Terrorismo. Questa l'accusa con cui Loujain Al-Hathloul, attivista saudita per i diritti delle donne in Arabia, è stata condannata a cinque anni e otto mesi di carcere.
La notizia, trapelata dai media locali e poi confermata dalla sorella Lina, arriva dopo i due anni e sette mesi dall'arresto della 31enne, che nel 2018 era stata accusata di terrorismo a causa di una campagna per la sensibilizzazione sulle condizioni delle donne in Arabia Saudita. L'accusa era quella di tentata sovversione dello Stato, danneggiamento della sicurezza nazionale e uso di Internet e dei social media per scopo terroristico.
Un processo accampato basato su una legge - quella del terrorismo - che in Arabia Saudita può essere usata come punto di attacco per chiunque provi a sensibilizzare gli stati occidentali sulle condizioni sociali del paese. Come riporta il Time, la sorella Lina ha duramente accusato il principe ereditario saudita che, negli ultimi tempi, sta promuovendo iniziative per trasformare il paese e renderlo meno radicale, una politica che però entra in contrasto con la condanna di Loujain Al-Hathloul, riportando a galla "l'ipocrisia suprema dell'Arabia Saudita".
E' stato anche grazie al grande lavoro di Loujain Al-Hathloul e del suo gruppo di attiviste se - oggi - le donne in Arabia hanno il diritto di guidare. La 31enne infatti era stata arrestata, oltre due anni fa, perché alla guida di una macchina in un periodo in cui alle donne non era permesso guidare. Poco dopo il suo arresto il sistema saudita è cambiato, permettendo anche alle ragazze di prendere la licenza di guida. A non cambiare invece è la "tutela legale" che un uomo possiede nei confronti di una donna in Arabia, condizione per cui le attiviste si sono sempre mosse, usando la guida solo come punta dell'iceberg di ingiustizie di genere nel paese.
Al momento infatti le donna hanno il permesso di mettersi alla guida ma solo se il tutore legale lo consente. Questa figura, che ogni ragazza saudita possiede, può cambiare negli anni: inizialmente è il padre, che può decidere gli studi della figlia, i viaggi, fino ad arrivare al matrimonio, poi diventa il marito e, in caso di morte, si sposta al figlio o al fratello. Insomma, in ogni fase della vita di una donna, in Arabia Saudita c'è - ancora oggi - un uomo che prende le decisioni per lei. Per questo Loujain Al-Hathloul si è battuta, e continua a battersi, anche durante la sua incarcerazione: dal carcere infatti ha denunciato le torture subite, tra cui abusi sessuali, elettroshock e waterboarding.
Un risvolto positivo in questa sentenza? Sempre Lina, sul suo profilo Twitter, ha fatto sapere che nella sentenza il giudice ha previsto anche una sospensione della pena di 2 anni e 10 mesi e, considerando il periodo che Loujain ha già passato in carcere, potrebbe lasciare la prigione intorno a marzo 2021. Seguirà poi un periodo di arresti domiciliari e cinque anni di divieto di uscire dal paese. Impensabile, se si pensa all'accusa di terrorismo per aver guidato una macchina, ma una vera liberazione per una donna che in quasi tre anni di carcere ha subito continue e terribili torture.