Deve sentirsi un po’come Russel Crewe nel finale di Un’ottima annata, Carlos Tavares, nella sua vigna piantata a Porto immerso fra filari e buoni sentimenti. Nel film di Ridley Scott il protagonista, Max Skinner, era un cinico broker finanziario sfuggito a quell’acquario di squali che sono i palazzi di vetro della City di Londra mentre il portoghese, lo sappiamo, è tornato in patria dopo le dimissioni-licenziamento dalla carica di amministratore delegato decise da John Elkann. Ed è proprio dal suo personale idillio enologico che Tavares ha concesso la prima intervista dopo la fine del rapporto con il gruppo dell’automotive. Lo ha fatto a Bloomberg e, guarda caso, proprio pochi giorni dopo l’annuncio del nuovo ad, di fatto il suo successore: “Spero che riceva il giusto supporto dal consiglio di amministrazione. Quindi, vedremo”, ha detto.Penso che sia una scelta logica e credibile.

La scelta di Filosa, come abbiamo scritto più volte, rispecchia l’intenzione di Elkann di spostare definitivamente l’asse portante del mercato Stellantis verso gli Stati Uniti, da dove proviene già una parte consistente dei guadagni. Per questo il candidato ideale a succedere a Tavares è colui il quale ha tenuto in mano gli affari del gruppo nelle Americhe negli ultimi anni. Filosa è passato dall’ essere direttore dell’impianto Fiat di Betim, in Brasile, a lavorare in Argentina, ricoprendo nuovamente il ruolo di direttore in Alfa Romeo e Maserati. Sotto di lui, il brand Fiat è diventato leader in Sud America, contribuendo allo sviluppo dei marchi Peugeot, Citroën, Ram e Jeep. Ma è agli Stati Uniti che ha dedicato gran parte delle energie negli ultimi mesi, lavorando per riconnettere un tessuto produttivo che la gestione di Carlos Tavares aveva in qualche modo indebolito. Negli States Filosa ha anche ridotto l’inventario eccessivo dei rivenditori, compattando allo stesso tempo il rapporto con chi è rimasto e con concessionari e fornitori. Parrebbe insomma che Filosa rappresenti, almeno nelle primissime battute, la provvidenziale pezza al buco che Tavares avrebbe contribuito a generare: “Il sindacato statunitense United Auto Workers ha condotto una campagna pubblica per il licenziamento di Tavares. – scrive Bloomberg, che continua – Dopo la diffusione della notizia del suo ritiro, il presidente del sindacato Shawn Fain ha definito la decisione un passo importante nella giusta direzione per un'azienda che è stata gestita male e con una forza lavoro che è stata maltrattata per troppo tempo”.

Anche con i concessionari Tavares ha avuto grandi problemi nel suo periodo in Stellantis: “non volevano sostenere quello che stavamo cercando di fare, che è una mia responsabilità”, continua l’ex ad. Ma dall’addio di Tavares sembrano passati dieci anni se si guarda agli stravolgimenti che sono successi in ambito politico e economico. Quasi tutti riconducibili al minimo comune denominatore della presidenza di Donald Trump. I dazi a singhiozzo del governo statunitense stanno facendo aumentare i costi e sconvolgendo le catene di approvvigionamento in tutto il settore automobilistico. Dazi che “non dureranno”, dice Tavares, le cui sensazioni parrebbero se non altro fondate sull’atteggiamento ambiguo mantenuto sinora da Trump. Oltre agli Stati Uniti, le case automobilistiche europee si trovano ad affrontare gli oneri normativi imposti dall’Unione europea, relativi soprattutto al processo di elettrificazione del parco auto comunitario, che sta anche favorendo l’imposizione dei mezzi cinesi come quelli di Byd. La fatica che sta accomunando le case automobilistiche europee potrebbe anche condurre a nuove fusioni, discorso che torna ciclicamente nel dibattito sull’automotive: "Questo accadrà se e perché le aziende saranno in difficoltà", ha concluso.