Ieri sera c’è stato il triste annuncio della morte di Gigi Riva. Soprannominato “Rombo di tuono”, il più grande bomber della Nazionale era ricoverato nel reparto di Cardiologia del Brotzu di Cagliari per un infarto accusato domenica. Al tempo stesso, ieri sera, alle ore 20:00 italiane, l’Inter affrontava a Riad la finale di Supercoppa Italiana contro il Napoli, vinta 1-0 dall’Inter grazie a un goal di Lautaro Martinez al novantunesimo. È successo però qualcosa di molto spiacevole dopo l’intervallo tra il primo e il secondo tempo. Allo stadio Al-Awwal Park di Riad è stato osservato un minuto di silenzio in onore di Gigi Riva, morto pochi minuti prima del calcio d’inizio della finale di Supercoppa. Peccato che i tifosi arabi abbiano risposto con i fischi. Avete letto bene, hanno risposto alla notizia di un lutto e a un piccolo momento di commemorazione verso un grandissimo campione così. E perché? Sembra che nella cultura araba il silenzio in ricordo dei morti non sia previsto. E così, dagli spalti, i tifosi presenti allo stadio avrebbero pensato bene di contestare chi stava osservando il silenzio. Prima di tutto in campo c’erano due squadre italiane, le due semifinali precedenti avevano ospitato Lazio e Fiorentina, altre due squadre del nostro campionato italiano. È un evidente cortocircuito quello che che ci porta a giocare in paesi che non sono i nostri: vogliono il nostro calcio, vogliono lo spettacolo che solo noi gli possiamo regalare, ma non sanno rispettare quelle che sono le nostre usanze. Allora ci chiediamo se sia ancora possibile sottostare ai ricatti di chi possiede vagonate di denaro da cui noi ci facciamo stupidamente allettare. Lo chiediamo alla Lega di serie A e al ministro dello sport Andrea Abodi. È più importante rispettare la cultura italiana, tramandarla, diffonderla in giro per il mondo o farci comprare da qualche sceicco che pensa, evidentemente riuscendoci, di metterci a tacere con qualche banconota?
Ricordiamoci che cosa disse il grande Gigi Riva in merito al suo rifiuto di una clamorosa offerta da parte della Juventus: “Avrei guadagnato il triplo. Ma la Sardegna mi aveva fatto uomo. Era la mia terra, ero arrivato dall’età di diciotto anni. All’epoca ci mandavano i militari puniti. In continente ci chiamavano pastori o banditi. Oggi fanno a gara per farsi le vacanze qui. Quando avevo ventitré anni la grande Juve voleva ricoprirmi di soldi. Io volevo lo scudetto per la ‘mia’ terra: ce l’abbiamo fatta. Noi banditi e pastori”. Non è forse questa una lezione di vita in primis per noi italiani e in secondo luogo per quei piccoli uomini che non hanno saputo rispettare la nostra cultura? Prima di tutto, come ha detto anche Ivan Zazzaroni, ieri sera a Mediaset nel post-partita, se sai che questa è la reazione, ti informi prima e, piuttosto, non lo fai. Ieri sera non è stata calpestata solo l’immagine di Riva, siamo stati calpestati noi, con le nostre tradizioni, che contemplano, giustamente, il rivivere la memoria di qualcuno che non c’è più e che ha dato tanto al nostro Paese. La cosa ancora più triste è che nei commenti dopo la partita ci si sia scandalizzati più per l’arbitraggio che per una questione come questa. Le polemiche nei confronti dell’arbitro vengono dopo, tutto dovrebbe essere messo in secondo piano rispetto a un insulto del genere. Gli abbiamo portato soldi, sponsor, visibilità e uno spettacolo che loro cercano di ricreare, venendo a pescare talenti e campioni in Italia, perché è evidente che il calcio non sia il loro punto forte. Ma hanno capito che il calcio è uno dei business migliori in cui investire, hanno capito che in Italia prima viene il calcio e poi tutto il resto. Ma hanno pensato davvero che con i loro miliardi potessero cancellare i nostri costumi? La partita si sarebbe potuta tenere altrove, in Italia, portando introiti economici e altrettanta visibilità. Ora si pensa addirittura di giocare un’intera giornata di campionato in quelle terre. Che tutto ciò sia fermamente boicottato, a meno che loro non capiscano che i loro usi e costumi non sono meno importanti dei nostri.