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Quanto ci metterà Damiano
dei Maneskin a liberarsi dei Maneskin?

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

28 giugno 2021

Quanto ci metterà Damiano dei Maneskin a liberarsi dei Maneskin?
Non ce l’hanno fatta i Beatles – i Beatles! -, le Spice Girls, i Babyshmbles, i Bluvertigo (che succede a Morgan?), i Lunapop, i The Giornalisti e la lista potrebbe proseguire, per approssimazione, verso l’infinito e oltre. Riusciranno i Måneskin a tenere botta o cadranno sotto al peso del calcolo delle probabilità? Le più affilate malelingue dello stivale possono già sentire Vic, Thomas e Ethan intonare: “Quindi Damiano torna a casa, che ho paura di sparire” in un prossimo (inevitabile?) futuro

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

A fine febbraio 2021 quattro ragazzetti romani usciti (sconfitti) da un talent show nemmeno troppo recente, postano un selfie dal furgone che li sta portando a Sanremo. “Andiamo a fare la storia”, scrivono nella caption, suscitando nei commenti una sequela di pernacchie social in reazione alla manifesta spocchia. Poi invece, inconfutabile plot twist, la storia l’hanno fatta davvero. Anzi, la stanno facendo tuttora. Con in saccoccia un Festival della Canzone Italiana, un Eurovision (il nostro Bel Paese non vinceva dai gloriosi tempi di Toto Cutugno, anno domini 1990), adesso questi quattro ragazzetti romani si ritrovano a essere la prima band italiana ad avere due singoli in top ten UK (“I wanna be your slave” e “Beggin’”), sono primissimi nella classifica Rock Hard Songs di Billboard USA e attualmente vantano oltre 22 milioni di ascolti su Spotify. Più dei Pearl Jam, dei Muse, degli U2, dei Metallica. Poteva mancare una comunicazione impeccabile? Certo che no. Ed ecco che proprio in questi giorni di Pride sul palco del Polsat SuperHit Festiwal polacco, Damiano stampa un limone a Thomas ricordando al mondo che “L’amore non è mai sbagliato”. Al mondo e soprattutto alla Polonia dove esistono, oltre a una serie di restrizioni che stanno preoccupando l’Ue, le famigerate “No LGBT zones”, ovvero aree, ristoranti ed esercizi pubblici in cui chi è omosessuale, semplicemente, non può entrare. Quindi ci sono le canzoni, ci sono i messaggi giusti, c’è una presenza scenica da artisti navigati per quanto questi Fantastici Quattro fossero ancora lattanti quando l’Italia intera si domandava che professione praticasse nella vita la mamma dell’arbitro “mondiale” Byron Moreno. Insomma, c’è tutto. E prima di tutto c’è una band. La domanda che sorge spontanea è: sì, ma per quanto tempo ancora?

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A pensar male si fa peccato ma raramente si sbaglia, o almeno così insegna la saggezza popolare. Posto che le eccezioni nascono per confermare le regole e che le mezze stagioni, signora mia, non esistono più, eccoci ad analizzare un fenomeno oramai mondiale, il successo dei Måneskin, da un punto di vista, finora, totalmente inedito: quello del calcolo delle probabilità. La questione è presto detta: Damiano David, carismatico frontman della band e ad ogni buon conto forse la creatura più sexy attualmente a piede libero all’ombra della nostra termosfera, scrive di suo sensualissimo pugno i testi delle canzoni dei Måneskin (entrambi i dischi finora pubblicati), tallona su Ig il numero dei follower del profilo dell’intera band (al momento sta sotto di 200mila, briciole) e coi suoi 4,2 milioni ha il doppio (quando non il quadruplo) di seguaci rispetto agli altri membri del gruppo (Victoria 2,4 mln, Ethan 1,4 mln, Thomas 1,2 mln). Praticamente, Damiano, in comparazione, vive da re dei social e ha lo scettro del songwriting, vanta una vocalità graffiata di precisione chirurgicamente riconoscibile e la presenza scenica di un dio greco che ha scoperto il rock’n’roll. Se togli Damiano ai Måneskin, rimangono tre (ottimi) strumentisti muti. Se togli i Måneskin a Damiano, permangono tutti gli elementi che hanno portato la band al successo mondiale. Dunque, quanto ci metterà il nostro a intraprendere una brillante carriera solista?

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Questa domanda ha già una risposta: subito dopo il Festival di Sanremo, il cantante (termine che ormai ci suona quasi riduttivo) ha difeso la coesione del gruppo specificando che si tratta ora e sempre si tratterà di quattro amici dai banchi di scuola che non si concepirebbero mai come unità a sé stanti, sia nella vita che livello artistico. Bellissime parole, anzichenò. Peccato che, storicamente, le band – quelle di successo - abbiano questa ciclica tendenza a durare giusto il tempo di un paio di dischi prima di implodere facendo volare stracci e pailettes. Quando va bene. Restando nei confini di casa nostra, è successo ai Lunapop e possiamo tuttora godere dello sfolgorante percorso artistico in solitaria di Cesare Cremonini (va bene, suona anche oggi con Ballo). Abbiamo visto, in tempi decisamente più recenti, uno spettacolare concerto al Circo Massimo dei The Giornalisti che, stringi stringi, il giorno dopo hanno ufficializzato il loro scioglimento (a cui, per ora, non ha fatto seguito un altrettanto entusiasmante carriera solista del frontman Tommaso Paradiso che però ora si sta evolvendo in regista di rom com). Senza nemmeno menzionare Bluvertigo e Subsonica (sì, loro esistono ancora ma ognuno è preso dal proprio progetto solista perennemente in fase di decollo), gli unici “big” a tener botta sono i Negramaro, forse perché la loro formazione è più simile, numericamente, a quella di una squadra di calcio e non hanno ancora fatto in tempo a conoscerci tutti per bene, riserve comprese. Questo senza nulla togliere al mezzo secolo di carriera – non priva di scazzi - dei Pooh ma pensare ai Måneskin come ai nuovi Pooh è qualcosa che ci farebbe davvero gridare a squarciagola “Non restare chiuso qui, pensiero”. E poi, in ogni caso, nel bene e nel male i Pooh cantavano. Tutti.

Insomma, non ce l’hanno fatta i Beatles – i Beatles! -, le Spice Girls, i Babyshmbles e la lista potrebbe proseguire, per approssimazione, verso l’infinito e oltre. Riusciranno i Måneskin a tenere botta o cadranno sotto al peso del calcolo delle probabilità? Le più affilate malelingue dello stivale possono già sentire Vic, Thomas e Ethan intonare “Quindi Damiano torna a casa, che ho paura di sparire” in un prossimo (inevitabile?) futuro.

Partiamo col countdown o ce ne restiamo "Zitti e Buoni"?

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