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Vogliono intitolare
a Gigi Riva uno stadio.
Ma è abbandonato, non è
poco per una leggenda?

  • di Paolo Zaccagnini Paolo Zaccagnini

23 gennaio 2024

Vogliono intitolare a Gigi Riva uno stadio. Ma è abbandonato, non è poco per una leggenda?
Ha vinto uno scudetto inaspettato insieme ai suoi "pastori e banditi", ha rifiutato i miliardi della Juve, si è infortunato ed è tornato più forte di prima. Ma soprattutto ha rappresentato un Calcio, con C maiuscola, che ormai sembra scomparso. Ora il presidente del Cagliari ha promesso di intitolargli lo stadio, ma quello abbandonato. Non è troppo poco per ricordare una leggenda?

di Paolo Zaccagnini Paolo Zaccagnini

A 79 anni è morto Luigi Riva detto Gigi, da Leggiuno, provincia di Varese, Lombardia. 35 reti in 43 partite in nazionale. Recordman. Padre, madre, sorella morti. Allevato dalle sorelle. Col pallone tra i piedi sin da bambino. Approdato a Cagliari e al Cagliari diciottenne. Campione d'Italia nel 1970. Atleta e uomo di rara fierezza e serietà. Disse di lui: "Alla Juventus avrei guadagnato il triplo. Ma la Sardegna mi aveva fatto uomo. Era la mia terra, ero arrivato all'età di 18 anni, in continente li chiamavano pastori o banditi. Quando avevo 23 anni la grande Juve voleva ricoprirmi di soldi - Gianni Agnelli si scomodò da Torino alla Sardegna per parlare con lui ma non lo convinse - Io volevo lo Scudetto per la mia terra: ce l'abbiamo fatta. Noi, banditi e pastori". Cosa dire di più? Che Manlio Scopigno era l'allenatore di quel Cagliari? Che non ha potuto tramandare nulla ai familiari perché ha avuto figlie e nipoti femmine? Che il soprannome "rombo di tuono" gli derivava dal tiro potentissimo e violentissimo? Che si è rotto le gambe due volte - non si è mai "affaticato" - e poi è tornato più forte e micidiale di prima? Che amava la musica del mio amico Fabrizio De Andrè, folgorato anche lui dalla Sardegna, terra di Antonio Gramsci e Michele Schirru? Che è stato, con altri, il campione di un calcio semplice e spensierato giocato da uomini duri e veri? Che ha sofferto di depressione? Sì, ma oggi chi non soffre di depressione? In Nazionale come accompagnatore per tre Mondiali lasciò anni fa ed è stato severo critico di come è ridotto il calcio attualmente. Pensate che nell'intervallo delle partite con Angelo Domenghini, poi romanista, si fumava una sigaretta. Il docufilm di Sky Nel cielo un rombo di tuono di Riccardo Milani, marito di Paola Cortellesi, è un grandissimo pezzo di cinema. Onesto, pacato, sincero, spettacolare. Ieri sera a Ryiad, la capitale dell'Arabia Saudita, nel corso della finale della Supercoppa Italiana tra Napoli ed Inter e vinta da quest'ultima con una rete di (San) Lautaro Martinez, nel minuto di silenzio per ricordarlo lo hanno fischiato sonoramente ma credo che, sornionamente e accendendosi l'ennesima sigaretta, avrà detto "ma lasciateli stare". Personalmente provo il senso di scoramento e sgomento di quando, al giornale, giunse la notizia del suicidio del Capitano, Agostino Di Bartolomei. Giravo, giravamo - i romanisti di vecchia data - a vuoto. Afasici per il dolore tremendo. Tre episodi tre per ricordarlo.

Gigi Riva al Cagliari
Gigi Riva al Cagliari

Uno. All'areoporto di Fiumicino - stavo partendo per lavoro - lo vedo seduto che fuma tranquillo. Mi avvicino, mi inginocchio emozionatissimo e gli chiedo se mi mette una mano sulla testa. Stupito mi guarda, sorridendo fa quel che gli ho chiesto e poi mi dice "per così poco". Per me un mondo stupendo. Due. Si gioca la finale dell'Europeo con la fortissima Jugoslavia della formidabile, imprendibile ala Dzajic (scusate la scrittura, non so il serbo-croato). Le squadre sono in campo, Si gioca in notturna. Si spengono le luci che illuminano l'Olimpico. Tutti a casa. Con l'umore nero. Si gioca il giorno dopo. E Gigi Riva trascina alla vittoria. Tre. È il 1970, l'anno della conquista dello Scudetto da parte del Cagliari. Roma 0 Cagliari 3. Tripletta di Gigi Riva. Dante, mitico capo-tifoso giallorosso, estasiato come tutto lo stadio, dice ai suoi fedelissimi - io (er professore) e mio cugino Cristiano (capello per i capelli fino alla cintola) - di battere sempre più forte le mani e far sfoggio delle corde vocali. Lo stadio intero applaude, grida, strilla, urla. Alla fine esce timido ma gli applausi non cessano così fa il giro del campo commosso. Ecco, voglio ricordarmelo così. Campione di un nobile Calcio che è entrato lassù. E Dio, non ci provare a dire che tuo figlio, quello con i capelli lunghi, è il piu' forte. Lui è Gigi Riva. Rombo di tuono. Ma ho anche una proposta.

Lo stadio Amsicora di Cagliari
Lo stadio Amsicora di Cagliari

È morto Gigi Riva, ahimè, e l'Italia è stata inondata di ricordi. Quasi tutti non necessari e falsi. Ma non di dichiarazioni dei parenti addolorati. Anche in questo modo è stato unico. Riservato anche nella sua partita più importante, la sua dipartita. Gli avevano detto che sottoponendosi all'angioplastica certo si sarebbe salvato ma ha risposto ai medici e ai parenti "fatemi pensare" e poi è spirato serenamente. Lutto sardo e nazionale e internazionale. Tanti omaggi sulla stampa straniera. Funerale con tanta folla, non si dubitava. E poi il presidente del Cagliari ha fatto una promessa, intesterà lo stadio a lui. Non è troppo poco, davvero troppo poco? L'Amsicora, lo stadio dove ha giocato il Cagliari dello scudetto, è stato abbandonato, il terreno di gioco è pieno di cespugli, immagino le opere murarie, le tribune... Non sarebbe il caso di risistemarlo, in modo magnifico e senza ombre sugli apppalti, e intitolarglielo? Eh, ma costa troppo. Cosa? Stiamo parlando di Luigi Riva. GiggiRivva. La Leggenda. La Storia. La vita. Se una Regione intera e un Paese intero si mobilitano - 50 euro a testa, per esempio - il sogno dell'Amsicora Gigi Riva diventa subito emozionante realtà. Io, e molti sardi che lavorano e vivono qui, sono pronto. E per una volta lasciaremelo dire... forzaaa Cagliariii. Sarà una risata che li seppellirà.

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