La prima volta lo incontrai per caso un pomeriggio in una libreria di Hollywood, ancora quando le librerie erano luoghi dove andare solo per prendere i libri e leggere gratuitamente i giornali, niente yuppie scum frappuccino makkiato. Correva l’anno di grazia 1999 e lo stupore dipinto sul mio volto era il risultato della lettura di un articolo del New Yorker, in cui, un cuoco - solo dopo sarebbero diventati chefs, star riverite come vip hollywoodiani - non faceva altro che rivelare alcune verità scomode all’interno di un ristorante. Cosa realmente successe fra le linee dei camici bianchi, domande e pensieri che tutti noi, una volta seduti a tavoli apparecchiati di un ristorante, ci siamo chiesti. Il cuoco in questione era Anthony Bourdain, e quello che aveva da dire - Don’t Eat Before Reading This - scosse il mondo della ristorazione americana e mondiale. ll mio secondo incontro con Bourdain avvenne invece a Bologna qualche anno dopo, seduto sul divano di Francesco, il mio migliore amico di sempre, pirata di mille battaglie su sponde diverse. Stesso animo, irriducibilità, voglia di sfidare quella monotonia lavorativa sicura che adesso, con il senno di poi, avrei magari fatto bene ad accettare. Spero abbiate notato il magari e l’uso del condizionale, perché nonostante tutto, vige sempre la regola, il mio motto per la vita: never give up, never surrender. Mah
Torniamo a Francesco, anzi a suo figlio maggiore Lorenzo, detto Lollo, che all’alba dei suoi 16-17 anni viveva la provincialità bolognese con tutti i vizi e pregi annessi e connessi: moto, vacanze, donne, fumo e soprattutto indecisione giovanile su che cazzo fare dopo, come diventare grandi. Beh, in quel momento, dopo avergli parlato e illustrato rischi e doveri di una vita da esploratore, ecco che la Roberta, mia moglie… tira fuori il classico coniglio dal cappello…sotto forma di un fucking libro che secondo lei sarebbe stato maestro di vita per il giovane Lollo. Il libro era Kitchen Confidential e trasudava di vita, di esperienze vissute e subite, di errori, di droga, di sesso, di situazioni facili e difficili, di ponti da scavalcare e di incroci da evitare, il tutto contornato da carni verdure e pesci, erbe aromatiche, tradizioni culinarie millenarie, e cucine interstellari in posti sperduti, dallo street food alle stelle Michelin. Life as we know it. Inutile dire che Lollo fece la scelta giusta, e adesso, 15 anni dopo, Lollo è uno chef, con esperienze da Noma, Messico, Perù, Alpi, Appennini, Spagna e Bologna… e anche se non ha ancora capito un cazzo dalla vita, sa come prendervi per la gola, sa che quando cadrà, lo farà stando in piedi.
Prima ancora che sapessi chi fosse chef Bourdain, o la differenza fra amuse-bouche e family style dinner, mi sono innamorato delle sue parole, di quel personaggio tanto scanzonato quanto saggio che andava in giro alla “Hunter S.Thompson gonzo style” a scoprire e raccontarci la vita, a dirci anche quanto sia difficile e contorta. E a questo proposito, in suo onore, nel #BourdainDay, voglio presentarvelo come lo conosco io.
“Dentro di me vive un tipo che vuole stare a letto tutto il giorno a fumare erba, guardare cartoni animati e vecchi film. Tutta la mia vita è una serie di stratagemmi per evitarlo, cercando di essere più furbo di lui”.
Parole di Tony, uno di noi, mai scontato come tanti chef super stellati, egomaniaci sempre alla ricerca di attenzione. Tony, prima di raccontarti la sua vita voleva conoscere la tua, era lo zio cool che abbiamo sempre voluto, il compagno di viaggio ideale assetato di avventura, affamato di curiosità, l’amico che dice sempre quello che pensa, onesto e sincero. Tony ‘The luckiest son of the bitch in the world’, come si descriveva lui, che non esitava a raccontare i suoi pensieri più intimi e, anche se queste conversazioni erano dirette a milioni di telespettatori, sembrava che i suoi segreti fossero rivolti solo a te.
Tony nato come lavapiatti nel ventre delle cucine umide dei sottoscala Newyorkesi, quando essere chef era ancora solo un mestiere, non uno spettacolo da soubrette, Tony che aveva imparato a cucinare sperimentando con la mamma le ricette di Julia Child per impressionare i cugini francesi, Tony il cui motto era Carpe Diem, vivi nel momento, cogli l’attimo fuggente, anche se spesso arrivava all’eccesso con Lsd, cocaina, eroina e funghi allucinogeni, che smise poco prima della nascita dell’unica donna importante della sua vita, sua figlia Ariane.
Tony che ha girato il mondo, che ha assaggiato di tutto almeno una volta, dal look iconico un po’ rockettaro, barba con effetto trasandato, camicia sgualcita, jeans e Clarks Desert Boot anche quando si è seduto a tavola ad Hanoi con Barack Obama pagando 6 dollari di conto. Tony che ovunque andasse non era mai un turista, che ci ha mostrato il cibo delle nonne del mondo, che ci ha insegnato come il cibo sia un rito che unisce, di cui non dobbiamo avere paura quando è diverso da quello a cui siamo abituati perché “se hai paura di mangiare male un piatto, non potrai mai scoprire quello magico”.
Nonostante la fama e i riconoscimenti internazionali dei suoi tv show, le bibbie No Reservations e Parts Unknown, il successo dei suoi libri (14, compresi graphic novels romanzi gialli), e una carriera da editore e produttore (da vedere Mind of a Chef, sui luoghi che hanno ispirato icone culinarie mondiali), Tony anche se aveva molti amici famosi (tra cui Iggy Pop!!!), era interessato alle storie di gente vera, a connettere a livello umano attraverso lo stomaco, perché sapeva che quando condividi il cibo con uno sconosciuto, puoi capire meglio il suo passato, le sue eredità culturali, perché mangiare è un’esperienza universale, comprensibile anche quando si parla lingue diverse, perché mangiare insieme per me è un rituale arcaico unico, sacro, da rispettare, forse l’unico rimasto nella nostra società.
Tony che davanti ad un piatto si sentiva a casa anche nei luoghi più remoti della terra, era sempre rispettoso delle tradizioni di chi lo ospitava, di chi cucinava per lui. ‘Per i viaggiatori consiglio di seguire la "regola della nonna". Regole sacre, per me, per te, per tutti noi. Se la nonna per Thanksgiving ha cucinato il tacchino, anche se è secco, troppo cotto e il ripieno è salato e gommoso pieno di rigaglie disgustose, mangialo lo stesso perché sei a casa della nonna, e se te lo chiede, mangia anche una seconda porzione. Viaggiare significa portare a casa una memoria ma anche lasciare un ricordo di indelebile dietro di te”.
Tony era un'ispirazione, un uomo che ha visto, ascoltato e capito il vero significato di amore, perchè il cibo è spesso un modo per ricevere e dare amore, magari l’amore che abbiamo perso, che non abbiamo mai avuto, che vogliamo riconquistare o da cui vogliamo fuggire, amore che non possiamo dare a noi stessi in altro modo.
Tony diceva: ‘Il cibo non è la risposta alla pace nel mondo, ma è un inizio’. Per Tony saper cucinare era una virtù essenziale da imparare nella vita. ‘La capacità di nutrire se stessi e altri con competenza, dovrebbe essere insegnata a tutti I ragazzi e ragazze come abilità fondamentale. È vitale per crescere, quanto imparare a pulirsi il culo, attraversare la strada da soli o imparare a gestire i propri soldi. Chiunque dovrebbe saper fare un'omelette come si deve. Saper cucinare un'omelette dovrebbe essere insegnato molto prima di imparare a scopare’
Con la morte di Tony l’8 Giugno 2018, abbiamo perso una finestra sul mondo, un uomo che ingerendo milioni di calorie e anche alcune cose schifose, ha ispirato intere generazioni a viaggiare, mangiare ed essere sempre più affamati.
Cin-cin Tony, prosit, à la santé, skall, salud, saude, kong gang ul wi ha yo, L’Chaim, Okole malune e Kampai my man
“I'm Anthony Bourdain. I write, I travel, I eat, and I'm hungry for more. Il vostro corpo non è un tempio, è un parco divertimenti. Godetevi la corsa”.
PS. Il #BourdainDay è stato creato da due dei suoi migliori amici, gli chefs #ÉricRipert e #JoséAndrés