Il Festival di Venezia si sta muovendo verso la sua fine. I commenti e i “pagelloni”, comunque, non hanno atteso la conclusione per arrivare. “Tutto sommato, un buon abito. Diciamo che la struttura sottostante avrebbe avuto bisogno di un ulteriore test ingegneristico”. Questo il giudizio di Io Donna sul look di Claudia Gerini riportato da Selvaggia Lucarelli su Instagram. La giornalista ha pubblicato un post in cui commentava l’abitudine di stilare le pagelle dei look migliori (o peggiori) passati sul tappeto rosso del Lido. Una tradizione che da simpatica e irriverente è diventata inadeguata rispetto ai cambiamenti culturali a cui stiamo assistendo. Si sa, l’estetica ormai è il primo metro di paragone politico. La propria immagine e i valori che si vogliono rappresentare sono indistinguibili, specialmente quando il palcoscenico è uno dei Festival più importanti e seguiti del mondo. Eppure, dice Lucarelli, a esprimere i giudizi sono sempre “uomini e stylist o sedicenti esperti di moda che pensano ancora di essere simpatici alludendo a pance, cosce e tutto quello che può sminuire una donna.” Insomma, un’usanza ormai fuori dal tempo e che ha perso lo spirito ironico e trasgressivo che (forse) possedeva un tempo. Anche perché molto spesso parlare di un abito significa trovare un pretesto per animare il chiacchiericcio sul corpo che quello stesso abito riveste. E se non si fosse ancora capito, o meglio, se noi uomini non lo avessimo ancora capito, certe battute andrebbero lasciate fuori dalla discussione su una manifestazione come il Festival di Venezia. Se si parla di stoffa non si può finire sempre a parlare di corpi.
Del resto, la tentazione di lasciarsi andare al commentino superfluo è troppa, la battutina, inutile nasconderlo, ci fa ancora ridere sotto i baffi. Una nota rivista valuta con un bel quattro il look di Ludovica Coscione, colpevole di lasciare scoperta la gamba dell’attrice. La descrizione: “Quando il cognome gioca col tuo inconscio.” Ah, ma non è il Circolo di periferia abitato da simpatici vecchini assuefatti dalla briscola? In realtà sarebbe Vanity Fair, riferimento indiscusso in ambito moda e costume. “Caz*ate da prima elementare”, aggiunge Lucarelli nel post. Facciamo i liberal tipo “ognuno può vestirsi/essere/apparire come vuole”, sventolando stendardi di libertà e open-mindedness per poi, alla prima occasione, dire qualcosa di inutile e superficiale. Anche perché le polemiche, inevitabili e prevedibili, non fanno altro che peggiorare la situazione. Il vero intrattenimento non è questo o quel pagellone, che alla fine lascia indifferente la maggior parte delle persone: il godimento è quello che ne segue. Chi vuole parlare di moda lo faccia in modo serio. Se qualcosa deve cambiare, non può rimanere tutto com’era prima. Il Lido di Venezia potrebbe essere un inizio.