Un nuovo forte terremoto ha colpito la notte di mercoledì 13 marzo l’area dei Campi Flegrei, riaccendendo le preoccupazioni sulla pericolosità del supervulcano che si estende sotto questa zona densamente popolata. Il sisma, avvertito distintamente dalla popolazione, si inserisce in un quadro di crisi bradisismica in corso da tempo. Nel 2024, in seguito a una scossa analoga, il Corriere della Sera aveva intervistato Mario Tozzi, che ha commentato chiaramente l’avvenuto: “I Campi Flegrei sono il nostro supervulcano, quello davvero pericoloso, più del Vesuvio, quello suscettibile di attività devastanti. E ci vivono 500-600mila persone”.
Tozzi spiega la differenza tra il Vesuvio e i Campi Flegrei: “È un pentolone sotterraneo pieno di magma ribollente, ed è in grado di sprigionare eruzioni esplosive, in linea teorica devastanti. Nello scenario più catastrofico al momento non ipotizzabile, pur essendo possibile, dovremo parlare di esodo, non evacuazione”. Ma il vero problema sarebbe l’urbanizzazione, che ha cancellato ogni traccia della presenza vulcanica: “Si tratta di 29 vulcani e centri eruttivi che sono stati tutti nascosti. Da un ospedale, da un ippodromo, e poi da un quartiere e da una città di quasi 80.000 abitanti. Solo la Solfatara e gli Astroni appaiono ancora come vulcani. Degli altri ogni traccia è stata cancellata da case, asfalto e cemento. E così ogni memoria è stata cancellata”.
L’attuale crisi bradisismica, caratterizzata da un progressivo sollevamento del suolo e scosse sempre più frequenti, desta allarme: “I terremoti continueranno. Da 4,4 potranno arrivare fino a magnitudo 5. E ricordo a tutti che l’ultimo sisma di Casamicciola è stato di 4,2, ha fatto due morti e distrutto in parte quel comune”. Il monitoraggio è costante, ma non offre certezze: “Terremoti, rigonfiamento della crosta terrestre, cambiamenti di composizione e di temperatura delle fumarole sono i parametri che l'Osservatorio Vesuviano-Ingv tiene sotto costante controllo: in base a quelli si stabilirà se si sta approssimando un'eruzione e, all'incirca, di che portata”.

In caso di eruzione, gli esperti stimano di poter prevedere l’evento con circa 72 ore di anticipo. Ma sarebbe un tempo sufficiente? “La domanda è un’altra: sapremmo utilizzare quel tempo? Stiamo facendo prevenzione? I piani di evacuazione sono aggiornati, ma le esercitazioni sono state fatte?”. E aggiunge: “Il mezzo milione di cittadini a rischio sa cosa deve fare? Bisogna convincere le persone a scappare lasciando tutto a casa, compresa la propria auto, a recarsi in un punto di raccolta e prendere un mezzo pubblico per andare chissà dove. I cittadini sono pronti a fare questo? Altrimenti ci troveremmo a sapere dell’eruzione con 72 ore di anticipo ma poi avere le strade intasate”.
Come risolvere l’emergenza? Per Tozzi il punto è chiaro: “Contro i terremoti costruire bene ti salva la vita, ma contro le eruzioni esplosive a nulla serve e l'unica cosa da fare è andarsene”. I cittadini hanno già lamentato lo stato di isolamento e solitudine, di abbandono da parte delle istituzioni. Ma secondo Tozzi la responsabilità è anche di chi ha permesso l'urbanizzazione selvaggia della zona: “La prima pietra deve essere messa proprio dai cittadini. Le condizioni necessarie sono: cittadini non disposti a costruire ovunque, amministratori che facciano rispettare le regole, uno Stato che curi le regioni a rischio in maniera adeguata. Il rischio vulcanico nei Campi Flegrei non dipende solo dal supervulcano, dipende soprattutto da noi”.
