Luigi Frati, senese, è stato rettore dell’Ateneo capitolino La Sapienza dal 2008 al 2014 e preside della Facoltà di Medicina della stessa Università. Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e Direttore del programma di biologia molecolare dei tumori del Cnr, patologo laureato in medicina e chirurgia con specializzazioni in endocrinologia e malattie metaboliche, medicina di laboratorio e oncologia, inserito tra i cosiddetti “Top Italian Scientist da Uk Via Academy con oltre seicento pubblicazioni internazionali”. Le sue ricerche hanno contribuito all’avanzamento nel campo delle cure per i tumori. A partire dal 2007 è stato anche al centro della Cronaca prima per un’inchiesta de L’Espresso sulla cosiddetta gestione privata dell’Università La Sapienza, poi con l’accusa di nepotismo di cui parlò anche il giornalista Gian Antonio Stella nel 2012 sule pagine del Corriere della Sera, mentre Report ha mostrato dei video con telecamera nascosta delle sue assenze in reparto. Lo abbiamo contattato per parlare di ambiente scientifico, sistema sanitario nazionale, privatizzazione e anche delle cause che ha dovuto affrontare in passato che si sono concluse con l'archiviazione, e...
Di recente il presidente della Regione Lazio Rocca ha parlato, al congresso intitolato ‘Soluzioni per migliorare il Sistema Sanitario Nazionale’ di Roma, dei numeri in vertiginosa crescita del debito della nostra sanità. A cosa si deve secondo lei la triste condizione in cui versa questo prezioso strumento di pubblica cura?
Il debito sanitario ha sei componenti: il sottofinanziamento (almeno 1.5% del pil sulla media europea, almeno 1% rapportato al potere ponderato di acquisto); la regionalizzazione e il diverso livello di prestazioni con conseguente migrazione sanitaria (una regione del Sud che ha strutture per 3 milioni di abitanti e mezzo milione si va a curare altrove può essere solo in deficit); le strutture logisticamente inadeguate e quindi più dispendiose nella gestione e meno efficaci nella risoluzione dei problemi medici dei pazienti; la cattiva gestione di certi direttori generali (dimostrata da costi diversi per servizi identici, tipo pulizie; la dipendenza delle scelte di affidi manageriali con larga influenza della politica al posto del merito (la sciagurata innovazione della scelta tra liste di idonei, anziché con vincitore da competizione; in alternativa meglio una scelta meramente politica e quindi con assunzione di responsabilità, perché la lista di idonei è una figlia di fico…); la medicina ospedale-centrica: dal modello delle leggi Mariotti del 198/69: ospedali regionali, provinciali e zonali e condotte mediche come presidio territoriale sono spariti gli ospedali zonali e le condotte mediche territoriali.
Si è parlato tante volte di chiusure di importanti nosocomi italiani e romani, come il San Giacomo, chiuso dalla giunta Marrazzo per debito, poi dichiarato inesistente, ai fini di essere venduto a privati per farne hotel di lusso. Lei come pensa che si potrà curare la gente meno abbiente se il bene pubblico continuerà a essere venduto?
Il San Giacomo è una struttura vecchia e del tutto inadeguata, al più può essere un poliambulatorio. Regioni virtuose di destra e di sinistra hanno chiuso vecchi ospedali sostituendoli con nuovi ubicati in funzione della possibilità di raggiungerli (attaccati a stazione della metro, a una fermata ferroviaria, a un nodo stradale ad alta percorrenza veloce). Un ospedale deve garantire che un malato raggiunga il nosocomio adatto in un tempo utile prestabilito.
Prevede o no la privatizzazione della sanità entro pochi anni e dunque un duro attacco all’articolo 32 della Costituzione Italiana?
Spero di no, ma se non si risolvono i punti di cui abbiamo parlato, lo slittamento (già in atto) si accentuerà.
Cosa ne sarà della gente senza possibilità economiche? Replicheremo le sorti degli Usa riproducendo una sanità privata d’elite non accessibile a tutti?
Spero di no, su questo tema saltano i Governi e si sfaldano le maggioranze.
Recentemente è uscito nelle sale il film Oppenheimer, in cui tutti gli scienziati più capaci si riunirono per costruire in tempi record la bomba atomica. È evidente che, in presenza di interessi economici, le condizioni per trovare nuove soluzioni scientifiche ci sono. È dunque per questa ragione che molte patologie importanti ancora sussistono, dopo decenni? Non vi sono interessi economici volti a liberare l’umanità da tremende malattie?
Il rapporto tra avanzamenti scientifici e loro applicazioni soggiace purtroppo anche alle leggi dell’economia: per questo nacque il sistema sanitario nazionale, equo e solidale. Ma dal 1994 in poi è il ministero dell’economia che regola la sanità, la ragione è per tenere a freno le regioni, ma l’effetto certamente non è positivo. Un esempio recente è la terapia per la Scid (mancanza di sistema immunitario-ragazzini bolla), brevetto San Rafaele-Telethon: la società farmaceutica che lo ha rilevato lo ha ora dismesso ed è dovuto intervenire Telethon per finanziare il procedimento terapeutico. Se si scopre un farmaco “chimico” per un tumore (costo della cura ad esempio di 100 euro) non si trova un’azienda interessata, se costa 5.000 euro c’è la fila.
Lei ha avuto enormi riconoscimenti per i suoi studi, che hanno aperto la strada a innovative e fondamentali cure antitumorali. Pensa che ci siano possibilità di sconfiggere la piaga del male del secolo?
Tumore è un termine che definisce malattie molto diverse. Per tanti tumori vi sono cure efficaci, per altri bisogna lavorare ancora molto. La ragione spesso è che quando arriva al medico è un tumore che ormai ha dato origine a molti cloni diversi tra loro, con accumulo di mutazioni: si cura il clone principale e gli altri progrediscono. Osservazione e cura precoce sono essenziali per riuscire a guarire. Tra l’altro quando un tumore è avanzato il sistema immunitario non riesce ad aiutarci; anche le cure immunologiche-checkpoint risentono di questa osservazione.
Ultimamente si parla parecchio di xenotrapianti, da quando è stata portata a termine con successo la crescita di embrioni umani in un maiale. Cosa prevede per il futuro? Cambierà il mondo dei trapianti d’organo?
Lo xenotrapianto più realistico è da maiale ingegnerizzato (modificati i geni che codificano per il rigetto iperacuto). Ci sono però molti problemi, tra questi la presenza di retrovirus porcini la cui attività è ignota.
La medicina rigenerativa costituisce una enorme speranza per l’umanità. Quanto è lontano il tempo in cui l’uomo potrà ricorrere alle cellule staminali?
La medicina rigenerativa è già applicata, ad esempio in ematologia (il trapianto di midollo tale è) o espandendo la cute o riparando l’epitelio corneale. Diverso è il caso se si pensa ad organi. Esperimenti sono stati fatti e si fanno: organi di animali, ad esempio porcini, decellularizzati possono essere ripopolati con cellule umane, ma sono lontani anni (meglio decenni) dal poter essere utilizzati (un cuore non basta che “batta”, deve poter pompare sangue sostenendo uno sforzo regolabile secondo le richieste; un rene è un organo di una complessità enorme: se dicessi che è anche un organo “endocrino” il sapere comune rimarrebbe stupefatto). Piuttosto bisogna diffidare da presunte miracolose terapie rigeneranti cutanee “antiaging”, antirughe, eccetera. Una sana alimentazione, un po’ di moto, peso controllato, niente fumo sono molto più efficaci.
L’Italia è spesso considerata la culla della cultura; perché secondo lei l’Università capitolina ‘La Sapienza’ si trova ben lungi dall’essere ai primi posti nella classifica mondiale degli atenei migliori?
La Sapienza tra gli Atenei italiani è complessivamente quella meglio piazzata nei diversi ranking. Se la sua domanda si riferisce alla competitività con atenei Usa o inglesi, questi hanno finanziamenti pubblici e privati molto più consistenti e salari mediamente due o tre volte quelli italiani (in Atenei europei almeno il doppio): non ci vuole molta fantasia a capire perché ci sia un drenaggio continuo dei migliori laureati e dei migliori ricercatori verso l’estero.
Lei è stato preso di mira con le accuse di nepotismo ed assenteismo. Pensa che qualcuno ce l’avesse con lei?
Io ho applicato per me e per gli altri, familiari compresi, il criterio meritocratico che si usa nel mondo della ricerca internazionale (impact factor, cioè importanza delle riviste con peer review anonima ove si pubblica; citazioni, cioè quanto gli altri ricercatori ti considerano). Paradossalmente le accuse contro di me sono state mosse da chi non risponde a questi criteri; le più numerose sono venute da condannati per tangenti, per calunnia o per altro, ai quali ho opposto il rifiuto a far finta di niente: si sono rivolti alla stampa che le ha riprese. E quando Tar, Corte dei Conti e Magistratura hanno scritto stabilito “nessun privilegio, assenteismo una balla, eccetera”, neanche una riga. Mi sarebbe piaciuto e mi piacerebbe che invece che per parentela chiunque fosse giudicato in base ad impact factor e citazioni e magari se sta a tempo pieno nell’università o se si dedica anche o soprattutto ad attività professionali esterne, legittime per carità. Un familiare non va aiutato, ma neanche gli si deve impedire di fare la sua strada concorrendo con gli altri. Caso mai il rilievo potrebbe essere un altro: un tuo familiare se doveva andare in un’Università estera a perfezionarsi ha utilizzato la tua esperienza: questo sì, ma lo è stato per loro come per miei allievi o per altri che me lo hanno chiesto. E certo non potevo consigliarli alla rovescia.