Potrebbe essere ribattezzato “Quel pasticciaccio brutto de via Ernesto Lugaro”, prendendo spunto da uno dei capolavori letterari di Carlo Emilio Gadda e dall’indirizzo in cui ha sede il gruppo Gedi, che controlla i quotidiani Repubblica, La Stampa e altri giornali locali e i diversi portali online. In questo caso, però, non si tratta di sviste nel riportare le notizie, quanto invece di oltre 100 dipendenti andati in pensione che sono finiti nel mirino dell’Inps e ai quali è stata bloccata la pensione e gli sono stati chiesti indietro centinaia di migliaia di euro per un totale di 22 milioni. Una vicenda che era già esplosa nei mesi scorsi, ma sulla quale ieri è tornata la trasmissione Fuori dal coro, condotta su Rete4 da Mario Giordano, che ha tuonato: “I maestrini di Repubblica, che dicono agli operai che devono lavorare fino a 67 anni, perché lo richiederebbero i conti, mandavano in pensione i giornalisti a 49 anni. Con quella che, secondo la Procura di Roma che sta indagando, potrebbe configurarsi come una truffa”. E il servizio andato in onda, firmato dall’inviata Raffaella Regoli, riesce persino a portare a galla le testimonianze dei lavoratori prepensionati e ora passati dalle stelle alle stalle: “Ci siamo caduti con tutte le scarpe” precisa un poligrafico, riferendosi alla proposta di uscire prima dal mondo del lavoro senza avergli paventato nessuna conseguenza. Ma chi ha fatto questa proposta ai dipendenti Gedi? A rispondere è un’altra ex lavoratrice: “L’azienda e i sindacati”.
Gli indagati in totale sono105, come ha svelato in passato il quotidiano La Verità, che avrebbero accettato la proposta da parte dei vertici del Gruppo, di sindacalisti e anche di dipendenti dell’Inps compiacenti. In questo modo, recitano le carte dell’inchiesta, “avrebbero mandato in prepensionamento, in un disegno criminoso e grazie ad artifizi e raggiri, poligrafici manager, segretarie e alcuni giornalisti”. Il servizio di Fuori dal coro, ha anche puntato il dito verso l’ex amministratore delegato di Gedi, Monica Mondardini, che sarebbe tra i maggiori sospettati di essere a capo dell’intera operazione, prima del passaggio societario da De Benedetti a Elkann. Ma le colpe dei “padri” potrebbero ricadere sui “figli”, o meglio su chi ha acquisito l’azienda in seguito, visto che la Procura ha già sequestrato 30 milioni di euro dai conti della holding. Non solo, perché l’inviata Raffaella Regoli si spinge a sentire telefonicamente l’allora presidente dell’Inps, Tito Boeri, sul quale pende l’ombra di un conflitto di interessi, visto che in quel periodo entrò a far parte della Fondazione De Benedetti. Ma lui ha allontanato i dubbi: “Mi sono dimesso da tutte le cariche della Fondazione quando ho accettato di diventare presidente Inps”.
Ma intanto per i dipendenti la situaizone è a tratti drammatica: “Siamo andati in pensione, ma mica lo abbiamo fatto da soli. La mia azienda (il Gruppo Espresso-Repubblica, ndr), come molte altre, aveva interesse a liberarsi di lavoratori con stipendi pesanti e per questo aveva richiesto lo stato di crisi. Mi dissero che avevo i requisiti per andare in prepensionamento, ne parlai con un alto dirigente del gruppo e l’Inps approvò la pratica. Io mi sono fidato e me ne sono andato tranquillo" ha raccontato Giorgio Morotti, ex dipendente del gruppo Espresso al Fatto Quotidiano. Lui, come un altro centinaio di ex dipendenti Gedi, si è trovato accusato dall’Inps, che gli ha bloccato la totalità della pensione e ora vuole indietro il pregresso per diverse centinaia di migliaia di euro. “Mi hanno sospeso da un giorno all’altro la pensione e ora vogliono indietro 13 anni. Ho un affitto da pagare e un po’ di soldi da parte. Per un po’ andrò avanti così, poi non lo so. Vivevo di una pensione da 1.700 euro al mese, non ho beni intestati. Più che mettermi in galera non so cosa potrebbero farmi".