di alimentare sfiducia nella giustizia e rappresenta l’esatto opposto del manettarismo tradizionalmente ostentato di molte procure. Il forte garantismo che Nordio riserva al tema del processo penale è figlio della sua natura di procuratore critico dell’eccessivo protagonismo delle toghe ai tempi di Mani Pulite. Ma si somma a una concezione della gestione delle informazioni che non sembra tenere conto dell’innovazione tecnologica e dell’avanzamento delle prospettive di divulgazione di registrazioni, dati sensibili e scoop giudiziari, che del resto hanno reso possibile un più importante scrutinio degli stessi. Se una volta erano giornali e Tv gli unici depositari di questi processi, il web ha dilatato le prospettive in tal senso. Rendendo più complesso un inquinamento di processi a mezzo informativo e una distorsione mediatica della percezione pubblica degli indagati. Inoltre nell’Italia del 2023 l’offensiva giudiziaria come anticamera dell’assalto politico si è, fortunatamente, rivelata un’arma spuntata: la corsa sicura di Attilio Fontana verso la ricandidatura a Palazzo Regione in Lombardia dopo il proscioglimento per il caso-camici, che non ne ha intaccato la parabola politica, lo testimonia.

Giorgia Meloni e Carlo Nordio a colloquio
Giorgia Meloni e Carlo Nordio a colloquio

Nordio, inoltre, si è scagliato contro l’utilizzo leggero delle intercettazioni per i “costi esorbitanti e disomogenei sul territorio nazionale” e un pagamento “che sfugge a ogni forma di controllo: ogni pm ne dispone quanto vuole. Stiamo costituendo tavoli di lavoro per lo meno per rendere omogenee le liquidazioni. E il mio auspicio è che venga affidato agli uffici giudiziari un budget che non possa essere superato annualmente”. “Si guarda a questi costi – ha detto il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Giuseppe Santalucia in audizione in Commissione Giustizia al Senato – senza guardare alla capacità dell’Amministrazione di recuperare le spese processuali, capacità che è irrisoria, si aggira intorno al 3-4%”. Inoltre, un maxi-sequestro dovuto a un’inchiesta per tangenti o riciclaggio può ben valere la spesa per le indagini e le eventuali intercettazioni. Nordio, nell’inchiesta Mose, ha utilizzato oltre 300mila intercettazioni, riuscendo a costruire un impianto processuale coerente e ben informato. Da procuratore ha promosso, a testa bassa, inchieste coraggiose e dinamiche utilizzando tutte le armi della legge a sua disposizione. Con una grande fiducia nella legittimità del contrasto alla criminalità con tutte le armi che lo Stato ha a disposizione. La prima forma di garantismo è la certezza delle leggi dello Stato e della loro uniformità. La prima tipologia di giusitizialismo la percezione che i cittadini non sono tutti uguali di fronte alla legge e che una riforma della giustizia possa tenere dentro un ridotto margine di manovra verso i vertici apicali della società, detentori di un potere di condizionamento verso la divulgazione delle loro magagne, e un giro di vite sui microreati che spesso coinvolgono le sacche di disagio della popolazione. Con sorpresa constatiamo che Nordio è dunque giustizialista! E a rivelarlo sono proprio le sue posizioni sulle intercettazioni. Destinate a creare un vulnus politico, mediatico e giudiziario se portate fino in fondo.

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