C'era un ragazzo che come lui. Avrebbe potuto farselo mettere in musica dal concittadino Gianni Morandi, quel post piazzato su Instagram nel pieno delle votazioni in bianco per il nuovo presidente della Repubblica. Perché in fondo il senso del messaggio che Pierferdinando Casini ha voluto veicolare, rompendo con quella foto in bianco e nero la lunga inattività dell'account, è proprio questo. Che lui per la politica ha oggi lo stesso entusiasmo di quando era giovane. Messaggio dirompente, perché dopo aver preso atto del testo si scatena la ridda meta-testuale fatta di domande d'impossibile risposta. Davvero Pierferdy Casini è stato giovane? E se sì, allora quando è stato che è diventato anziano? E qual è stato il tempo di mezzo e di maturazione, per questo eterno democristiano passato attraverso i terremoti che hanno squassato la vita pubblica italiana nella traiettoria dalla Prima alla Terza Repubblica, e senza procurarsi nemmeno un graffio?
Davvero il soggetto è inclassificabile e ci se ne rende conto quando si provi a definirlo partendo da parametri semplici come il binomio gioventù/anzianità. Un uomo buono per tutte le stagioni, ma con preferenza per le mezze. E anzi sarebbe più corretto dire che di sostanza e non di uomo si tratti. Una sostanza che si spande o si concentra a seconda delle opportunità, così mostrando la straordinaria capacità di adattamento e auto-riproduzione. Perché non è questione di “dove lo metti, sta”, ma piuttosto di “sta benissimo ovunque ci sia da mettersi”. E lui ci si piazza con perfetta aderenza. Un'entità liquida perfettamente in linea con lo spirito di un tempo che pretende leader adamantini ma infine premia figure sbiadite, specchi deformanti in cui l'italiano medio possa riflettersi e sembrarsi gradevole. Dimmi come ti piaci e ti ci mostrerò.
E davvero è una scocciatura dover usare la terrificante categoria di liquidità elaborata Zygmunt Baumann, che fu anche un finissimo pensatore prima che lo cogliesse il ghiribizzo di convertirsi nel Fabio Volo delle scienze sociali. Ma fatto sta che Pierferdy è proprio così: liquido. Come acqua che scorre, in quasi tutte le sue espressioni. Talvolta reflua e talvolta irrigua. Mai sorgiva, ché l'originalità non gli s'addice, né torrenziale ché l'impeto men che meno. E sempre come l'acqua, Pierferdy cerca i contenitori che gli diano forma. Possibilmente anche un coperchio che impedisca il passaggio allo stato gassoso. Si insinua, cola, si disperde in mille rivoli ma poi si ricongiunge e si compatta. Altro che resilienza, ciò che conta è la recipienza. E adesso che l'eterno Pierferdy ha individuato come prossimo approdo il recipiente massimo dell’italica architettura istituzionale, il Quirinale, eccolo lì a lanciare su Instagram un messaggio anodino, aggirante come flusso acquoso che si biforca a contatto con l’ostacolo. L'uomo che non è mai stato giovane e per questo non potrà mai essere vecchio fiuta l'occasione e ci crede. Assiste all'impantanamento di Super Mario, il leader che credeva di manovrare tutti e invece ha scoperto d'essere lui quello manovrato e imbrigliato. E capisce che questo può essere il tempo suo, un tempo da uomini senza qualità. Non imbrigliabili allo stesso modo in cui non si può imbrigliare l'acqua. Si può soltanto darle una recipienza. E poi travasarla da un contenitore a un altro. Che sia il vasto sistema di vasi comunicanti dell'ex democristianità come l'ultimo residuato post-comunista. O che sia la battaglia sui valori. Condotta dapprima sul fronte del Family Day, quando i leader che difendevano il sacro valore della famiglia componevano la triade Berlusconi-Fini-Casini (tre curricula coniugali che potrebbero battersela con quello di Brooke Logan di Beautiful), per ritrovarsi una quindicina di anni dopo sul fronte di chi propugna i diritti delle famiglie arcobaleno. Va bene tutto, purché sia un recipiente. E lui ci si mette. Compiendo il
capolavoro di essere ormai etichettato come un candidato del centro-sinistra, lui da sempre democristiano di destra. Un capolavoro del non sense. Comunque vada a finire, ha già stravinto. Versarlo dentro il Quirinale sarebbe soltanto un dettaglio.