“Bianca”. No, non è il nome della prima presidente della Repubblica donna, bensì l’aggettivo qualificativo diventato un’autentica litania pronunciata dal Presidente della Camera Roberto Fico durante il primo giorno di votazioni per il nuovo inquilino del Quirinale.
Un primo scrutinio che ha visto una maggioranza di schede intonse all’interno delle urne. E se l’allora presidente (o presidenta?) Laura Boldrini sette anni fa ci aveva abituato a un ritmo incessante, questa volta Fico è partito lento, censurando i nomi scritti sulle nulle.
Per la prima volta nella storia della Repubblica c’erano le mascherine, gli apparecchi per sanificare le mani prima di entrare nel catafalco, i time-out tecnici per pulire l’aula tra un turno di grandi elettori e l’altro e perfino il drive-in.
La giornata di voto è iniziata però venti minuti prima del via ufficiale (15.09) quando Ugo Cappellacci di Forza Italia si è presentato in ambulanza proprio al drive-in per il voto dei positivi al coronavirus. E se Enrico Mentana, nei primi chilometri della sua maratona, ha taciuto il nome per privacy, Monica Maggioni su Rai 1 l’ha intervistato in diretta, tramite Whatsapp.
In aula a dare il via al voto è stato Umberto Bossi, arrivato a Montecitorio in carrozzina, ma con abito e cravatta dei giorni migliori. Il verde padano, quello dei tempi delle canottiere, risplendeva persino sulla pochette nel taschino. Il Senatur si è poi intrattenuto nel cortile, con l’immancabile sigaro, tra giornalisti e vecchi amici-avversari come Pier Luigi Bersani.
Tra incontri politici e cosiddette “chiame”, c’è stato chi ha deciso di non entrare nemmeno per votare. Ma non per questioni di calcolo e di attesa, bensì perché, da non vaccinata, non si è voluta sottoporre nemmeno al tampone. La senatrice Sara Cunial, autentica idola per il mondo free vax (non chiamiamoli no vax che si arrabbiano), si è presentata davanti ai microfoni dicendo che avrebbe querelato chiunque non l’avesse fatta entrare. Ma comunque non l’hanno fatta entrare. Per votare serve “solo” in green pass base, ovvero quello che si ottiene anche da tampone, tant’è che gli altri no pass sono entrati. Ma la Cunial no e, anzi, ha rilanciato tramite il suo avvocato ventilando l’annullamento delle intere elezioni per “votazione imperfetta”, visto che è stata respinta al seggio drive-in dove votano i positivi senza green pass.
Dopo quasi cinque ore di voto, il presidente Fico ha iniziato a leggere le schede. Il quorum, posto a 672, non è stato ovviamente raggiunto, ma sono stati prouniciati i primi nomi destinati a fare simpatia (o a provocare imbarazzo).
Da chi ha scelto di buttarsi sullo spettacolo con il conduttore di Sanremo Amedeo Sebastiani, in arte Amadeus, o anche Alfonso Signorini, Giuseppe Cruciani e Giorgio Lauro, fino a chi ha scelto la cultura con Alberto Angela. Quattro voti per il giornalista Bruno Vespa, uno invece per lo scrittore Fulvio Abbate e anche per gli ex calciatori e allenatori Dino Zoff e Carlo Mazzone.
Tanti i voti dispersi tra politici di vari schieramenti, personaggi sconosciuti oppure simbolici come i 7 voti del senatore De Martini, rimasto bloccato in Sardegna poiché senza certificazione verde rafforzata.
Nel totonomi che (teoricamente) conta il professor Paolo Maddalena, figura scelta dagli ex grillini di Alternativa, ha totalizzato 36 voti; 16 invece quelli del presidente uscente Sergio Mattarella, 9 voti per il ministro Marta Cartabia e Roberto Cassinelli, 7 per Silvio Berlusconi e Antonio Tasso del Movimento Italiani all’Estero. Umberto Bossi ha totalizzato sei voti, tre quelli raggranellati dal comunista Marco Rizzo, due dall’ex premier Giuseppe Conte, fino al presidente della Lazio Claudio Lotito e al semplice “Craxi”, senza indicare quale. La prima giornata quirinalizia è stata lunga, ma la notte forse ancor di più, tra incontri, messaggini e telefonate.
Oggi pomeriggio si torna a votare: chi tradirà chi? Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, specie durante le elezioni per il presidente della Repubblica. I “franchi tiratori” sono dietro l’angolo, così come i nomi casuali letti dal presidente Fico. La speranza è che la politica trovi la quadra entro la fine della settimana, poiché chiedere a Mattarella di restare, così come fu per Napolitano, sarebbe la dimostrazione che questa classe dirigente non riesce neanche ad accordarsi su un nome “nuovo” e più futuribile rispetto a quello di chi è già rimasto in carica per sette anni. E in quel caso l’unico commento sarebbe… bianca. In tutti i sensi.