Negli ultimi tempi il nome Ferrari sembra essere sempre al centro dell’attenzione. Dalle polemiche per i risultati altalenanti (tanto per usare un eufemismo) sui circuiti di Formula 1, agli incredibili successi sul piano commerciale e lavorativo. E poi c’è anche il film di Michael Mann che debutterà al cinema tra pochissime settimane (il 14 dicembre). E infine, ultimo ma non per importanza, c’è anche Piero Ferrari, figlio “illegittimo” del Drake, nato dalla relazione extraconiugale con Lina Lardi. Sul volto porta tutti i segni dell’eredità del Cavallino, i lineamenti non mentono, né tantomeno lo fa la storia. Classe ’45, entra a Maranello all’età di vent’anni per volere di nonna Adalgisa ("Quando lei esprimeva un desiderio, per papà era un ordine"), uno dei pezzi più importanti per la solidità attuale dell'azienda, ma soprattutto uno dei punti fermi in tutti questi decenni di sorprese, delusioni, vittore e sconfitte. Piero si è lasciato andare in un racconto ricco di ricordi e di nostalgia con Giorgio Terruzzi, giornalista sportivo, in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera. Con il biopic statunitense sullo sfondo, questo si è rivelato un momento di rincorsa ai ricordi, alle parole, alle emozioni e alle immagini del passato. Dall’infanzia in quella doppia vita di papà Enzo, all’ingresso definitivo in azienda, e ancora dalle memorie di Dino, fratellastro mai conosciuto e morto a soli 24 anni per distrofia muscolare, fino al proprio cognome (adottato definitivamente solo nel 1990). E poi l’attualità, la Ferrari in F1, i successi sul mercato e il segreto di una realtà solida come quella del Cavallino.
Dei primi anni, quando il Drake si fermava a casa solamente per il pranzo, per poi tornare in azienda (e alla sua "prima" famiglia), ha dei ricordi vivissimi. "Non sapevo. Qualcosa avevo compreso durante un viaggio in automobile con mia madre e una sua amica" dice a Terruzzi, e poi ancora: "Mi sembrava una vita normale, anche se qualcosa arrivava alle mie orecchie dai compagni di classe. Vaghi riferimenti. Chi sapeva, taceva". Siamo nell'Italia del dopoguerra, quella del rifacimento e del pre-boom economico, proprio quella raccontata da Mann nel suo film. Più precisamente è il 1957, Dino è morto da appena un anno, e il marchio teme il fallimento. Anche per questa data, a dir poco fatale per Enzo e per l'intera Ferrari, Piero ha delle parole profonde da spendere: "Nel 1957 morirono Castellotti a Modena, De Portago alla Mille Miglia insieme a nove spettatori. Ricordo mio padre affranto ripetere: non corriamo più, non si può andare avanti così. Poi arrivava il lunedì, veniva a Maranello, dove tutti lo attendevano per riprendere il lavoro. Che fare? Andare avanti, migliorare", e forse è proprio in questo virgolettato che si nasconde l'anima del Drake, che poi è anche l'anima di Ferrari. Partendo dai ricordi del passato si arriva alle visioni del futuro, il binomio Lina - Laura, moglie di Enzo che Piero ha visto una sola volta, da lontano, un incrocio di sguardi che non può dimenticare, ancora una volta il fratello Dino ("Papà mi mise tra le mani una sua foto. Disse: “Tienila tu. Era tuo fratello'"), l'impegno nel business di famiglia ("Dopo l’accordo con Fiat del 1969. Papà disse: “Se ci fosse Dino, avrei lasciato la Ferrari a voi due”), le sue dolorose amicizie con Bandini e Lauda, e un disegno del profilo di Enzo che solamente un figlio può tratteggiare: "Un vero camaleonte. Quale il vero Ferrari? Impossibile rispondere: molte facce, molte sfaccettature". Le ultime battute si concentrano sul presente della Ferrari, "Cos’è per lei la Ferrari oggi?" chiede Terruzzi, "Una azienda che vale un sacco di soldi" risponde Piero, ricordando anche una figura, un uomo, che ha dato molto al Cavallino: "Per questo voglio dare merito a Sergio Marchionne, un uomo con una marcia in più rispetto a chiunque altro". C'è anche tempo per la fatidica domanda "Perché Ferrari non vince più?", risposta: "Serve stabilità, ci sono stati troppi cambiamenti". E infine il quadro definitivo dell'intervista. Terruzzi chiede "Piero accompagna Enzo a visitare il reparto corse Ferrari, oggi. Riesce ad immaginare i suoi commenti?" e Ferrari risponde "Vedrebbe uno spirito sopravvissuto nelle persone che lavorano per l’azienda. Orgoglio e senso di appartenenza ad una antica famiglia in corsa".