Poco a poco il leggero imbarazzo si trasforma in irritazione. Anche evidente, riferiscono i testimoni capaci di reggere fino alla fine. Succede infatti che la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sembri Peter Sellers nella sequenza iniziale di Hollywood party. Di levarsi non vuol proprio saperne. E di tacersi men che meno. Da seconda carica dello Stato con potenziale facoltà di sostituire la prima in caso di emergenza, la presidente del Senato si allarga pure troppo. Non smette di parlare, sfoggiando una magniloquenza che con lo scorrere dei minuti si converte in un assolo di trombone. E quando allo scoccare del quarto d'ora di orologio la presidente sciorina la formula “Mi accingo alle conclusioni”, gli stoici dalle energie ormai esaurite osservano pietosi i morti di sonno portati via in barella. Per la cronaca, il discorso viene cronometrato in minuti 15 e secondi 40. Un esercizio di estenuazione in ascolto per il quale sarebbe stato necessario essere preparati. E invece viene proditoriamente somministrato agli ignari presenti. La circostanza si è consumata in occasione dell'ultimo scambio di auguri fra il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e le alte cariche dello Stato. Ultimo in ordine di tempo ma anche in assoluto, dato che il presidente uscente ha tenacemente respinto ogni sollecitazione a concedere il bis, avanzata da chi sa che un minuto dopo la sua uscita di scena potrà ufficialmente scatenarsi il gorillaio. Dopo di me arrivi pure Tarzan. E quand'anche avesse avuto un barlume di tentennamento, un minimo di pietà per la povera patria più che per i suoi rappresentanti in politica, lo sfoggio di magniloquenza della presidente glielo avrà fiammato. Sorbirsi un altro discorso di auguri di fine anno pronunciato da Alberti Casellati? Ma anche no. Se lo infligga chi avrà l'onore di salire al Quirinale.
Quel conflitto unilaterale – Del resto non deve essere stato un caso che tanta esibizione di logorrea sia avvenuta in presenza del capo dello Stato in scadenza. Perché stando alle cronache dei retroscenisti (animatori di un filone giornalistico ormai prossimo al realismo magico per retorica e contenuti) fra i due è stato in corso fino all'ultimo un conflitto sotterraneo. O per meglio dire, tale conflitto sarebbe stato alimentato dalla presidente del Senato in via del tutto unilaterale. Perché se mai qualcuno dovesse avvisare Mattarella della situazione, questi reagirebbe ponendo l'interrogativo in formula sicula: “Ma veru ci l'havi cu mia?”. Questione di avere una visione del mondo tutta propria. E in quella visione del mondo costruita da Alberti Casellati il capo dello Stato l'avrebbe in antipatia. Ciò che da parte di lei comporta un ricambiare, in obbedienza a un elementare nesso causa-effetto. Il problema è che, dato l'effetto (l'antipatia di ritorno da parte di Alberti Casellati, con dispettucci annessi come le logorree di fine anno), mancherebbe la causa (ossia, l'antipatia in andata da parte di Mattarella). E in questo avvitamento di effetti privi di cause e di rappresentazioni autistiche della realtà si alimenta una catena degli equivoci dagli effetti grotteschi.
Per esempio, la vicenda delle vacanze estive spese presso la foresteria dell'Aeronautica Militare di Alghero, riferita in un articolo del Foglio firmato da Salvatore Merlo. Succede che la presidente del Senato disponga di passare lì le ferie, ma che poi il capo dello Stato faccia altrettanto. E dunque piano ferie saltato o comunque da riscrivere, e guai a dirle “ubi maior” ché l'incazzosità dell'Alfa-femmina rischia di andare fuori binario. Sia come sia, a quel punto Alberti Casellati si convince che Mattarella abbia organizzato le vacanze da quelle parti e in quel periodo per il solo gusto di rovinarle i programmi agostani. Una visione delle cose in cui le prime due cariche dello Stato si scambiano dispetti da Asilo Mariuccia. Il fatto è che lei ci crede e si comporta di conseguenza. Facendo della competizione con Mattarella una questione di pratica quotidiana che arriva a toccare espressioni radicali. Come per esempio la gara di velocità con autoscontro che si verifica fra le rispettive scorte. Accade a settembre 2020 quando i due presidenti si recano a Vo' Euganeo (dunque in casa Alberti Casellati) per un'iniziativa pubblica. Il protocollo prevede che, in uno dei luoghi simbolo della tragedia da Covid, Mattarella debba entrare in scena per ultimo, preceduto dalla presidente del Senato. Che però viaggia in ritardo e perciò frusta la sua scorta come farebbe un fantino un po' troppo su di giri. C'è da sorpassare, non è ammessa alternativa. Sicché va a finire che in prossimità del traguardo un'auto della scorta-Alberti Casellati speroni un'auto della scorta-Mattarella. E a fare le spese di quella contesa fra berline blindate è un povero pensionato, che viaggia in corsia opposta su una Panda e per evitare la vettura in fase di sorpasso è costretto a gettarsi fuori strada. Per fortuna l'uomo, a parte lo spavento, non riporta conseguenze dall'incidente. E forse è soltanto la tragedia sfiorata a evitare che fra i membri delle due scorte parta una scazzottata generale da Spaghetti Western, che in fondo sarebbe stata il degno suggello di cotanta sequenza. Coi due presidenti a guardarsela fuori dal mischione, uno dei due stranito più che mai e l'altra convinta fosse soltanto l'ennesimo episodio di una guerra personale.
Scuola di solennità – Il dualismo con Mattarella è soltanto una fra le tante pieghe del personaggio. Ma in queste settimane di cambio della guardia al Quirinale è anche la più significativa, dato che la Alberti Casellati medesima, a più riprese, è stata data fra le figure quirinabili. E nel profondo del cor lei ancora un po' ci spera, nonostante il centro-destra compatto non ce la voglia piazzare manco per niente. E in fondo quel discorso di fine anno pareva un po' la versione Beta di un prossimo Capodanno italiano. Con la presidente promossa a prima carica dello stato e pronta a darci una spruzzata di sopore facendoci perdere il brindisi di mezzanotte. Orpo, siamo già nel Duemilaventitot e non ce ne siamo accorti. Il fatto è che la senatrice Alberti Casellati (Vien dal Mare, come a più riprese è stato satireggiato a partire dal doppio cognome) questo tic per il discorso che spazia sui massimi sistemi dicendo cose minime se lo porta in giro come uno strumento di lavoro. Proprio una retorica presidenziale, quel dire cose banali e di massimo compiacimento per il maggior numero possibile di persone che se fossero pronunciate da chicchessia sarebbero da Premio GAC, ma che essendo pronunciate dalle massime cariche dello Stato prendono una verniciata di solennità. Per dire, basta ripassare in rassegna le parole proferite dalla presidente lo scorso novembre in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico presso l'Università di Sassari: “È importante che gli atenei italiani abbiano sempre di più un respiro europeo e internazionale: per valorizzare e mettere a frutto le competenze dei nostri giovani e per contribuire in modo sostanziale al rilancio economico e sociale del Paese”. Ma dai?
Il numero “Inaugurazione dell'anno accademico” è fra i preferiti nel repertorio della presidente. Ma mai quanto il tormentone “centralità del parlamento”. Lo sfodera ogni volta che può, a cominciare dal discorso di insediamento nella carica pronunciato a marzo 2018. Con repliche sparse a gennaio 2019 in occasione della Festa del Tricolore e a dicembre 2019 quando prende la parola a proposito del disegno di legge sulla riduzione dei parlamentari. A maggio 2020 in piena tempesta da Covid e Dpcm del governo Conte 2, e poi ancora a settembre 2021 parlando del Pnrr in occasione di un convegno tenuto in Palazzo Vecchio a Firenze. Un mantra per l'avvocatessa specializzata in Diritto canonico e in cause di annullamento matrimoniale presso la Sacra Rota. “Il matrimonio non è un giro di valzer”, è una delle frasi a lei attribuite e da cui traspare quel suo attaccamento ai valori tradizionalisti. Che trovano altre espressioni nelle posizioni antiabortiste e anti-unioni civili, ma pro-case chiuse. Una campagna, quest'ultima, condotta col sostegno di uno fra i massimi intellettuali italici degli anni Dieci: l'ex senatore Antonio Razzi.
Il valore della famiglia – E allora, nel paniere personale del tradizionalismo, poteva mica mancare il valore della famiglia? Giammai, come del resto non manca di sottolineare il quotidiano cattolico Avvenire quando a marzo 2018 si tratta di presentare ai lettori la neopresidente del Senato. “Impegno per famiglia e sicurezza”, si legge nel titolo. Quanto a sicurezza, non sapremmo dire. Invece per quanto riguarda la famiglia, sicuro al cento per cento. Un impegno spasmodico. A cominciare da quello per la figlia Ludovica, ex dirigente di Publitalia che nel 2005, quando la mamma è sottosegretario alla Salute (ministero retto allora da Girolamo Sirchia), viene messa a capo della segreteria personale della genitrice. La polemica scoppia in un attimo e la difesa di Alberti Casellati mamma è sdegnata: “Per venire [a fare questo lavoro] si è quasi dovuta licenziare, lasciando un lavoro a tempo indeterminato per uno precario. Quasi. Non meno notevoli le parole pronunciate in seguito da Alberti Casellati figlia: “In quel periodo mia mamma non si fidava di nessuno e decise di nominare me. Ma non è stata un'assunzione”. Quasi, again. Polemiche passate, tanto più che nel frattempo la signora Ludovica ha trovato la sua strada. In bicicletta, dato che nel corso degli anni è diventata una sorta di guru del velocipede. E sempre rimanendo in famiglia, anche l'altro figlio che la presidente del Senato ha avuto assieme al marito Giambattista, Alvise Maria Alberti Casellati, ha richiamato l'attenzione della stampa maliziosa e occhiuta. Direttore d'orchestra per vocazione dopo essersi dovuto dividere fino a un certo punto della propria vita fra l'arte musicale e la professione legale, l'Alvise beneficia di riconoscimenti internazionali che, secondo quanto raccontato in un articolo del Fatto Quotidiano, giungono un po' troppo vicini alle visite ufficiali condotte dalla madre nei paesi che quei riconoscimenti concedono.
Air Casellati – Ma magari sono soltanto coincidenze. Madre e figlio viaggiano molto e ci sta che battano le stesse rotte. Quanto a quelle specificamente battute dalla presidente del Senato, vengono privilegiate le rotte aeree. Solcate per ben 124 volte con voli di Stato in nemmeno un anno, come fatto notare nel mese di aprile 2021. E da lì si è scatenata la sequela delle giustificazioni: il fatto che comunque i voli di Stato siano una prerogativa per chi presiede il Senato, la coincidenza di quei voli col periodo della pandemia e con la rarefazione dei collegamenti ordinari del trasporto, un annoso problema alla schiena che impedirebbe alla presidente lunghi spostamenti in auto. C'è pure chi, come Francesco Storace sulle colonne de “Il Tempo”, prova a ridimensionare la portata dei fatti. Sostenendo che i voli in questione non sarebbero 124, bensì “una novantina al massimo” (ah beh, allora...). Cifra che peraltro viene calcolata con applicazione di una logica di conteggio bizzarra come la seguente: “A meno che non si consideri come viaggio il volo vuoto per andare a prendere il passeggero. Per evitarlo ci vorrebbe un hangar privato…”. Come se aver fatto viaggiare vuoto un aeromobile di Stato fosse un'attenuante anziché un'aggravante.
Fra le mete dei voli (con o senza illustre passeggera) anche Alghero, per vacanza e con cura di evitare la coincidente e dispettosa presenza di Mattarella. E davvero è stato un brutto grattacapo, per la presidente del Senato, essere incappata in questa storiaccia. Perché passi per le rievocazioni del tempo in cui sosteneva che davvero Ruby Rubacuori fosse la nipote di Mubarak, o per gaffe quasi innocenti come quella bandiera irlandese usata per errore in un tweet che intendeva celebrare la vittoria della nazionale italiana agli Europei contro l'Austria. Ma la questione dei privilegi da casta è altra cosa. Grande abbastanza da rafforzare il senso di assedio che Alberti Casellati sente di subire dalla stampa. La descrivono ossessionata dalla comunicazione e dai feedback delle sue esternazioni. Per questo le capita di scendere in guerra con singole testate e persino con singoli giornalisti. Come due ex del Fatto Quotidiano, Ilaria Proietti e Carlo Tecce, cui con prassi inusuale viene fatto recapitare all'indirizzo di casa un preannuncio di azione legale. Ma questa ossessione si manifesta anche sul piano interno, con una pressione esasperante sullo staff della comunicazione, ciò che porta ben sette portavoce a assumere l'incarico e poi scappare. “Mia mamma non si fidava di nessuno” aveva detto la figlia Ludovica parlando di quei dì. Non pare che le cose siano cambiate tanto. E forse, la detentrice della seconda carica dello Stato, farebbe bene a essere un po' più guardinga sul modo in cui la sua immagine viene utilizzata.
Per esempio, fare attenzione a ciò che è successo dopo uno dei suoi primi viaggi ufficiali all'estero dopo l'ascesa al vertice del Senato. Lo scenario è New York, il periodo è fine giugno-inizio luglio 2018. Giusto i giorni in cui il figliolo Alvise si esibisce a Central Park, nel quadro di un'iniziativa a beneficio della comunità italiana nonché finanziata da sponsor italianissimi. Ma ancora una volta trattasi di pura, purissima coincidenza che può far indignare soltanto quei mascalzoni del Fatto Quotidiano. Fatto sta che, saltando in qua e in là per promuovere il brand Italia, la presidente del Senato presenzi anche all'inaugurazione della fiera Summer Fancy Food. Facendosi fotografare nello stand di Pomì, in posa sorridente davanti a marchio e prodotti. Quell'immagine è tuttora presente in rete, su pomionline.it.
E pensate che slogan sarebbe: “O Pomì o Casellatì”.