Secondo quanto riportato nell’esposto di Ferrovie dello Stato (Fs), depositato ieri alla Digos di Roma, dietro il caos ferroviario che da cinque giorni paralizza 396 treni in giro per l’Italia potrebbe esserci una regia occulta. Sì, avete capito bene: sabotaggio. Politico, magari pure interno. Insomma, un complotto. Lo scenario è degno di un thriller cospirazionista: linee elettriche disalimentate, rotaie rotte, deviatoi in tilt. Sempre negli orari più delicati, giusto per fare più danni possibili. Roba che, come fa notare l’azienda di Donnarumma, sembra pianificata a tavolino, con un preciso timing per massimizzare il caos. La scusa della “negligenza” reggerebbe poco, sostengono, perché dopo i disastri del passato, Fs si sarebbe attrezzata con controlli rigorosi, monitoraggi, e – quando serviva – licenziamenti esemplari per chi sbagliava. Quando il guasto si trasforma in un pattern, qualcuno inizia a farsi delle domande: perché succede così spesso e sempre nei momenti più caldi per il traffico? È malafede, semplice casualità o, come suggerisce il passaggio più importante dell’esposto, “un disegno mirato per destabilizzare il gruppo Fs e i suoi vertici, con implicazioni politiche”?
Per chi grida al sabotaggio non sarebbe neanche la prima volta. Solo a ottobre, a Roma, un chiodo piantato male ha mandato in tilt la rete ferroviaria della capitale. Adesso, invece, siamo davanti a un “assalto” che si concentra sul gioiello della corona: l’alta velocità. Milano, Roma, Napoli: i gangli nevralgici dell’Italia che corre vengono toccati da incidenti ravvicinati, quasi tutti negli orari strategici del mattino o della sera. Gioielli, per altri, di Matteo Salvini, che sulle grandi opere e l’innovazione ferroviaria ha puntato negli ultimi due anni. A questo punto il gioco delle parti è inevitabile: il caos diventa un’occasione per attaccare politicamente il ministro, reduce dai soliti inviti a dimettersi. Che si tratti di un vero complotto o di incompetenza, poco importa. L’unica certezza è il disagio. Tra un binario fermo e un pendolare furioso, il danno vero – politico e concreto – si sente sui treni, quelli ordinari, che nessuno riesce più a far correre come si deve. Nel frattempo, nel teatro della politica italiana – no, non il Parlamento ma X – scoppia la rissa tra Salvini e Renzi. Il ministro risponde alla richiesta di Renzi di dare le dimissioni: “Dopo decenni di mancati investimenti della sinistra su treni e ferrovie, Renzi chiede le dimissioni del ministro Salvini. Ridicolo! Ma non doveva sparire dalla politica?”. Ma il leader di Italia Vive gli risponde immediatamente: “Sei stato al governo più tempo di me, buffone. Da quando tu fai il ministro, è un ritardo continuo. Ma perché non ti dimetti come ti stanno chiedendo migliaia di cittadini?” Adesso la palla passa alla Procura. Noi, nel dubbio, pensiamo sempre più allo smart working permanente: almeno il treno lo guarderemo passare dal balcone.