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L’auto elettrica ci salverà,
ma chi ci salverà dall’auto elettrica?

  • di Marco Ciotola Marco Ciotola

1 febbraio 2021

L’auto elettrica ci salverà, ma chi ci salverà dall’auto elettrica?
L’aumento della domanda di vetture elettriche sta rendendo sempre più evidente i problemi di una filiera sostenuta da scelte politiche non consapevoli e non in grado di valutare le conseguenze di un così drastico cambiamento nei nostri consumi. Un esempio? Perché un’auto elettrica produca un effettivo vantaggio ambientale, deve percorrere almeno 76mila chilometri su suolo europeo, 115mila negli USA e 289mila in Cina. Come dice Akio Toyoda, presidente di Toyota: “In questo momento, più veicoli elettrici produciamo e più crescono le emissioni di anidride carbonica”. Ma davvero in pochi sembrano averlo capito sul serio

di Marco Ciotola Marco Ciotola

“I veicoli elettrici sono sopravvalutati”. Sono queste le parole pronunciate con i toni e i tempi di una sentenza da Akio Toyoda, patron del colosso automobilistico Toyota e presidente della Japan Automobile Manufacturers Association. Durante una recente conferenza stampa, Toyoda ha, infatti, espresso quella che sta divenendo la più diffusa obiezione all’entusiastico e “frettoloso” passaggio alle auto elettriche. Passaggio che – sostiene – rischia di “portare al collasso l'attuale modello di business dell'industria automobilistica”.

Partendo dalla manifestazione di ostilità “all’eccessivo clamore” che circonda il comparto elettrico, Toyoda ha fatto luce su quella che ritiene una troppo generica “mancanza di valutazioni sulle conseguenze”, potenzialmente ben più pesanti per l’ambiente rispetto all’ibrido. Questo per via delle emissioni di anidride carbonica che arrivano dalla generazione di elettricità. Tanto che l’evidenza sul fronte dei dati sarebbe inequivocabile: per un effettivo vantaggio ambientale, devono esserci ben 76mila chilometri percorsi con un modello completamente elettrico su suolo europeo; chilometri che salgono a 115mila negli USA, molto meno “green” sul fronte elettricità ma mai quanto la Cina, dove i chilometri balzano addirittura a 289mila. Toyoda ha inoltre realizzato una verosimile stima che considera l’ipotesi di un passaggio interamente a batteria in Giappone, evidenziando costi insostenibili ad oggi, racchiusi tra i 165 e i 438 miliardi di euro.

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Akio Toyoda se la bulla vicino a un'ottima e super endotermica Supra

Ma Toyoda non rappresenta affatto l’unico vertice di settore dal quale arrivano perplessità e preoccupazione circa l’elettrico. È il caso di Franz Fehrenbach, capo del consiglio di sorveglianza di Bosch, che ha etichettato la tendenza dell’Unione Europea a dare enormi attenzioni e “precedenze” al passaggio all’elettrico “non giustificata”, identificando quello attuale come uno scenario globale per nulla pronto, con conseguenze che potrebbero essere estremamente penalizzanti e di certo “non neutrali per il clima”. 

Mentre Mate Rimac, fondatore dell’omonima casa automobilistica croata che produce vetture elettriche ad elevate prestazioni, si è detto completamente contrario al pensiero di un passaggio visto come destinato a salvare l’ambiente, lanciando persino alternative completamente off-topic, per rendere il grado della sua avversità: “Se si vuole fare qualcosa di immediato per l’ambiente, bisogna smettere di mangiare carne. Le auto elettriche – e lo dice uno che le produce – non spostano nemmeno di un millimetro l’ago della bilancia”. Dalla Svezia invece arriva da un altro colosso strettamente legato al comparto elettrico l’ammissione di un contesto impreparato: Polestar – marchio sportivo che fa capo a Volvo – ha apertamente dichiarato l’obiettivo di essere trasparente con i consumatori, e lo ha fatto tramite una nota pubblica: “Le case automobilistiche in passato non sono state chiare con i consumatori circa l’impatto ambientale dei loro prodotti, che ad oggi non è abbastanza buono”.

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Anche Mate Rimac, fondatore dell'omonima marca di supercar elettriche, non lascia scampo a dubbi (nonostante i suoi interessi): se parliamo di inquinamento "le auto elettriche non spostano nemmeno di un millimetro l’ago della bilancia"

Per riassumere la questione nella maniera più didascalica e spicciola possibile, si potrebbe affermare con un certo grado di certezza che, ad oggi, l’elettricità prodotta fuori dall’Europa non è affatto pulita. La questione però non è divisibile per aree geografiche, visto che la percentuale più alta di batterie su scala globale arriva dall’Asia, e rifornisce colossi dell’automotive in tutto il mondo, specie in Europa. In Asia però, come sottolineavamo sopra, l’energia è enormemente meno sostenibile e ben più ricca di CO2, con impatti sull’ambiente molto dannosi.

La morale? Secondo molti – tra cui appunto il patron di Toyota – si tratta di un bilancio al momento insostenibile. Tradotto: il gioco non vale la candela; troppi i costi, troppi gli oneri, troppi i Paesi del tutto sprovvisti di strutture e know-how. Al punto che un effettivo rapido passaggio porterebbe più danni che benefici, come ben riassunto dalle parole di Akio Toyoda:

“Quando i politici dicono 'liberiamoci di tutte le auto che usano la benzina', capiscono cosa stanno davvero dicendo e cosa questo potrebbe significare adesso? In questo momento, più veicoli elettrici produciamo e più crescono le emissioni di anidride carbonica, con il rischio concreto che l’attuale modello di business dell'industria automobilistica collassi del tutto…”.

La soluzione? Non arriverà oggi ma di certo neanche a distanza di anni. Occorre avviare un massiccio lavoro globale che punti a una produzione di elettricità green e un adeguamento delle infrastrutture dedicate, che specie in scenari come quello statunitense e asiatico vuol dire proposte politiche, investimenti quantificabili in trilioni e coinvolgimento di migliaia di compagnie ed enti governativi.

Ma anche una volta fatto tutto ciò, per molti resta ancora difficile immaginare un futuro fatto di sole auto ad emissioni zero.

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