L’articolo pubblicato da Milena Gabanelli e Rita Querzé nella rubrica Dataroom del Corriere della Sera, dedicato alla presunta superiorità dell’auto elettrica in termini di emissioni di CO2, ha attirato critiche severe da parte de La Verità. Il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ha attaccato frontalmente l’impostazione del pezzo e più in generale l’approccio del Corriere della Sera al tema della transizione ecologica, accusandolo di non fornire un’informazione completa e trasparente.
Secondo La Verità, si tratta di “un articolo interessante dal punto di vista sociologico [...] il cui senso è: sappiamo che l’auto elettrica non vi piace, ma dovrete prendervela lo stesso”. Il pezzo, infatti, dichiara vincitrice senza discussione la tecnologia dell’auto a batteria, utilizzando come unico parametro comparativo le emissioni di CO2. Un criterio che La Verità giudica riduttivo, notando anche come il pezzo “mescola le emissioni di PM10 con quelle di CO2 e considera la CO2 inquinamento, cosa che non è”.
Il cuore dell’articolo del Corriere si basa su uno studio di Life Cycle Assessment (LCA) realizzato da Ricardo Group, una società inglese quotata in borsa che fornisce consulenza – retribuita – alla Commissione europea, a governi e a imprese, proprio sulla transizione energetica. “Ricardo Group, a marzo, ha vinto una consulenza per guidare il Citizen Energy Advisory Hub della Commissione Europea [...] e ha già fornito alla Commissione un Lca nel 2020”, ricorda La Verità, sollevando dubbi sull’indipendenza e l’obiettività della fonte.
Secondo i dati riportati, nello studio del 2020 un’auto elettrica emette, nel suo intero ciclo di vita, 120 grammi di CO2 equivalente al chilometro, contro i 269 grammi di un’auto a benzina. Tuttavia, La Verità sottolinea che “l’articolo cita numeri leggermente diversi da quelli Ricardo, non si sa perché”. Inoltre, critica l’impostazione binaria dell’analisi: “Se si decide di dividere il mondo in due secondo il criterio delle emissioni, il motore elettrico è buono, gli altri sono cattivi”.

Viene citato anche un rapporto del Ministero dell’Ambiente del 2022, curato da Bruno Notarnicola, che raccoglie una rassegna di dieci studi LCA, tra cui quello della stessa Ricardo Group. “La cosa da notare è che i metodi Lca sono moltissimi e che la difficoltà di essi sta nel valutare e pesare tutte le centinaia di variabili, per tradurle poi in un numero sintetico”, scrive La Verità, aggiungendo che questa complessità è tale che “la Commissione europea non l’ha ancora fatta”.
In effetti, la Commissione ha già adottato il Regolamento UE 2023/851, che bandisce di fatto i motori a combustione interna dal 2035, ma non ha ancora stabilito quale metodologia LCA utilizzare ufficialmente per valutare le emissioni. Una contraddizione evidente: “La realtà è che su questo parametro si giocano molti miliardi di euro ed è per questo che ancora non si è trovata la formula magica”.
Il regolamento rimanda infatti all’articolo 7bis, che incarica la Commissione di elaborare una metodologia entro il 31 dicembre 2025. Ma, nel frattempo, è già stato individuato il soggetto incaricato di proporla: proprio Ricardo Group.
Altro punto criticato da La Verità è la parte in cui il Corriere afferma che il motore elettrico ha un’efficienza del 77%. L’articolo non chiarirebbe però se si riferisce al solo motore (Tank-to-Wheels) o al ciclo completo, comprendente la generazione e il trasporto dell’energia (Well-to-Wheels). “In questo mero calcolo non si tiene conto del fatto che il motore a scoppio trasforma un combustibile liquido in energia e ciò comporta maggiori perdite di energia sotto forma di calore. Il motore elettrico invece assorbe dalla batteria l’energia prodotta altrove, con altre perdite di generazione e di trasporto”. Si tratta, quindi, di due sistemi strutturalmente diversi che non possono essere confrontati con lo stesso metro.
Ma il vero nodo, sostiene La Verità, resta quello dei costi, troppo spesso ignorati o minimizzati. L’articolo del Corriere afferma che “la transizione sarà difficile, ma inevitabile, e avrà un prezzo”. La replica è chiara: “Che la transizione sia inevitabile è tutto da dimostrare, soprattutto a queste condizioni: è la politica a dover decidere. Che la transizione abbia un prezzo invece è verissimo, tanto che questo giornale da anni lo dice a gran voce”.
Uno dei luoghi comuni più duri a morire, prosegue il quotidiano, è che le rinnovabili siano “a costo zero”. In realtà, secondo il Renewable Energy Report 2025 del Politecnico di Milano, un impianto fotovoltaico di grande taglia (30 MW) in Italia ha bisogno di 55-65 euro per MWh per rientrare nei costi. Per impianti più piccoli, e al Nord, il costo sale oltre i 90 euro per MWh. “Non esattamente a costo zero, dunque”.
E non si tratta solo del costo dell’energia o dell’obbligo di acquistare una nuova auto. “In gioco vi è molto di più”, sottolinea La Verità. Il prezzo reale della transizione è “in primis un prezzo sociale e poi economico, fatto di de-industrializzazione, disoccupazione, esclusione, debito, inflazione”.
L’articolo del Corriere chiude dicendo che “bisognerà allora prendere decisioni che tengano insieme le questioni ambientali con quelle economiche e sociali. Ma raccontando ai cittadini le cose come stanno”. Secondo La Verità, questa frase è sintomatica di un approccio sbagliato: “L’uso del tempo futuro nella frase è sbagliato: le decisioni sono già state prese ed è già stato deciso che le questioni sociali sono irrilevanti, come lo stesso articolo dimostra”.
La conclusione è amara: “Il cambio forzato di tecnologia sta spazzando via l’industria automobilistica europea a tutto vantaggio di quella cinese, mentre l’auto elettrica europea resta troppo costosa. Dunque, campo aperto alle auto cinesi e fine dell’industria automobilistica europea”. E infine, un dubbio scomodo: “La sensazione è che se si raccontasse ai cittadini le cose come stanno non ci sarebbe nessuna transizione”.
