Non solo il caso Ferragnez. Il Festival di Sanremo ci ha lasciato in eredità anche le polemiche sulla scalata istantanea di Amadeus (propiziata da Chiara Ferragni e dalla diretta sulla Rai) da zero a superinfluencer di Instagram. Instagram che a quanto pare ora si doterà di spunta blu a pagamento, “copiando” il Twitter dell’outsider Elon Musk. Di questo e altro parliamo Riccardo Pirrone, social media manager tra i più famosi d’Italia (segue Taffo), fondatore della Wonka Talent ed esperto di digital.
Sanremo e lo scandalo Instagram. Riccardo, pensi ci sia stato un accordo economico?
No, onestamente dubito fortemente che ci sia stato un accordo tra Rai e Meta. Hanno aperto l'account Ig ad Amadeus in diretta nazionale anche per mancanza di contenuti sul palco e tutto quello che abbiamo visto è stato fatto ingenuamente. Il problema nasce perché la Rai non capisce cosa sia Instagram. Ormai è una parola di uso comune. Hanno detto anche "domani usciamo sul Corriere della Sera" e non mi sembra che sia scoppiato questo putiferio. La parola "Instagram" ormai è quasi sinonimo di social network. È uno di quei casi in cui il nome di un brand ha cannibalizzato un prodotto. Pensiamo ad esempio a Scottex, Bic, Skotch. Se c'è stato un accordo però tra le singole parti in causa, questo onestamente non lo posso sapere ma davvero la vedo poco credibile come ipotesi. Una sponsorizzazione poi prevede un passaggio di denaro e questo risulterebbe nei bilanci.
Quanto può monetizzare adesso un profilo da due milioni di utenti come quello di Amadeus?
Dipende da come viene gestito, da quanto tempo ci si investe sopra, ma ipoteticamente stiamo parlando di cifre piuttosto importanti, che potrebbero variare tra i 500mila euro e 1 milione all'anno.
Tutti i profili con numeri del genere hanno quel valore economico?
In realtà no. Dipende chi è il creator. Amadeus è un personaggio con una sua storia alle spalle, una sua credibilità. Oltre ai meri numeri, è il percorso del singolo personaggio che gli dà valore. Se io avessi un profilo da due milioni di follower non avrei lo stesso peso del direttore artistico del Festival proprio perché non sono un talent di spicco.
Aziende italiane e social. Come siamo messi nel Bel Paese?
Sono ancora un po' indietro. Si pensa che dietro questo lavoro non sia necessaria una formazione e molti si improvvisano: giornalisti, responsabili marketing non nati nel digitale che cercano di barcamenarsi in qualche modo. Per questo sto cercando ormai da tempo di creare una sorta di albo che ci riconosca come categoria e ci tuteli. Nelle aziende c'è poca formazione e questo le porta a buttare migliaia di euro in influencer insulsi, gente uscita da qualche reality ma senza una vera e propria community che garantisca una qualche conversione, senza una "fama" reale che arrivi da qualcosa di specifico. Famosi senza meriti. Nella mia agenzia (Wonka Talent) non consideriamo nemmeno profili del genere. Ad essere onesti molte realtà imprenditoriali storiche stanno cercando di adeguarsi ai tempi, tentando di lasciare indietro cartaceo, affissionistica, eccetera, ma forse troppo lentamente.
E la spunta blu a pagamento? Prima prendevano per il culo Elon Musk e ora lo fa anche Instagram. Hanno ragione loro o è un segno di debolezza?
È una mossa per fare soldi. Nient'altro. Però è un'operazione che mi lascia con dei quesiti: ad esempio come faccio a distinguere un personaggio di valore da chi ha pagato? E come mi assicuro che sia una persona reale e non un fake come abbiamo visto accadere su Twitter? Meta chiede la carta d'identità ad esempio. Poi ci saranno spunte di vari colori: oltre alla classica spunta blu per i personaggi pubblici, ritroveremo la grigia per i politici (la Meloni già ce l'ha), e oro per i giornali.
E TikTok?
Ha dei numeri gonfiatissimi, il milione di views che si vedono su TikTok sono il corrispettivo di 100 mila visualizzazioni su Instagram. Dobbiamo vedere come si sviluppa, come raddrizza il tiro. Stiamo a guardare che succederà: chissà magari in futuro metteranno le spunte blu anche lì.