A Bologna sostiene la candidatura di Vittorio Sgarbi. Giorgia Meloni l’ha usata come termine di paragone per Giuseppe Conte: “La parola più comune che viene utilizzata nei comizi del Movimento è 'gratuitamente', ma come si fa a dirlo? Non sei Wanna Marchi”. Parliamo di lei, la regina delle truffe in TV, beccata da «Striscia la notizia» nel 2001 grazie all’aiuto della signora Fosca Macron che, capito l’inganno, contattò insieme al figlio la redazione del programma Mediaset. Dopo la condanna torna libera e il 21 settembre sarà la protagonista, insieme alla figlia Stefania Nobile, di una nuova docu-serie Netflix. L’avevamo intervistata proprio con Stefania, che parlando della pena ha detto «12 anni rubati», ma alcune anticipazioni hanno fatto emergere frasi agghiaccianti che abbiamo pensato dovessero essere commentate. Tra tutte questa: “I coglioni meritano di essere inculati”. Abbiamo chiesto l’opinione dell’avvocato che, ai tempi del processo, rappresentò l’accusa, Giovanni Briola, autore tra l’altro di un libro sui giorni del cosiddetto Tapiro di sale. “Il commento che mi sento di esprimere è che Wanna Marchi non è cambiata per niente. Sempre aggressiva, volgare e di una cattiveria inesauribile. E ciò, nonostante la vicenda processuale, la condanna e anche il carcere. Un'altra triste conferma che a volte la detenzione non assolve alla funzione rieducativa”. L’avvocato è netto e senza peli sulla lingua. Si parla di volgarità e cattiveria inesauribile, di una truffatrice che, nonostante gli anni di reclusione, non ha fatto neanche un passo indietro, nessun esame di coscienza. Una critica anche al sistema penitenziario italiano, ben poco erede della visione di Cesare Beccaria. Non c’è pena per chi non si pente, comunque. Anzi, sembra proprio che il carcere abbia rafforzato la sua immagine di astuta venditrice, tanto da poter definire con disinvoltura coglione le vittime.
“Peraltro, il fenomeno di Wanna Marchi, come ho avuto modo di scrivere nel mio libro Wanna Marchi e il tapiro di sale, è complesso. Da una parte trascende il mero personaggio e necessita di un approfondimento sia del mondo delle televendite in generale che del valore certificativo della televisione (ciò che viene trasmesso dalla tv è dato per verità assoluta). Dall’altra vanno analizzate le vittime, quelle che oggi Wanna Marchi definisce ‘coglioni’, che ai tempi erano le sue ‘ciabattone’ fedeli che la contemplavano e pagavano milioni di lire per avere da lei vuoi i numeri del lotto (fortuna), vuoi la bellezza. Erano donne della provincia italiana, spesso frustrate che però detenevano il cordone della borsa”. E siamo solo alle anticipazioni di ben 4 puntate che usciranno a partire da domani sulla piattaforma principe dello streaming legale. Sono bastate poche frasi, come questa e un’altra, altrettanto controversa: “Chi si pente? Buscetta si pente, io non mi pento”. Ora uscirà il documentario e sicuramente farà discutere. Ma per lei non sarà che un altro successo, perché, ancora una volta, è riuscita a vendere la sua immagine. Ancora una volta ci ha “inculato” tutti. «D’accordo»?