In ogni chat l'emoji della pesca rappresenta il culo. Da iersera, con il lancio del nuovo spot Esselunga, anche la possibilità di riunire due genitori separati. Una pubblicità, quella di Esselunga, non certo fatta col culo. A neanche 24 ore dalla messa in onda, ne stanno parlando tutti. Sui social scorrono fiumi di lacrime commosse, ma imperversa anche lo tsunami della polemica. Mentre i più "sapientoni" irridono entrambe le parti, ree di farsi "triggerare" da un promo nato proprio per suscitare emozioni forti. Vuole essere un colpo al cuore, per molti è stato solo un urto di vomito. Nei due minuti di clip, vediamo una bambina, Emma, fare la spesa con la mamma. A un certo punto, la piccola si allontana - attimi di materno panico - per andare a prendere una pesca (senza guanti). Le due tornano a casa, giocano insieme, arriva a prenderla il papà che non vive con loro. La marmocchia, però, vorrebbe tanto che la famiglia si riunisse. Quindi, tira fuori dallo zainetto la pesca di cui sopra e la porge al genitore "da parte di mamma". "Allora stasera la chiamo per ringraziarla", dice lui. E si mette alla guida con il frutto al posto del passeggero che ottiene così il primo piano conclusivo. Che bel lieto fine! Oppure no?
Immaginate di essere a casa sul divano di lunedì sera davanti al Grande Fratello. Già non proprio il migliore degli scenari. Durante una pausa pubblicitaria, vi ritrovate schiaffata in faccia la storiella di Emma che vuole che i suoi genitori tornino insieme e lo fa con un gesto tenerissimo, cercando di diventare nuova Cupido della coppia. Un gesto molto dolce che sottindende, però, grande sofferenza: la addolora che i genitori si siano separati. E nessuno vuole vedere un bambino piangere, nemmeno intuirlo triste. Questo è il preciso motivo per cui molte coppie continuano a stare insieme "per i figli", facendo del male a se stessi, al coniuge e alla prole. Per anni.
Qual è il messaggio dello spot? Che il lieto fine sarebbe tornare insieme. Bella boiata. Il lieto fine è, spessissimo, dirsi addio per sempre, accettare il fatto che qualcosa non abbia funzionato, possibilmente senza far scoppiare la terza guerra mondiale. Questo "Emma" non lo sa, ma chi ha scritto questa pubblicità, avendo superato i sei anni d'età, invece, sì. Sotto un Governo che incentiva la moltiplicazione dei pani e dei figli ed è pronto a "pagare" pur di veder proliferare le "famiglie tradizionali" la favoletta morale di Emma assume contorni di propaganda inquietanti. Oltre a una dose di sadismo gratuito bell'e buona. Immaginate, ancora una volta, di vedere all'improvviso questo spot mentre, magari, state attraversando una fase delicata della vostra vita di coppia. Cosa cazzo vuole Esselunga? Non può limitarsi a vendere focaccine e pesche stantie senza colpevolizzare i suoi possibili clienti? La Chiesa cattolica non riesce più a farlo perché, grazie a Dio, è passata di moda. Ora, al suo posto, ci pensa la pubblicità. E questo riporta al filone della commercializzazione dell'emozione (possibilmente il più dolorosa possibile) che ha travalicato gli argini dello storytelling al solo scopo di scudisciare i ventricoli di chi guarda. Per vendere di più.
"Io sono per l'indossolubilità del matrimonio riuscito e non del matrimonio fallito", diceva Nino Manfredi in uno spot del 1974. Del 1974, lo ribadiamo. 50 anni dopo, la comunicazione di massa torna a strizzare l'occhio verso le coppie che restano insieme "nonostante tutto". Perché se una bimba piange, allora bisogna subito accontentarla e regarle il pony che desidera tanto. Non succede manco ai royal pargoli Ferragnez, una cosa così. Ciò che più ferisce dello spot Esselunga è la sua patina zuccherosa che porta, inevitabilmente, al coinvolgimento emotivo, ma che allo stesso tempo è foriera di un messaggio marcio, colpevolizzante e a Narnia rispetto alla realtà. Da quando in qua, poi, le pubblicità debbano avere una "morale" è altra questione.
Stiamo parlando di un semplice spot che, però, cela nemmeno troppo bene una direzione chiara e tutta all'indietro: i genitori devono stare insieme perché altrimenti i loro bimbi soffrono. Una panzana già smentita da anni di marmocchi che hanno assistito, impotenti, al peggio di chi li ha messi al mondo, semplicemente perché quei due "dovevano" rimanere nella stessa casa, per il "bene" della prole. Prole che li ha visti litigare, mentire, dirsi e farsi le cose peggiori, che si è trovata a schierarsi in una lotta eterna fino al giorno in cui, grazie a Mefisto, mamma e papà si sono decisi a divorziare. Il che non avrà disinnescato ogni contenzioso, non certo fin da subito, ma almeno avrà avuto un impatto sull'inquinamento acustico ed emotivo tra quelle quattro mura.
Lo spot con la piccola Emma fa indignare perché spinge, dolcemente, verso un lieto fine che, nei fatti, per molti motivi non esiste nella realtà. Sembra una carezza, ma in realtà parla di tutto fuorché d'amore. Parla di senso del dovere, di costrizione, di ricatto emotivo, senza accennare minimamente all'infelicità di chi, alla fin fine, casca in queste trappole. È solo stanca eco di un retaggio che speravamo, tutti, oramai superato da tempo. Esselunga si limiti a venderci pesche, non Meloni. Nella speranza che quella dello spot alla fin fine se la mangi stocazzo.