Giovani, europeisti e con la voglia di cambiare il mondo, a partire dal proprio. Sono quelli di Volt - il nome è ispirato all’unità di misura del potenziale elettrico - movimento politico progressista e paneuropeo, il cui obiettivo è trasformare la politica in Italia e in Europa. Qualcuno lo chiama il partito dei millennial, i nati tra il 1980 e il ’98, la generazione Y. Digitalizzati, aperti mentalmente, precari, consumatori responsabili ma cresciuti in una società capitalista e orientata alla performance, vogliono un’Europa federale, più equa e sostenibile, progressista, che promuova giustizia sociale, innovazione e protezione dell’ambiente. In Italia hanno proposto un referendum per l'equiparazione delle unioni civili al matrimonio e a fine giugno saranno al Pride di Budapest. Vogliono avere una voce. Idealisti o volenterosi (cit) per davvero? “Sembra l’inizio di una barzelletta, magari. Un italiano, un tedesco, una francese sono a Londra e vivono la Brexit. Il desiderio è quello di unire per davvero l'Europa per le sfide globali che ci troviamo ad affrontare nel nostro tempo. Ed è da qui che nasce Volt”, ci racconta Federico Giuseppe Amoruso, attivista del movimento dal 2018 e Coordinatore della Lombardia. Volt Europa è stato infatti fondato nel 2017 da Andrea Venzon con il supporto di Colombe Cahen-Salvador e Damian Boeselager. Oggi è presente in trentadue Stati, compresi alcuni che non fanno parte dell’Unione Europea, come Albania, Svizzera, Regno Unito, Ucraina e Kosovo. Ha inoltre diverse articolazioni nazionali che ne rispettano lo statuto, il programma, in Italia, Germania, Spagna, Svezia, Danimarca, Bulgaria, Olanda, Francia. Perché gli stati, soltanto collaborando concretamente possono essere all’altezza delle sfide contemporanee. Nel nostro paese la rete è di circa cinquecento attivisti volontari tesserati. Considerando anche i contatti che si attivano durante le campagne, si arriva a circa duemila persone. Gli eletti, a livello locale, municipale o cittadino, da Verona a Matera, sono una ventina.

Di fatto, Volt, è un partito politico. Qualcuno potrebbe pensare che somigli al Movimento 5 Stelle della prima ora, soprattutto per la convinzione che la politica dal basso funzioni e che tutti possano farla ma qui la storia sembra diversa, non c’è nessun Beppe Grillo dietro. “Noi crediamo nei partiti ma vogliamo anche restituire il potere ai cittadini, per questo ci teniamo a mantenere la doppia dicitura: siamo sia un movimento che un partito. Ci piace lavorare dal basso, proporre idee dall’esterno e supportare iniziative dei cittadini europei. Abbiamo proposto, con il comitato UGUALI! quello per il matrimonio egualitario e raccogliamo firme anche per una legge popolare che vuole inserire il diritto all’abitazione in Costituzione. Lavoriamo tanto a livello locale, dove ci sono sensibilità e priorità diverse”. Il movimento si batte anche per la legalizzazione del possesso e della coltivazione della cannabis per uso privato e ricreativo e per il potenziamento dei presidi regionali per la fornitura di cannabis terapeutica. “La direzione del governo con il Decreto Sicurezza è proibizionista e assolutamente retrograda rispetto al resto d’Europa e del mondo”, tanto che la legalizzazione della Cannabis è tra gli obiettivi di programma europei. Nel programma di Volt Europa e di Volt Italia, l’equità sociale e i diritti delle persone trovano spazio in nome di una società che “non lasci indietro nessuno”. L’intenzione è dimostrata anche dal fatto che ogni ruolo è ricoperto da una donna e da un uomo con gli stessi poteri. “Siamo un partito femminista intersezionale e vogliamo rappresentare la diversità di genere. Inoltre è un modo per essere equi e stimolare le varie diversità di opinioni”, spiega Federico.

A ricoprire il ruolo di co-presidente di Volt Europa è invece l’italiana Francesca Romana D’Antuono, trentasette anni, farmacista, con un passato nel marketing, eletta dai membri di tutta Europa e oggi al secondo mandato. “Sono stata eletta per la prima volta alla presidenza — anzi, alla co-presidenza, perché appunto c’è sempre una leadership doppia — di Volt Europa quattro anni fa. Nel 2021 ho avuto un bambino. Quando ho saputo di essere incinta ho pensato: ok, adesso ho una responsabilità vera rispetto al mondo in cui nascerà questa persona. Quindi ho lasciato il lavoro, mi sono candidata alla presidenza, ho vinto, e questa è diventata la mia occupazione a tempo pieno. Sono stata una delle prime persone che Volt ha potuto permettersi di pagare. Ora, a livello europeo, siamo circa venti persone stipendiate. È importante dal punto di vista valoriale: la politica non può essere solo di chi può permettersi di lavorare gratis”. Francesca è la classica millennial che ha studiato all’estero, con la disillusione per la sinistra e per come funziona la politica in Italia. Si è avvicinata al movimento nel 2019 come attivista e non se ne è più andata. Molto attenta ai diritti, di tutti, ha appena presentato, insieme ai colleghi, l’iniziativa del referendum per il matrimonio egualitario, proprio nel mese del Pride. “Quasi dieci anni fa abbiamo festeggiato un traguardo importante: l’approvazione della legge Cirinnà che ha introdotto le unioni civili in Italia. Tuttavia, da allora, i progressi sono stati limitati e oggi dobbiamo vigilare affinché non si compiano passi indietro, soprattutto considerando l'attuale maggioranza di governo. La battaglia per l'equiparazione delle unioni civili al matrimonio è anche la mia. La porto avanti per mio figlio, affinché cresca in un Paese dove possa esprimere liberamente la propria identità e amare chi desidera, senza timori o discriminazioni. Secondo un sondaggio Ipsos del 2023, il 61% degli italiani è favorevole al matrimonio egualitario, mentre il 64 sostiene il diritto all'adozione per le coppie LGBTIAQ+. Questi dati dimostrano che la società italiana è pronta per un cambiamento significativo. Il referendum promosso dal comitato UGUALI!, sostenuto da Volt Italia, ha già raccolto quasi 350.000 firme in un mese. Puntiamo a raggiungere e superare le 500.000 firme entro agosto, dando voce a tutte le persone che riconoscono l'importanza di questa battaglia per l’uguaglianza. Questa non è solo una questione politica, ma una questione di diritti umani fondamentali. È il momento di agire insieme per costruire un'Italia più giusta e inclusiva per tutti”.

E l’Italia fa parte dell’Europa. Volt è il popolo europeo che ha voglia di farsi sentire, che si riconosce nei valori dei diritti umani, del sostegno sociale, della crescita inclusiva. “È la risposta a un’Europa in crisi, dove l’estrema destra sta crescendo. Volt vuole creare un circolo virtuoso partendo dalle migliori pratiche europee. Noi immaginiamo un vero governo europeo, ed è scritto nel nostro programma. Alle europee del 2024 abbiamo presentato un unico programma in tutti i Paesi in cui ci siamo candidati. L’idea è duplice: da un lato unire le persone, creare una cultura comune, formare relazioni; dall’altro riformare le istituzioni europee, che oggi sono opache, vecchie e poco democratiche. Vogliamo una Costituzione europea, un governo eletto dai cittadini, una Corte Suprema che garantisca i diritti fondamentali, e vere elezioni paneuropee. Voglio poter votare chi mi rappresenta, anche se è spagnolo, tedesco o olandese. Non per confini, ma per valori”. “Oggi - spiega la copresidente - la Commissione non può essere messa in discussione, non può cadere e questo è fortemente antidemocratico. Noi mandiamo lì delle persone che poi possono anche non fare niente per cinque anni. Lo stesso vale per il Parlamento europeo. Il Parlamento dovrebbe essere il guardiano del rispetto dello Stato di diritto in Europa”. Volt ha cinque europarlamentari, tre in Germania, due in Olanda, che lavorano come un gruppo unico e fanno parte del gruppo Verdi/ALE. Nela Riehl è presidente della Commissione Cultura e Istruzione (Cult) e Damian Boeselager primo vice-presidente della Commissione Affari economici e monetari. Kai Rasmus Tegethoff è coordinatore del gruppo Verdi/ALE nella Commissione Trasporti e Turismo (TRAN). Anna Strolenberg si dedica soprattutto a temi come l’asilo e le migrazione. Reinier van Lanschot, fondatore di Volt Paesi Bassi nel 2018 e co-presidente di Volt Europa dal 2019 al 2023, porta avanti al Parlamento gli ideali di Volt, credendo in un’Europa giusta e sostenibile e che per funzionare deve essere riformata. “La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, quando è successo l'orribile massacro del 7 ottobre, ha espresso supporto a Israele, come forse in quel momento era giusto, ma oggi su quel che invece è accaduto e accade a Gaza non c’è un’espressione comune. È inaccettabile. Per cui è importantissimo lavorare su una politica comune e lo stesso discorso vale per l’Ucraina”. Quello che manca all’Europa, per il movimento, è proprio la coesione, l’agire comune e la politica estera ne è la più evidente espressione. “Serve una voce unica europea. Oggi ogni Paese dice la sua, manca coerenza. Ogni euro speso per armarci è un euro in meno per educazione, transizione ecologica, welfare. Ma allo stato attuale la difesa europea è inefficiente. Noi vogliamo un vero esercito europeo con funzione deterrente. Abbiamo votato a favore di Rearm al Parlamento con dei caveat: i fondi devono venire dagli extra-profitti delle aziende, non dai servizi pubblici o dai più deboli. Non è questione di non supportare l’Ucraina: è questione di avere un budget europeo vero, con fiscalità comune, salario minimo europeo, welfare europeo”. Nel programma europeo del movimento sono inserite questioni sociali importanti, come l’educazione, l’accesso equo alle università, agli asili. E l’equità è quel che vogliono anche per la mobilità sostenibile, con un’infrastruttura ferroviaria integrata, accessibile e ad alta velocità. Quanto alla politica migratoria invece “siamo per una politica migratoria più umana e intelligente. Anche da un punto di vista economico, l’immigrazione porta innovazione e risorse”. Mentre ci parla è in Albania con la loro eurodeputata per visitare i centri di detenzione dei migranti. Il 28 giugno, invece, sarà al Budapest Pride, “è importante battersi per i diritti in tutta Europa”. L’obiettivo di Volt non è vincere le elezioni, ma cambiare le cose. Ma per cambiare la cose non bisogna vincere le elezioni? “Le elezioni sono un mezzo. In alcuni Paesi, come l’Italia, è difficilissimo anche solo presentarsi, perché non esistono finanziamenti pubblici ai partiti. Serve essere milionari per affrontare la burocrazia. Questo crea un circolo vizioso: sempre le stesse persone da trent’anni. In altri Paesi, come l’Olanda, è diverso: puoi presentarti, poi i cittadini scelgono se votarti. Questo vuol dire che viviamo in democrazie molto diverse. Volt resta un movimento perché anche se non riusciamo a partecipare alle elezioni, continuiamo a esserci con le proteste, con l’attivismo, con la presenza nella società”.
