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Tesla in utile dopo 17 anni,
potrebbe diventare la nuova Apple

  • di Marco Ciotola Marco Ciotola

28 gennaio 2021

Tesla in utile dopo 17 anni, potrebbe diventare la nuova Apple
I conti relativi al quarto trimestre confermano una crescita robusta e un record di consegne: dopo anni di perdite e un cammino sostenuto in prevalenza dalla fiducia del mercato, ora Tesla fa numeri (e soldi) veri, e si avvia a diventare una delle maggiori compagnie al mondo

di Marco Ciotola Marco Ciotola

Nella tarda serata di ieri, Tesla ha comunicato i conti relativi al quarto trimestre del 2020, registrando ricavi sopra le attese a 10,7 miliardi di dollari, un utile per azione pari a 80 centesimi, e spinta da un balzo in avanti delle consegne (in passato vera croce di Musk) del 36%, a quota 500mila vetture nel 2020. Anche i numeri relativi alla produzione stabiliscono un nuovo record per la società, prezioso soprattutto se contestualizzato in un anno in cui vendite e fabbriche sono state messe a dura prova dalla pandemia. Ma – sopra ogni altro elemento – la compagnia ha chiuso in utile il suo primo bilancio annuale in 17 anni, ovvero dalla sua nascita.

Si tratta di un passaggio neanche troppo simbolico, che vede l’azienda di Elon Musk transitare dal girone delle belle speranze verso quello delle solide realtà, ma ben più in alto della Immobiledream di Roberto Carlino. Tesla è al momento la quinta compagnia USA di maggior valore, avendo superato di recente anche Facebook con una capitalizzazione di mercato che supera gli 820 miliardi di dollari. Ora è dietro solo ad Apple, Microsoft, Amazon e Alphabet (casa madre di Google).

Un’ascesa guidata dal +743% del titolo in Borsa nel corso del 2020, e probabilmente consolidata da un cambio di status per la realtà di Elon Musk: ancora a gennaio del 2020, quando la compagnia superava abbondantemente una capitalizzazione di 500 miliardi di dollari, molti analisti parlavano di crescite di natura “simbolica” piuttosto che numerica, sulla scia di un marchio forte ancora solo in prospettiva. Ora però – dopo l’ingresso nello S&P 500, consegne forti e destinate a crescere con i nuovi stabilimenti in costruzione ad Austin e Brandeburgo, record produttivi registrati durante una pandemia e la voce utile in verde – la società sembra aver decisamente costruito le basi concrete e sempre meno fiduciarie per fare sempre meglio.

Non è affatto crollato quello identificato pochi mesi fa come “il più grande castello di carte della storia” dal noto investitore David Trainer, si sta anzi dotando di robusti mattoni e trasformando quel credito un tempo fatto di gettoni di fiducia in soldi veri, che hanno di fatto reso Elon Musk l’uomo più ricco del mondo, superando anche il re di Amazon Jeff Bezos e raggiungendo un patrimonio personale (strettamente legato alle azioni Tesla) ora pari a 187 miliardi di dollari.

Certo, la fiducia è importante, e lo stesso Musk – scivoloni pubblici a parte – ha giocato tantissimo e molto bene sulle promesse al mercato; ma più che dar vita alla cosiddetta bolla, si è mostrato in grado di spingere in alto il sentiment, per poi monetizzarlo, fino a rendere Tesla un’azienda che può ora dirsi “tradizionale” e pronta, perché no, a dare l’attacco a Apple, in testa alla classifica della società con la maggiore capitalizzazione.

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