Sembrano tanti 10,2 milioni di dollari. Questo è quello che percepirà nel primo anno Antonio Filosa, il nuovo ceo di Stellantis. Tuttavia, questa cifra risulta modesta se confrontata con quella del suo predecessore e di altri vertici del settore automotive. Carlos Tavares, l'imprenditore portoghese sostituito da Filosa, aveva guadagnato cifre ben superiori: circa 40 milioni di dollari nel 2023 e 23,9 milioni nel 2024. Nonostante fosse stato ingaggiato per un quinquennio come Filosa, Tavares si è ritirato dopo 3,5 anni e, stando ad Auto News, otterrà circa 40 milioni di dollari post-dimissioni, compresi i compensi posticipati. Anche altri dirigenti statunitensi del comparto superano di gran lunga la retribuzione di Filosa. Mary Barra di General Motors ha ottenuto lo scorso anno una remunerazione complessiva di 29,5 milioni di dollari, mentre Jim Farley di Ford ha ricevuto 24,9 milioni. Secondo la documentazione recente di Stellantis, la retribuzione fissa di Filosa per l'anno venturo ammonta a 1,8 milioni di dollari. A questo si aggiungono possibili incentivi a breve termine fino al 400% dello stipendio base nel primo anno, che potrebbero crescere al 500% per il biennio 2025-2026 e toccare persino il 780% successivamente. Il pacchetto retributivo include inoltre un versamento cash di 1,2 milioni di dollari fino al 2028, quando diventerà idoneo agli incentivi a lungo termine, più benefici di perequazione fiscale per bilanciare le imposte estere, tra cui 975.000 dollari annui fino a fine 2026 secondo l'accordo vigente. La remunerazione di Filosa appare più allineata con quella dei manager automobilistici extra statunitensi. Oliver Blume di VW ha percepito circa 10,35 milioni di euro (più o meno 11,8 milioni di dollari) nell'ultimo anno, Luca de Meo di Renault ha ricevuto approssimativamente 5,5 milioni di euro (circa 6,2 milioni di dollari). Analogamente, Akio Toyoda di Toyota ha ottenuto circa 10 milioni di dollari, ed Euison Chung di Hyundai ha percepito 11,5 miliardi di won, equivalenti a circa 8,8 milioni di dollari. Intanto, la produttività nell’intero settore rimane bassa.

Una ricerca dell'Institut Mobilités en Transition rivela che soltanto il 25% dell'incremento del 24% dei prezzi automobilistici (2020-2024) deriva da elementi esterni, identificando come principale responsabile la strategia delle case automobilistiche di orientarsi verso veicoli premium e margini di profitto superiori. Le regolamentazioni rendono i veicoli popolari poco profittevoli, indirizzando i produttori verso la gamma alta, ma questa tendenza delude i consumatori e mette a rischio la sostenibilità del settore. Di chi è la colpa: le normative europee, gli acquirenti o le case automobilistiche? I dirigenti Luca de Meo (Renault) e John Elkann (Stellantis) accusano le regolamentazioni ambientali e di sicurezza, che, secondo Renault, faranno lievitare i costi produttivi della Clio del 40% tra 2015 e 2030, con il 92,5% imputabile a norme come Euro 6/7 e Cafe, oltre a tariffe sul carbonio e restrizioni sui Pfas. Ciononostante, un quarto dei costi della Clio viene assorbito dai produttori, con i prezzi al consumatore aumentati soltanto del 5% dal 2020 al 2024. Il settore automobilistico francese sta attraversando una fase critica: durante i primi cinque mesi del 2025 sono state commercializzate solamente 820.764 vetture leggere, registrando un calo del 28,12% rispetto al periodo pre-pandemico del 2019. I veicoli nuovi sono diventati proibitivi per le fasce economicamente più deboli, con il 57% delle vendite concentrate su modelli di base (Renault Clio, Peugeot 208, Dacia Sandero) e il comparto delle city car praticamente svanito, eccetto per le versioni elettriche.
