Nessuna accusa è stata rivolta direttamente da Pietro Orlandi nei confronti di Casaroli. Quanto letto nei titoli di più giornali sarebbe accaduto durante il sit-in organizzato per ricordare il cinquantaseiesimo compleanno di Emanuela, se non fosse che, come spesso accade, le vere dichiarazioni siano state modificate per creare titoli ad effetto. Durante questa occasione Pietro ha svelato i ventotto nomi delle persone, probabilmente informate sui fatti, che lo scorso anno ha consegnato al promotore di giustizia Alessandro Diddi, quando il Vaticano aprì per la prima volta un’inchiesta per indagare sulla scomparsa di Emanuela. La prima dopo quarant’anni. In questo contesto si è inserito anche un aneddoto che un monsignore tempo fa ha riferito a Pietro. Un aneddoto che, se vero, andrebbe solo a confermare quanto la pedofilia nel 1983 all’interno del Vaticano fosse una pratica nota e accettata, come si apprende anche dal racconto di un gendarme fatto a Pietro: “Mi disse che, come gendarmeria, si erano subito attivati, mostrando la foto di Emanuela a quegli ecclesiastici che sapevano avere questo “vizio”. Noi di MOW abbiamo contattato Pietro Orlandi, che ha rispedito al mittente tutte le insinuazioni: “Purtroppo non ho ancora imparato che a volte le parole vengono interpretate diversamente. Sembra che io abbia fatto un’accusa diretta a Casaroli senza se e senza ma. Quando in realtà ho detto che quel monsignore raccontandomi quell’episodio ha parlato di una carica molto in alto vicina al papa. Prima che facessi il suo nome, dicendo “probabilmente Casaroli”, altre persone presenti in piazza avevano iniziato a nominarlo, perché secondo le parole del monsignore il riferimento a lui era chiaro”.
E ancora: “Sono sceso in piazza per Emanuela, non per fare questa ennesima accusa o per ricreare problemi”. Il monsignore in questione, su cui Pietro ha mantenuto il riserbo sull’identità, racconta di ragazzine di dodici anni portate a questa alta carica presente in Vaticano. Attestare la verità di simili racconti raccolti da Pietro nel corso degli anni sarà compito anche della commissione d’inchiesta. A presiederne i lavori sarà un esponente di Fratelli d’Italia e non del Pd, come si era ipotizzato inizialmente: “La vicenda di mia sorella Emanuela non dovrà avere colori e polemiche politiche”.