Da qualche giorno impazza sul web la storia di Alfredo De Marco, un bimbo di appena 3 anni affetto da una grave malattia. L’epatoblastoma è un male che non si augura a nessuno, tanto meno ad un bambino cosi piccolo. A Siderno, provincia di Reggio Calabria, dove il bambino vive, si sono mossi tutti, perfino il parroco. E ci mancherebbe, direte voi. Davanti ad una tragedia simile tutti saremmo mossi a compassione, me compreso. Io, però, parlo di social e di influencer e di oche, forse la cosa più lontana dal tema che in questione. Ma cerchiamo di arrivarci con chiarezza. La mamma del bambino, Maria Raffaella Crudo, ha aperto su GoFundMe una raccolta fondi per 1 milione di euro affinché il suo bambino possa accedere a delle cure sperimentali nell’ospedale Goustave Roussy a Villejuif, Parigi. Il testo caricato sul famoso sito di donazioni spontanee è scritto bene, fin troppo bene, e non sembra essere scritto dalla madre, ve ne cito un pezzetto: “Solo la Francia può aiutarmi a tentare l’impossibile per darmi la speranza, ma tutto ha un costo, in questo caso 1 milione di euro. Sono spese che i miei genitori non possono sostenere, ma lottano ogni giorno per capire come fare”. Ora, per i meno esperti, vi ricordo che le cure sperimentali, in Italia come in Europa, non si pagano ma vi si accede entrando in dei gruppi (database) o programmi per pazienti affetti da varie malattie.
E già qui qualcosa non torna, ma proseguiamo. Dopo un prologo del genere, tendenzialmente, io mi fiderei pochissimo di una raccolta cosi fumosa, ma qui arrivano i deus ex machina che aiutano la famiglia: gli influencer. In soli 3 giorni sono stati raccolti quasi 700mila euro, sono praticamente più di 200mila euro al giorno. E no, non è una magia o il buon cuore delle persone, questo è il mio campo: gli influencer e la macchina pericolosissima dei social. Succede che nell’arco di pochissimo molti account di persone residenti a Siderno iniziano a mandare messaggi (tutti uguali, identici, copia e incolla) a moltissimi influencer del panorama italiano, pregandoli di dare il loro supporto in questo vicenda importantissima. Il problema è che moltissimi l’hanno fatto, in buona fede dicono loro, perché sono un po sciocchini, dico io. Se, ad oggi, dopo tutto quello che è successo nel mondo dei social, non ti informi e fai da amplificatore, sei un coglio*e. Lungi da me non usare la propria voce per aiutare chi ha bisogno, e anzi ben venga, ma qui qualcosa non quadra dal principio. Se chiedessero a me di urlare a gran voce il mio sostegno ad una campagna GoFundMe io mi informerei, ma non superficialmente, andrei proprio a grattare il fondo per capire cosa sto comunicando ai miei follower e se quello che dico sarà credibile, vero, chiaro. E io di followers ne ho 110mila, qui parliamo di gente da milioni di seguaci. Ecco, qui non l’ha fatto nessuno. Se ci sono riuscito io in poco tempo, a capire che non esiste nessuna sperimentazione clinica per questo tipo di tumore, in quello specifico ospedale in Francia, poteva farlo chiunque. Anzi, non esiste nessuna sperimentazione sugli umani, al momento, nel mondo. Quindi a chi stiamo donando e perché? Se dapprima la mamma del bambino era super attiva sui social, repostando i vari influencer, ora silenzio, profilo privato, sparita. Quello che invece fa sorridere è che il web è invaso di persone che, sempre da Siderno, invadono qualsiasi pagina sostenendo di essere conoscenti, amici o perfino parenti del bambino è che invitano a continuare a donare, in maniera fin troppo aggressiva. Ora, Siderno conta 17584 persone, un paese piccolo ma non minuscolo, possibile che tutti conoscano tutti? Possibile che tutti siano collegati in qualche modo a questo bambino? La mia bravissima collega, Charlotte Matteini, si è presa la briga di contattare l’ospedale tirato in ballo in questa vicenda e, pensate, nessuno sa niente, ma proprio niente di niente. Potete approfondire questo nel suo articolo che spiega per filo e per segno cosa hanno risposto le varie strutture ospedaliere coinvolte. Ora però il tema grave che io vorrei sottolineare è sempre lo stesso. Nell’arco di 12 ore sono usciti come funghi video di influencer, ex tronisti, imitatori e addirittura cuochi del web che si scusano di aver pubblicizzato questa storia senza averci capito molto, e sono mortificati dell’errore commesso che, diciamolo, nuoce alla loro popolarità tanto quanto alle raccolte fondi reali e motivate. Possibile che nessuno si sia accorto di nulla? Possibile che nessuno abbia aperto Google per capire di cosa stessimo parlando? Possibile che basti un messaggio da uno sconosciuto su una storia al momento fallace per muoverci a compassione tanto da pubblicare video strappalacrime con tanto di link per donare? Possibile che questa gente, che guadagna postando cose online, non abbia un manager, un’agenzia, qualcuno che gli dica “ma sei proprio sicuro di questa storia?”. La risposta è no, ve lo suggerisco io. Io lo trovo imbarazzante, pericoloso, al limite della legalità, perché diciamolo, qui sfioriamo la frode. Mentre scrivo, il sito GoFundMe non ha ancora chiuso la raccolta fondi, mi auguro che almeno loro saranno sopra le parti e - in caso - restituiscano i soldi a chi ha donato sperando di far del bene. Torno a quello che sostengo da sempre, quando si è cosi seguiti si ha una responsabilità, non dico dire sempre il vero, ma di avvicinarsi il più possibile, altrimenti facciamo la fine dei panettoni di Natale, delle uova di Pasqua o di Edoardo Costa. Ve li ricordate tutti, vero?