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Perché quella su Elisabetta Canalis e lo spot San Benedetto è una polemica del ca**o: il politically correct ci ha fottuto il cervello

  • di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

31 agosto 2022

Perché quella su Elisabetta Canalis e lo spot San Benedetto è una polemica del ca**o: il politically correct ci ha fottuto il cervello
Finisce nella bufera lo spot dell'acqua San Benedetto che vede testimonial Elisabetta Canalis. Il motivo? La presunta celebrazione della diet culture, con sottinteso invito a malsane abitudini alimentari, come sostituire la colazione con l'acqua. Ma si tratta solo di un'interpretazione maliziosa dei contestatori, non di una narrazione accurata, che pare quindi voler cavalcare l'onda, grazie a quella recente associazione tra devianze e disturbi alimentari, tirata in ballo dalla Meloni. Ecco perché siamo di fronte a una polemica pretestuosa, spinta dal solito politicamente corretto censurante...

di Maria Francesca Troisi Maria Francesca Troisi

Elisabetta Canalis finisce nella bufera per via di uno spot televisivo, quello dell'acqua San Benedetto, che secondo alcuni inneggerebbe alla diet culture. Una réclame che, a onor del vero, martella già da mesi, e di cui i recensori via web si sono accorti solamente adesso, forse presi prima da creme solari e altre simili facezie. Anche se quest'illuminazione tardiva non sembra nemmeno casuale, piuttosto coincide con una tematica in voga nelle ultime settimane, e tirata in ballo da Giorgia Meloni in combo con Enrico Letta, per via di quell'associazione malsana tra devianze e disturbi alimentari. Insomma, niente di più semplice che riscaldare i temi caldi che infuocano la rete per racimolare facili consensi. In fondo basta fantasticare su uno spot e la polemica è servita immediatamente. Ma andiamo con ordine, passando ad esaminare nel dettaglio la pubblicità crocifissa, che per i contestatori, con Aestetica Sovietica in prima fila, inviterebbe a saltare i pasti.

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Dunque lo spot finito al rogo si apre con l'ex velina appena sveglia, ma già truccata e parruccata, sogno di tutte noi altre che invece appena scese dal letto assomigliamo più a Maga Magò. Mentre la sarda, perfettamente agghindata, e fischiettante e felice in irritante stile Walt Disney, si prepara pure la colazione con due fette di pane. Ma sciagura delle sciagure, nel tostapane si bruciano, e ricordando pluasibilmente le sue abilità culinarie - ferme al petto di pollo alla piastra - decide di uscire senza mangiare, con la sola compagnia della bottiglietta d'acqua minerale. San Benedetto, ça va sans dire, il suo segreto di bellezza, come si scoprirà strada facendo. Apriti cielo, i più sottolineano come questo passaggio lasci intendere che l'acqua possa sostituirsi a un pasto grazie ai suoi nutrienti. Ma a questo punto chioserebbe subito il geniale Massimo Troisi: “Io sono responsabile di quello che dico, non di quello che capisci tu”. Perché la pubblicità non invita affatto a saltare i pasti, e la relazione incriminata è solamente frutto di un'interpretazione maliziosa degli accusatori via web.

Dunque, se di mera interpretazione si tratta, può anche essere indirizzata in altra maniera, e quasi come specchio della quotidianità che viviamo. Quanti di noi infatti la mattina, per via della giornata già sul piede di guerra, non mangiano a casa per poi consumare qualcosa in fretta e furia, e magari strada facendo? Non siamo mica tutti inscatolati e contenti al soldo della famiglia felice del Mulino Bianco, con tavole apparecchiate di merendine confezionate, che a essere onesti bene non fanno, né a piccoli né a grandi. Mai sentita però in tal senso una protesta così fomentata. Quindi meglio snack e bevande zuccherate che della salutare acqua? Sì perché bere acqua fa bene, sfidiamo chiunque a osare il contrario, e specie in estate, lo sanno bene anche gli anziani, grazie ai sensazionali servizi di Studio Aperto.

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Ma passiamo pure alla tacita correlazione nel suggerire abitudini pericolose a chi già soffre di DCA (disturbo del comportamento alimentare): andiamoci piano. Anzi smettiamola proprio di perseguire questa narrazione distorta dei disturbi alimentari, che tra politicamente corretto e body positivity ha solo fatto altri danni. Perché diffondere con forza l’idea che basta una semplice pubblicità a scatenare insicurezze e sintomi allarmanti è maldicenza di chi punta semplicemente il dito a caso. O peggio ancora, sfrutta pure il malessere di chi vive o ha già vissuto la malattia, e solo per raggranellare qualche comodo like. Quindi informiamoci meglio prima di dare fiato alla bocca, magari disquisendone pure con personale qualificato, quali psicologo, nutrizionista, o meglio ancora con una visita in qualche centro specializzato. Potremo così facilmente scoprire le cause all'origine delle infide patologie menzionate, come un contesto familiare difficile, un amore tossico, un particolare trauma, e così via, la lista può andare avanti ad oltranza. Ma non scadiamo ancora in queste ridicolezze, in pendant coi proclami di Emma Marrone, che solamente qualche anno fa pubblicizzava sui suoi palchi la credenza che un anoressico smette di mangiare solamente per entrare in una fottuta taglia 40, senza considerare che alla base c'è sempre dell'altro. Per non parlare poi della testimonial presentata, una donna che pratica anche sport con regolarità (è anche campionessa di kickboxing) e che è già di per sé un esempio vivente di uno stile di vita perfettamente sano (e nemmeno abusato dalla chirurgia estetica, ad avercene).

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È anche vero che con l'acqua i pubblicitari hanno sempre fatto qualche casino, prima con Del Piero che parla con il suo uccello, poi con la particella di sodio al 41-bis... Ma in questo caso il punto da analizzare più che altro è la trascurabile recitazione della showgirl, che alla fine si bea pure, col suo alter - ego patinato (sulla copertina di Vanity Fair) della sua certificata gnoccaggine. Insomma, se la suona e se la canta (ma chi può azzardare diversamente?) Così, mentre Aestetica Sovietica -  con qualche migliaio di follower al seguito - invoca persino l'intervento di Iap (istituto di autodisciplina pubblicitaria) e Agcom (l'autorità per la garanzia nelle comunicazioni) noi rimpiangiamo invece i tempi in cui uno spot non era spaccato in quattro alla ricerca del microscopico fraintendibile dettaglio, ma considerato una finzione fine a sé stessa, e confezionato al solo scopo di esaltare e vendere il prodotto. O pensate ancora che la marmotta incarta davvero la cioccolata?

 

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