«Mi interessa qualunque cosa abbia a che fare con la rivolta, il disordine, il caos, in particolare le attività apparentemente prive di significato. Mi sembra sia questa la strada per la libertà». Jim Morrison moriva esattamente 50 anni fa, all’età di 27 anni, e a noi piace oggi ricordarlo a bordo della sua Blue Lady, la Ford Shelby Mustang GT 500 del 1967 di cui era follemente innamorato.
Genio, completamente sregolato come si addice alle menti più estrose, ma anche appassionato di auto. Le cronache narrano di sue imprese al volante, sfrecciando tra le colline di Los Angeles a bordo dalla fuoriserie a stelle e strisce, una delle più potenti dell’epoca, oltre che una delle più iconiche auto dei giorni nostri. Una vettura che, tra l’altro, pare l'abbia costretto a diventare, suo malgrado, uno spregiudicato collezionista di multe e il protagonista di qualche incidente, pur se non particolarmente grave.
Il “Re Lucertola” se ne era innamorato da quando il suo amico Jay Sebring - marito di Sharon Tate e con lei assassinato dalla “famiglia” di Charles Manson - se ne era portata una a casa. Fu così che, quando nell’aprile del 1967, il suo produttore promise di regalare a ciascun membro della band di Morrison qualsiasi cosa avessero voluto, per festeggiare il successo dell’album “The Doors”, Jim non ci pensò su due volte.
D’altronde il successo planetario di titoli del calibro di “Light my Fire” e “The End”, dovevano aver rimpolpato non poco le casse del presidente della Elektra, Jac Holzman. Se da una parte Jim Morrison volle esagerare con la richiesta, che comunque fu accolta, John Densmore, il batterista, chiese in dono un cavallo, mentre Ray Manzarek e Robby Krieger, rispettivamente tastierista e chitarrista, si accontentarono di nuove attrezzature per la registrazione. Priorità.
Dopo qualche tempo, però, dell’auto se ne persero le tracce e nessuno è mai realmente riuscito a capire cosa le sia davvero successo. C’è chi è sicuro che con quella vettura Jim Morrison si schiantò lungo il Sunset Boulevard contro un palo del telefono, abbandonandola così al suo destino per passare la serata in un locale, ma c’è anche chi dice che venne portata via mentre era parcheggiata in aeroporto.
Con quell’auto, Jim Morrison, assieme ad alcuni amici, decise nell’estate del 1969 di girare un film in un’area desertica vicino a Palm Springs. La trama di "Hwy: An American Pastoral" narrava di un autostoppista pazzo che rapinava i passanti della propria auto che, nemmeno a dirlo, era propria una Shelby. Di quelle riprese rimane un cortometraggio di quasi un’ora in cui si vede spesso Jim Morrison, con barba e capelli lunghi, correre a bordo della propria macchina. Oltre a quello, nulla.
Insomma, un mistero, un po’ come quello che avvolge la scomparsa avvenuta 50 anni fa. Un turbinio di speculazioni, alimentate dalla fidanzata dell’epoca, Pamela Courson, sin dal giorno della morte. Fu proprio lei a portare Morrison nel "lato oscuro" di Parigi, dove era arrivato con l’intenzione di disintossicarsi da alcool e droga. Ma si sa, soprattutto all’epoca, l’eroina mieteva vittime senza sosta e diverse ricostruzioni parlano di una sua overdose nella vasca da bagno del proprio appartamento, al 17 di Avenue de Beautreillis, a Parigi.
La sua tomba al Pére-Lachaise di Parigi è ancora oggi meta di migliaia di fan che vanno a rendergli omaggio anche se… cospirazionisti aprite bene le orecchie: sebbene una manciata di amici avessero partecipato al suo funerale, nessuno fu presente durante l’inumazione. C’è chi dice che Jim Morrison abbia voluto inscenare la propria morte per sottrarsi a una notorietà che lo stava soffocando, ma c’è anche chi sostiene che, assieme a Janis Joplin, Jimy Hendrix e il fondatore dei Rolling Stones Brian Jones, sia stato ucciso dalla CIA per la propria posizione contraria alla Guerra del Vietnam.