Enzo Ferrari, un nome un mito. Negli scorsi giorni nei cinema italiani ha debuttato il biopic Ferrari, diretto da Michael Mann e con protagonista Adam Driver. Un film che racconta di un momento ben preciso della carriera e della vita dell’imprenditore, che mette in mostra un uomo tanto complicato quanto misterioso, sempre nascosto dietro le lenti scure dei suoi occhiali da sole, e conosciuto per il suo aplomb. Ma in realtà esiste anche un altro ritratto di Enzo, o del Drake come veniva chiamato, e ad offrirla è il giornalista Brock Yates con il suo libro Enzo Ferrari: The Man and the Machine. Una biografia pubblicata nel 1991, e adesso uscita (postuma) in una nuova e aggiornata versione, che traccia il profilo di un “uomo particolarmente rozzo”, come sottolinea lo scrittore, e “ossessionato dal sesso”. I lati piccanti, e oscuri, della vita del Drake vengono così messi in luce. Tutto, sempre secondo Yates, nacque dall’influenza paterna. Da papà Alfredo, “despota che esigeva rispetto dai suoi figli e silenzio, sottomissione strisciante” dalla moglie. Questo fece nascere nel giovane Enzo una “fissazione per il sesso superiore a quella di qualsiasi altra razza civilizzata”, diventando così, come si legge ancora nel libro, “altezzoso, tirannico, ossessionato dal sesso, padrone posticcio”. Yates prende di mira anche il matrimonio con Laura Garello, questo trattato dallo stesso Ferrari con “scioccante insensibilità”, visti i continui tradimenti, e il figlio illegittimo (Piero Ferrari) nato dalla relazione extraconiugale con Lina Lardi; ma anche la passione con Fiamma Breschi (moglie di un pilota del Cavallino deceduto in un incidente), quello con una visitatrice parigina e tante altre ancora, tant’è che una sua amica ha commentato “Enzo amava il sesso”, e lo stesso Yates a proposito ha scritto: “Molti suoi cari si chiedono quale sia la prima cosa da fare: le automobili o il sesso”. Inoltre, un ex collaboratore ha rivelato che “le donne (per Enzo, ndr) erano semplicemente oggetti. Erano simboli da portare a letto, tacche sulla sua cintura, tutto qui”. Oltre al rapporto con l'altro sesso (era alla ricerca di relazioni “non tanto per il piacere, quanto per la gratificazione dell’ego”), Yates indaga anche sul rapporto tra Ferrari e i suoi cari, famigliari e piloti, e soprattutto con la morte di quest’ultimi.
Stando a quanto rivelato da “Enzo Ferrari: The Man and the Machine”, a seguito di un tentato suicidio di Laura Garello, gettatasi nel fiume e salvata grazie all’intervento di alcuni meccanici della Ferrari, Enzo (rivolto proprio a questi salvatori) comandò: “Se salta di nuovo, lasciatela lì dentro!”. Riguardo al figlio, l’amato Dino morto a soli 24 anni per distrofia muscolare, Enzo aveva “poca scelta se non quella di accettare” visto che ai tempi del fascismo l'aborto non era ben visto e il diktat era quello di procreare. La morte del primogenito, comunque, avvenuta nel 1956, segnò per lui un “cambiamento cruciale”. Scrive Yates: “Da quel momento in poi divenne più solitario, più amareggiato, più cinico, più stoico nei confronti degli altri corpi spezzati che improvvisamente sembravano far parte della sua esistenza quotidiana”. Ma la morte sembrerebbe essere stata una compagna fedele in tutta la carriera di Enzo Ferrari. Tutto ha inizio nella celebre “Giornata nera di Monza” nel Gran Premio del 1933, quando i piloti dell’Alfa Giuseppe Campari e Mario-Umberto Borzacchini rimasero entrambi uccisi in un terribile incidente. Un momento decisivo per Enzo, visto che da quel momento (commento di Yates) avrebbe tracciato un “sottile scudo psichico invisibile tra sé e i suoi piloti”. Molti furono gli incidenti in cui persero la vita i piloti della Ferrari, inclusi addirittura alcuni spettatori, come quando nel GP d’Italia nel 1961, il pilota tedesco Wolfgang von Trips morì schiantandosi contro una recinzione e uccidendo quindici spettatori. A Enzo, scrive ancora il giornalista, “importava poco o nulla”, tant’è che dopo la sepoltura di von Trips, sempre secondo Yates, il Drake commentò “Credo di aver fatto un buon lavoro nel fingere la mia tristezza”, rivolgendosi ad un prete. Ma il momento cruciale fu il dramma della Mille Miglia del ‘57, quando Alfonso De Portago, alla guida della Ferrari, uscì fuori strada (a causa di un pneumatico forato), travolgendo un gruppo di spettatori (uccidendone nove tra cui cinque bambini), e causando la propria morte e quella del suo copilota Edmund Nelson. Un incidente che ebbe delle severe conseguenze. La chiusura definitiva della gara, e l’accusa, ai danni di Enzo Ferrari, di omicidio colposo. Un duro colpo per l’immagine del Drake, nonostante l’assoluzione per “non aver commesso il fatto”.